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Disturbi alimentari, cosa fare quando una persona ne soffre?

I disturbi alimentari vengono spesso trattati come fossero capricci, ma chi ne soffre ha davvero bisogno di aiuto

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Disturbi alimentari, cosa fare quando una persona ne soffre?

I sintomi di un disturbo alimentare sono molto visibili, e spesso chi ne soffre lancia richieste implicite d’aiuto. Empatizzare con queste persone non è purtroppo semplice, così come costruire un dialogo e aiutarle a decidere di sentire un professionista. Di seguito, alcuni consigli pratici per chi ha una persona cara con disturbi alimentari.

Come capire se una figlia, una sorella, fidanzata o un’amica soffre di un DCA? Ovvero di un disturbo del comportamento alimentare? I disturbi alimentari non sono capricci, né fissazioni. Sono patologie che tendono a divenire croniche e gravi insieme alle loro conseguenze.

Chi soffre di DCA, o ha comunque un rapporto distorto con il cibo, patisce vergogna, paura e senso di colpa, tende a negare e nascondere il problema. Per questo motivo è vitale che familiari o amici colgano i segnali e accompagnino la persona verso un trattamento terapeutico.

Puoi rivolgerti a uno specialista. Ti basta prenotare una visita da un nutrizionista, oppure uno psicoterapeuta, del Santagostino.

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Quali sono i disturbi alimentari?

I DCA si caratterizzano per un’alterazione del rapporto con il cibo e con il proprio corpo e per le conseguenze che ne derivano. Alimentazione e forma fisica diventano per il soggetto il cardine attorno cui ruotano le altre attività quotidiane, un pensiero costante che assume un’importanza esagerata nella valutazione di sé stessi.

Anoressia

Forse il disturbo più conosciuto, insieme alla bulimia e al binge eating. L’anoressia nervosa consiste in una drastica riduzione dell’introito energetico, tanto da rendere il peso corporeo inferiore al normale peso minimo. Il soggetto soffre di una intensa paura di ingrassare, anche quando il peso è realmente basso.

Questa paura porta a un controllo esagerato della quantità di calorie ingerite, fino all’eliminazione di alimenti considerati pericolosi. Peso e forme del corpo sono un pensiero intrusivo, la magrezza è l’unità di misura per valutare sé stessi e la propria identità.

Bulimia

La bulimia nervosa si caratterizza per episodi frequenti di abbuffate compulsive: in un tempo circoscritto, e senza alcun controllo, il soggetto ingurgita una quantità di cibo estremamente maggiore di quanto solitamente accade nello stesso arco di tempo.

Dopo i pasti esagerati si verificano comportamenti impropri di compensazione: digiuno, vomito, intensa attività fisica, abuso di lassativi. Il binge eating (disturbo di alimentazione incontrollata) è dato da episodi di abbuffate ai quali non fanno seguito, come nella bulimia, condotte compensatorie.

Ortoressia e vigoressia

L’ortoressia e la vigoressia, ancora scarsamente conosciute, sono due patologie arrivate da poco sul tavolo dello specialista. L’ortoressia è una maniacale ossessione per i cibi salutari. La persona fa lunghe e quotidiane ricerche sulle proprietà nutritive degli alimenti. Queste ricerche impoveriscono il resto delle attività, sono eliminati metodi di cottura e categorie di cibi.

La vigoressia, o bigoressia, è caratterizzata invece dalla paura di essere troppo esili. Il soggetto si dedica a un’attività fisica esageratamente intensa, con un’alimentazione iperproteica. Oppure arricchita da anabolizzanti e integratori.

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Come si fa a capire se si soffre di un disturbo alimentare?

