Slot machine: quale politica contro il gioco d’azzardo?

Secondo le ultime ricerche, le norme restrittive nei confronti di slot machine e gioco d'azzardo non sono così utili: meglio investire in prevenzione.

Slot machine: quale politica contro il gioco d’azzardo?

Le recenti restrizioni sulle slot machine nei locali pubblici sono davvero utili? Non tanto, secondo le ultime ricerche: molto meglio investire sulla prevenzione. Intanto i dati sull’epidemia del gioco d’azzardo in Italia sono sempre più preoccupanti.

Si può combattere il gioco d’azzardo a suon di leggi e regolamenti? La politica finora ha seguito questa strada, per esempio proibendo o limitando l’uso delle slot machine nei locali pubblici. Ma secondo gli studi finora fatti non è questa la strategia giusta: molto meglio informare adeguatamente sul pericolo della dipendenza da gioco, favorire divertimenti alternativi, e soprattutto adottare strategie di prevenzione che coinvolgano la popolazione più a rischio: gli adolescenti.

Le nuove regole

A partire dal febbraio 2016, alcuni comuni italiani – tra cui Verona, Milano, Bolzano, Ferrara e Napoli – hanno aderito all’ordinanza amministrativa che limita da 14 a 8/9 ore l’attività delle slot machine nelle sale giochi e nelle tabaccherie, con multe da 300 a 1.500 euro a seconda dei comuni e della normativa regionale, con chiusura forzata degli apparecchi se attivi oltre l’orario indicato.

Le slot machine avranno libertà di accensione per 3 ore (10-13) durante la mattina e di 6 ore nel pomeriggio (15-21 oppure 18-24). La stessa restrizione di orario viene applicata anche alle sale giochi e agli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro allestite in ristoranti, alberghi, esercizi commerciali, ricevitorie, sale Bingo. Il titolare dell’autorizzazione dovrà inoltre esporre targhe in cui risulti chiaro il rischio di dipendenza da gioco e gli orari di funzionamento degli apparecchi.

Riguardo a questa ordinanza c’è un acceso dibattito: c’è chi sostiene che è necessaria una presa di posizione chiara da parte dei Comuni per limitare il gioco d’azzardo, chi invece prevede che la restrizione applicata si limiterà a favorire il gioco illegale e la criminalità organizzata, poiché chi è dipendente continuerà a giocare di nascosto oppure online da casa dove sarà meno controllato.

I numeri dell’epidemia

E qui sorge la domanda: è giusto o no proibire? Potrebbe davvero aiutare il giocatore patologico a limitare l’abuso oppure finirebbe solo per fare danni, favorendo il gioco clandestino e riducendo al contempo le entrate per Stato e Comuni?

Dalle indagini sul gioco d’azzardo condotte dal Dipartimento delle Politiche Antidroga emerge che oltre la metà degli italiani sono giocatori d’azzardo (comprendendo giochi molti diffusi quali enalotto e gratta & vinci), mentre i giocatori problematici (che giocano in maniera ricorrente con conseguenze sul piano sociale, lavorativo o familiare) sono quasi 4 per cento e i giocatori patologici, con una dipendenza vera e propria che implica gioco intensivo e quotidiano, desiderio incontrollabile del gioco (craving) e spese eccessive fino all’indebitamento sono oltre il 2 per cento. I giocatori problematici sono soprattutto maschi (66%), presentano difficoltà nella gestione del denaro (28% maschi, 14% femmine) e sono esposti a un maggior rischio di indebitamento poiché risparmiano meno mensilmente, spendono più denaro di quello che hanno e chiedono denaro in prestito alle agenzie finanziarie o ad altri. La maggior parte dei giocatori ha almeno un parente che soffre della stessa dipendenza.

La diffusione del gioco tra adolescenti è in costante crescita e le caratteristiche tipiche di questa età, quali l’impulsività, la ricerca di novità e di emozioni forti, rendono molti ragazzi particolarmente esposti al rischio di sviluppare una dipendenza dal gioco.

Le motivazioni cambiano in base al sesso: gli uomini sono spinti dal desiderio di provare l’eccitazione della giocata, dalla voglia di raggiungere guadagni facili e veloci, mentre le donne giocano per compensare un senso di frustrazione, solitudine, situazioni di disagio e di conflitto. Al di là di questo, la letteratura e la pratica clinica sottolineano l’impossibilità di tracciare un unico profilo psicologico del giocatore d’azzardo poiché sono molti i fattori che influenzano l’insorgenza e il mantenimento del disturbo, e variano da persona a persona.

Quello che emerge è che l’impulsività, la ricerca di eccitazione e piacere (sensation seeking) e la tendenza alla dissociazione (che porta a preferire giochi solitari come le slot machine) sono tre caratteristiche comuni al giocatore d’azzardo.

Vi sono inoltre altre condizioni psicopatologiche, come i disturbi depressivi o alcuni disturbi di personalità, che si riscontrano più di frequente tra i giocatori d’azzardo.

