Psichiatria

Legalizzare la cannabis: ci sono benefici psicologici?

Pro e contro della legalizzazione. Un dibattito complesso su cui è necessario fare chiarezza.

Legalizzare la cannabis: ci sono benefici psicologici?

Il dibattito sulla legalizzazione della cannabis è complesso e ha ormai una lunga storia – normativa e sociale – alle spalle.

Le esperienze internazionali sul tema offrono prospettive divergenti. Tuttavia, in pochi sono a conoscenza delle peculiarità della cannabis, differenti dalle altre sostanze d’abuso.

In questo articolo analizziamo alcune chiavi di lettura per affrontare la questione e conoscere da vicino quali sono i vantaggi e gli svantaggi della cannabis in quanto sostanza e della sua legalizzazione.

Cannabis: qualche dato

Per cominciare a comprendere il tema, occorre partire da alcuni numeri e da dati scientificamente dimostrati, riguardanti l’utilizzo della cannabis.

La cannabis rimane la sostanza illecita più comunemente utilizzata in Europa. Nel 2022 più di 4 milioni di individui hanno ammesso di aver consumato cannabis almeno una volta nel corso dell’anno, un campione che rappresenta l’8,5% della popolazione tra i 18 e gli 84 anni. Di questi, 580 mila sono adolescenti tra i 15 e i 19 anni, il 24% di tale specifica fascia d’età e la quasi la totalità dei giovani che hanno fatto uso di sostanze illegali, pari a 690 mila.

L’età media di primo consumo è 14 anni e, tra i minori di età, il 72% dichiara di aver utilizzato la sostanza in modo esclusivo.

La cannabis genera dipendenza: nel 2021, in Europa, circa 97.000 pazienti hanno avviato un trattamento per dipendenza dalla cannabis e per problemi legati al suo consumo.

Quali sono i rischi della cannabis

I rischi dell’assunzione di cannabis sono svariati e dipendono dalla dose assunta e dal suo uso nel tempo.
Chi è dipendente da cannabis è esposto ad un rischio maggiore di:

  • psicosi acute e croniche
  • deficit cognitivi cronici (scarse capacità decisionali, riduzione dell’apprendimento e della memoria, della coordinazione e controllo dei movimenti del corpo)
  • deficit emotivi, tra cui alessitimia, sindrome amotivazionale, scarsa espressività, ridotta motivazione ed energia.

La cannabis non diventa pericolosa solo quando genera dipendenza: anche l’intossicazione acuta da cannabis può produrre deficit a breve termine di percezione, attenzione, memoria e di psicomotricità.

Come nel caso del fumo di sigaretta, non tutti coloro che consumano cannabis subiscono gli stessi effetti nocivi sulla salute. Gli effetti dipendono da vari fattori di rischio soggettivi:

  • il dosaggio: a basse dosi l’effetto è in genere ansiolitico, ad alte può provocare attacchi d’ansia o stati di paranoia
  • le caratteristiche genetiche: le varianti dei geni CNR1 e COMT espongono a un maggior rischio
  • l’età: i soggetti più giovani sono più suscettibili alle conseguenze negative
  • il sesso femminile: le donne hanno una probabilità maggiore di andare incontro a disturbi d’ansia e depressione
  • l’ambiente: è più a rischio chi si trova in ambienti nuovi o situazioni stressanti
  • eventuali traumi nell’infanzia

Cannabis: quali sono gli effetti sul cervello

La regione cerebrale target della cannabis è il cervelletto, oltre che la corteccia prefrontale.
La cannabis compromette direttamente le funzioni di programmazione e pianificazione, l’affettività (cioè la sfera dei sentimenti e delle emozioni) e la consapevolezza di sé.
L’intensità degli effetti è direttamente proporzionale alla quantità assunta e alla durata dell’assunzione.

Quando la concentrazione di tetraidrocannabinolo (THC) – il principio attivo della cannabis – è troppo elevata nel nostro cervello, questa sostanza finisce per invadere anche i recettori che solitamente sono target della cocaina, ricreandone l’effetto, ma soprattutto sviluppando i presupposti per un abuso e una dipendenza anche di questa sostanza. Si può quindi dire che l’utilizzo di cocaina possa essere una conseguenza dell’abuso di cannabis.

Cannabis, alcol, fumo di sigarette, eroina a confronto

Per comprendere meglio il dibattito sulla legalizzazione della cannabis, è necessario analizzare e confrontare i suoi effetti con quelli di altre sostanze.

La dipendenza dalla cannabis differisce notevolmente dall’alcolismo: mentre gli effetti della dipendenza possono essere meno evidenti rispetto all’abuso di alcol, possono però rivelarsi più devastanti in prospettiva.

L’alcol più raramente dà effetti a lungo termine irreversibili. Il problema clinico dell’alcolismo si riflette nella compromissione totale del funzionamento quotidiano e dei gravi danni organici che può portare. Tuttavia, con il trattamento appropriato, spesso gli alcolisti possono recuperare completamente le proprie capacità cognitive e funzionali (a differenza della cannabis).