Ci sono diversi segnali che aiutano a capire se una persona soffre di un disturbo alimentare:

  • fisici quali variazioni di peso, eccessiva sensibilità al freddo, pallore, stanchezza costante, perdita dei capelli, svenimenti, amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale), calli sulle nocche e deterioramento dei denti (in caso di vomito frequente)
  • comportamentali come rituali alimentari (tagliare in pezzi molto piccoli il cibo) lentezza durante i pasti, evitamento di situazioni conviviali, sparizione di alimenti dalla dispensa, lettura delle etichette alimentari e uso di applicazioni per conteggiare le calorie, aumento di attività fisica, uso di integratori, eliminazione o rifiuto di alcuni alimenti, negazione della fame, cambio di abbigliamento
  • emotivi quali improvvise variazioni di umore, assenza di interesse verso le relazioni sociali, difficoltà nel rispettare gli impegni presi, eccessiva sensibilità verso ogni commento su forma fisica e cibo, estremo controllo di cosa e quanto si assume. Rigidità, scarsa autostima.

Le parole da evitare con una persona che soffre di DCA

Per prima cosa, è importante farsi aiutare da un professionista, in grado di valutare la situazione e di fornire indicazione pratiche e, si spera, aiutare chi soffre di un DCA a iniziare un percorso di cura.

Ci sono poi alcuni approcci che dovrebbero essere evitati:

  • confronti del tipo: “Allora quelli davvero grassi che dovrebbero fare?”, o: “Prima della gravidanza pesavo la metà!”. L’insoddisfazione delle persone con disturbo dell’alimentazione è una sofferenza psichica vera e propria. Non è razionale. I paragoni, poi, sminuiscono il vissuto di chi soffre. Può essere utile allora dire: “Non posso capire quello che stai provando. Ma se vuoi posso ascoltarti per starti vicino”
  • considerazioni sulle difficoltà della vita quali: “Tutti hanno i loro problemi” oppure “C’è gente che soffre più di te”. Non c’è una scala del dolore, non esiste una sofferenza con maggiore dignità di un’altra. Meglio allora: “Sforzati! Cerca di star bene, prova a prenderti cura di te! Ti sto vicino”.

Altre espressioni da evitare con persone che soffrono di disturbi alimentari

  • richiami al senso di colpa:  “Ma non lo vedi quanta pena dài ai tuoi genitori?”. Nessuno sceglie di soffrire di un DCA. È preferibile dire: “Hai tante persone care intorno a te che ti vogliono bene. Loro possono starti vicino”
  • frasi sulla forza di volontà quali “Ti basta mangiare un pochino di più!” o “Ma non ci pensare”.  Meglio dire: “Come posso darti una mano? Pensi che possa aiutarti in qualche modo?”

Il Ministero della Salute ha redatto un documento estremamente completo sulle raccomandazioni per familiari di chi soffre di un DCA e sulla loro insorgenza e sviluppo, sulla valutazione e trattamento.

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Come uscire da un disturbo alimentare?

Nel notare i segnali simili a quelli descritti, è fondamentale porsi in una condizione di dialogo e ascolto aperto. Bisogna poi evitare di concentrarsi su cosa e su quanto la persona mangia, se si allena oppure no. Al centro di tutto va posto il suo benessere emotivo.

Chi soffre di disturbi alimentari è molto fragile, a volte non se ne rende conto e spesso la migliore soluzione è imparare a gestire le proprie emozioni. Per questo è importante muoversi con tempestività, ma sempre in modo rispettoso. Non serve colpevolizzare né colpevolizzarsi ma, con l’aiuto di uno specialista, serve fare uno sforzo di comprensione sul significato dei sintomi e della gravità della situazione.

È importante richiedere subito una consulenza con uno psicoterapeuta specialista, così da fare una prima valutazione e capire quale potrebbe essere il percorso terapeutico più indicato, o per trovare insieme strategie di intervento qualora la persona rifiuti di farsi aiutare.

Chi soffre di un DCA nutre in genere ambivalenza rispetto alla possibilità di un aiuto: da una parte vorrebbe uscire dalla gabbia che si è costruito, ma dall’altra ne teme le conseguenze. Non giudichiamolo per questo, ma cerchiamo di provare empatia  con la sua paura, sosteniamolo. Infine, mettiamoci a nostra volta nelle condizioni di ricevere un sostegno psicologico.

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