Il lavoro sul territorio

Detto questo, per quanto l’ordinanza restrittiva imponga alcune regole che potrebbero essere un primo passo per limitare l’accesso a slot machine e altri “giochi pericolosi”, in realtà non basta a risolvere il problema, poiché il giocatore patologico troverà altre strade per giocare, per esempio connettendosi da casa ai giochi online oppure tramite i “totem”, computer presenti in luoghi pubblici che permettono l’accesso a decine di piattaforme di gioco online.

È quindi necessario informare e sensibilizzare le persone per aiutarle a comprendere quando il gioco è ludico e quando diventa patologico, offrire strumenti, strategie e alternative gratificanti in sostituzione al gioco, e creare una rete sociale-territoriale di supporto al dipendente e alla famiglia.

Un esempio di lavoro di questo tipo, in Italia, è il progetto “La vita in gioco”, messo in atto nel 2002 dal Dipartimento Dipendenze dell’Asl di Varese con l’obiettivo di promuovere una rete che sostenesse i pazienti giocatori e le loro famiglie. Tra le loro proposte vi è l’attivazione di risorse cliniche sul territorio, gruppi di mutuo aiuto, formazione continua agli operatori con workshop e seminari, supervisioni cliniche dei casi e ricerche mirate sul tema, azioni di sensibilizzazione con rappresentazioni teatrali.

Invece su un piano internazionale, vari studi condotti in diversi Paesi sulla dipendenza da sostanze hanno mostrato che la punizione (che spesso implica la detenzione in strutture squallide e il lavoro forzato) non è una strategia di cura efficace. Al contrario un lavoro di sensibilizzazione e una rete di supporto clinica, sociale e territoriale possono essere molto efficaci nel trattare le dipendenze.

La prevenzione tra gli adolescenti

Altrettanto importante è la prevenzione, in particolare riguardo agli adolescenti. Gli studi condotti da Capitanucci sui ragazzi scuole medie inferiori e superiori tra il 2009 e il 2010 hanno dimostrato l’efficacia e la durata nel tempo di alcune strategie preventive. Per esempio l’utilizzo del video “Lucky”, programma realizzato dal team canadese di Robert Ladouceur e riadattato per un campione italiano, che aiuta i ragazzi a modificare le cognizioni erronee e le attitudini sul gioco d’azzardo. O la guida cartacea “scommettiamo che non lo sai?”, sempre allo scopo di correggere le idee scorrette e migliorare la comprensione del problema.

Un altro studio sugli adolescenti italiani ha mostrato come la struttura familiare e il comportamento dei genitori possono essere fattori di rischio per il gioco d’azzardo online: sono più a rischio gli adolescenti che vivono con un solo genitore o che non vivono con i genitori di origine ma nonni o altro, poiché non hanno sufficienti risorse di socializzazione e controllo. Altro elemento di rischio è quando genitori e figli passano insieme il tempo libero dedicandosi al gioco online (fenomeno chiamato “cocooning”): il gioco diventa così un’attività familiare, implicitamente lecita. Lo stesso studio mostra che la percentuale di adolescenti con problemi di gioco d’azzardo è 5 volte più alta rispetto a chi non usa internet (22% contro il 4%) poiché i ragazzi tendono ad accedere da luoghi in cui non possono essere visti come il telefonino, gli internet cafè e tramite i videogame.

E proprio questo è il punto: se oggi, grazie alle nuove tecnologie, è così facile accedere al gioco d’azzardo, e se sono gli stessi genitori ad avviare i ragazzi, quanto può essere utile limitare gli orari di accesso alle slot machine? Le ricerche ci indicano che è più importante intervenire sulla prevenzione, sull’ambiente e sul contesto familiare, sensibilizzando gli adolescenti e le loro famiglie, per ridurre il numero dei giocatori dipendenti.

E quindi? Proibire o no?

Il dibattito sul proibizionismo, nel caso del gioco d’azzardo così come più in generale delle sostanze d’abuso (per esempio la cannabis), resta quindi aperto. Da una lato i provvedimenti politici dovrebbero preservare la salute e la sicurezza dei cittadini, ma di fatto continuano a contribuire per via diretta o indiretta alla violenza, all’ingiustizia, alla discriminazione e al disagio. Le politiche restrittive o troppo repressive non sono meno dannose di quelle che promuovono la liberalizzazione, poiché tendono a destabilizzare le società democratiche e a infierire contro chi ha già subito i danni prodotti dalle politiche stesse. Secondo le analisi portate avanti dalla Lancet Commission, il proibizionismo porterebbe danni di gran lunga superiori ai benefici. D’altro canto la UNODC, l’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e per la prevenzione del crimine, sostiene che non metterlo in atto del tutto rischia di avere conseguenze devastanti (come sta avvenendo per l’abuso di alcol). Questo potrebbe valere anche per il gioco d’azzardo? Non abbiamo una risposta certa, ma trattandosi di una forma di dipendenza a tutti gli effetti è molto probabile.