Sia la cannabis che l’alcol possono determinare un’intossicazione acuta che altera il funzionamento mentale e compromette, per esempio, la guida dei veicoli. A differenza dell’alcol però, nel caso della cannabis non è stata definita la quantità accettabile per non annebbiare le funzioni cognitive; inoltre non c’è un equivalente dell’alcol test.

Da un punto di vista medico, la cannabis presenta somiglianze con il tabacco: entrambi sono socialmente accettati, ma l’uso può causare danni alla salute che si manifestano gradualmente nel tempo, spesso in modo drammatico e irreversibile.
Sebbene l’uso di cannabis non porti a morti per tumori o problemi organici, può favorire una sorta di morte sociale.

Tutt’altro discorso è l’effetto dell’eroina: la velocità con cui si passa dalle prime assunzioni alla dipendenza è quasi immediata. Gli effetti acuti sono incompatibili con la vita di tutti i giorni, non sono celabili, e nella maggior parte dei casi chi abusa vive una vita parallela, nascosta, che è complicata e resa pericolosa (anche per le conseguenze sulla salute) dalla sua natura illegale.

Perché si vuole legalizzare la cannabis?

Molti medici e cittadini nutrono ancora incertezze riguardo alla legalizzazione e alla decriminalizzazione della cannabis. Tuttavia, diversi Paesi hanno già adottato leggi che ne consentono l’uso terapeutico. Nel 1996 la California è stato il primo Stato al mondo a legalizzare la cannabis a fini terapeutici, aprendo la strada a questa decisione dopo un lungo periodo di proibizionismo.

Tra gli altri Paesi che hanno legalizzato la cannabis a uso terapeutico vi sono Albania, Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Perù, Polonia, Svizzera e Regno Unito. Negli Stati Uniti l’uso terapeutico della pianta è stato legalizzato in 37 stati federati, 4 territori e nel Distretto di Columbia.

I paesi che hanno invece legalizzato la cannabis a uso creativo sono Canada, Georgia, Malta, Messico, Sudafrica, Thailandia e Uruguay. Negli Stati Uniti l’uso ricreativo della pianta è stato legalizzato in 19 stati federati, 2 territori e nel Distretto di Columbia; in Australia soltanto nel Territorio della Capitale Australiana.

La storia della cannabis si è da sempre scontrata con l’evoluzione delle politiche proibizioniste, spesso influenzate da pregiudizi e stigmi sociali che ne hanno impedito l’uso legale per decenni. Nel corso degli anni sono però stati individuati i benefici che la legalizzazione può portare:

  • permette lo sviluppo di un mercato trasparente e controllato: il passaggio dalla clandestinità all’apertura favorisce un migliore monitoraggio della qualità e della sicurezza del prodotto, riducendo il ricorso al mercato illegale e contribuendo, allo stesso tempo, a una crescita economica significativa, generando entrate fiscali consistenti e creando posti di lavoro.
  • contribuisce a ridurre la criminalità associata al mercato nero della cannabis, alla sua produzione e commercio, portando a una riduzione dei costi per il sistema giudiziario
  • una regolamentazione accurata può contribuire a limitare l’accesso dei giovani alla sostanza o a promuovere un uso responsabile tra coloro che ne fanno uso.

Quali sono i benefici psicologici della cannabis?

Nonostante l’uso costante della marijuana possa portare ad effetti negativi sulla persona, è stato dimostrato che la cannabis per uso terapeutico presenta una vasta gamma di benefici psicologici supportati da componenti attivi come il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo). 

Il THC è riconosciuto per le sue proprietà antidolorifiche, mentre il CBD, oltre a potenziare l’azione analgesica del THC, dimostra capacità anticonvulsive, sedative ed antipsicotiche.
La cannabis terapeutica, per essere somministrata, deve essere standardizzata e titolata in questi principi attivi e prodotta in conformità alle direttive europee.

A cosa serve la cannabis terapeutica?

La cannabis ad uso terapeutico viene utilizzata nei seguenti casi:

  • per il trattamento del dolore nelle malattie croniche che provocano plasticità come la sclerosi multipla o lesioni del midollo spinale
  • per alleviare il dolore in malattie reumatiche quali artrite o fibromialgia
  • per offrire sollievo in caso di nausea e vomito nei pazienti sottoposti a chemioterapia, radioterapia o specifiche terapie per l’HIV
  • per curare disturbi alimentari e stimolare l’appetito in pazienti con anoressia nervosa
  • per contrastare i movimenti involontari del corpo e del viso in pazienti con malattie neuronali come la sindrome di Tourette

Può essere somministrata attraverso due principali vie: l’assunzione orale prevede la preparazione di decotti o l’assunzione di oli, mentre quella inalatoria coinvolge l’uso di vaporizzatori appositamente progettati. 

La scelta della modalità di somministrazione è determinata dalla risposta individuale del paziente e dalle indicazioni fornite dal medico.