Telemedicina, la nuova frontiera della salute

Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando i sistemi di cura, con tecniche di realtà virtuale applicate a campi quali la riabilitazione, la psicoterapia e molto altro.

Telemedicina, la nuova frontiera della salute

Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando i sistemi di cura, con tecniche di realtà virtuale applicate a campi quali la riabilitazione, la psicoterapia e molto altro. Quali prospettive per i prossimi anni? E con quali vantaggi per i medici e per i pazienti? Ne abbiamo parlato con un esperto

Il mondo si digitalizza, la tecnologia fa parte del nostro quotidiano, oggi immaginare una giornata senza smartphone o senza la comodità, ma anche l’utilità, di certe tecnologie, è impresa improba. Viviamo nell’era della tecnologia 3.0 a tal punto che talvolta ne siamo intossicati e assuefatti, tanto da poter parlare di dipendenza (da telefonino, internet per citarne alcune).

Ma le nuove tecnologie portano anche e soprattutto opportunità incredibili e questo vale anche per l’ambito della clinica medica.
Il nostro centro si caratterizza per essere innovativo nei processi e molto tecnologico, sfruttando le risorse informatiche per migliorare i processi, la comunicazione e l’informazione del paziente; pensiamo al sistema di pagamento e di prenotazione on line, al sistema fast check in che permette maggior velocità e riduzione dei tempi di accettazione prima della visita, ai sistemi di comunicazione per misurare la qualità percepita e favorire i contatti medico paziente. Ma non solo, oggi introduciamo nella nostra offerta medica tecnologia 3.0 a vario livello: l’uso di un braccialetto elettronico per monitorare la qualità di vita, gli stili alimentari, sportivi e il sonno dei nostri utenti; usiamo la telemedicina per poter favorire la cura e la psicoterapia anche di quei pazienti che per lavoro o per logistica non possono accedere ai nostri ambulatori fisicamente.

Ne parliamo con  Giuseppe Riva  , massimo esperto mondiale di realtà virtuale applicata alla clinica, Professore associato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Presidente dell’International Association of CyberPsychology, Training and Rehabilitation, Membro dell’American Psychological Association e della New York Academy of Sciences.

La realtà virtuale è una risorsa effettivamente nella clinica? Quali sono gli ambiti a maggior impatto e potenzialità?

Esiste da 20 anni, ma fino a 4-5 anni fa c’era il tema dei costi a rendere più che sperimentale e di nicchia questo ramo di applicazione clinica: oggi il tutto non costa più di 10.000 euro, abbordabile come spesa per entrare negli ambulatori di molte realtà sanitarie. Può essere applicata in molte aree: l’area riabilitativa delle funzioni cognitive- motorie che copre le fragilità dei soggetti anziani, quello delle patologie degenerative, come l’Alzheimer, del Parkinson e cerebrolesive come l’ictus. C’è poi l’area dello stress, dei disturbi d’ansia, dei disturbi della condotta alimentare e della grande obesità. Esistono poi numerose modalità di applicazione della tecnologie 3.0 in ambito medico, come il recente investimento finanziario fatto dal sistema sanitario inglese per fare consultazioni mediche on line.

A tal proposito ci sono anche potenziali vantaggi in termini economici?

C’è una riduzione dei tempi di varie terapie: per il disturbo di panico – patologia molto frequente e disabilitante – con l’aiuto della Realtà Virtuale si riescono a ridurre le sedute. Tutti gli studi sulla videoconferenza suggeriscono proprio che il vantaggio sia sotto l’aspetto dei costi. Nessuno spostamento, maggiore aderenza terapeutica sia per la logistica che per la ormai testata capacità di creare i presupposti relazionali adeguati a garantire la continuità terapeutica e della creazione di un rapporto di cura. Questo è vero soprattutto quando la video-terapia è preceduta da un’introduzione alla cura da una relazione faccia a faccia della durata di uno o più incontri.

Quali vantaggi può dare? 

In ambito riabilitativo neuromotorio il più grande vantaggio è la parametrazione. Nulla avviene a caso, le persone che devono recuperare l’uso di un arto “sabotato” da un incidente o da una patologia degenerativa, hanno la possibilità di eseguire allenamenti attentamente misurati e cablati per seguire rigorosamente la gradualità senza andare a “occhio”. C’è poi l’area di applicazione sullo stress psicofisiologico, quella dei disturbi d’ansia, e quella dei disturbi della condotta alimentare. Per esempio, sui disturbi alimentari e la grande obesità si possono usare programmi immersivi per modificare la percezione del corpo, si può abbinare un lavoro motorio accanto ad attività comportamentali,  come imparare a gestire emozioni positive e negative, si possono fare apprendimenti comportamentali, come andare nel supermercato virtuale e in cucina… La simulazione prodotta dai sistemi di realtà virtuale induce risposte emotive paragonabili a quelle del mondo reale. Si tratta di una dimensione intermedia fra immaginazione e mondo reale, dove si può sviluppare l’autoefficacia del soggetto, che è l’elemento di maggiore spicco dell’utilizzo della realtà virtuale rispetto alle tecniche immaginative, per esempio, utilizzate dalle terapie tradizionali. Tutto questo ha un potere terapeutico elevato“.

È possibile virtualizzare le emozioni? A che punto siamo con questo?

Le tecniche di induzione riproduzione delle emozioni sono molto avanzate, soprattutto nella induzione. La registrazione delle emozioni sfrutta la registrazione dei dati psico-neurofisiologici. Prima c’era un problema molto pratico, quello che vedevamo tutti anche nei film di fantascienza in cui comparivano soggetti tutti ricoperti da cavi elettrici ed elettrodi; oggi la maggior parte dei sensori sono senza fili e bluethooth.