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Cos’è il catfishing e come riconoscerlo

Gli aspetti psicopatologici del catfishing, un fenomeno virtuale molto diffuso.

Cos’è il catfishing e come riconoscerlo

Il catfishing consiste nel creare identità fittizie sui social network attraverso cui intrattenere relazioni virtuali con persone che le credono vere.

Il catfishing è un fenomeno sotterraneo, molto più diffuso e pericoloso di quanto si pensi. Ma perché il catfish, l’adescatore, agisce così? E perché la vittima si fa adescare, ignorando molteplici segnali che dovrebbero metterla in guardia? Scopriamo tutto quello che c’è da sapere.

Cos’è il catfishing? Un fenomeno social

Ma come funziona il catfishing? Tra social media e dispositivi mobili sempre più efficienti, portare avanti una finzione riguardo la propria identità sembra diventato impossibile. Eppure è proprio quello che avviene nel catfishing.

Il catfish (che in italiano significa letteralmente “pesce gatto”) è una persona che chatta, si iscrive ai social e intrattiene relazioni spesso di natura sentimentale con altri utenti mantenendo però un’identità falsa. Il catfish si attribuisce caratteristiche radicalmente diverse da quelle che in realtà possiede.

Il fenomeno del catfishing ha ricevuto una certa rilevanza a livello mediatico nel 2010, con l’uscita del docufilm Catfish. Il regista e protagonista Nev Schulman vi racconta la sua reale esperienza di vittima di catfishing. Anche lui, infatti, è stato ingannato e indotto a instaurare una relazione virtuale. La fantomatica ragazza che lo ha adescato  si è poi rivelata frutto della fantasia di un’altra donna.

Il film ha poi ispirato la serie televisiva-reality di MTV Catfish – False Identità, che ha mantenuto lo stesso tema e contribuito alla conoscenza dell’argomento e dello stesso termine catfish. 

Il catfishing è stato dibattuto negli ultimi anni anche a proposito del caso di Mark Caltagirone, il presunto fidanzato della showgirl Pamela Prati, in realtà mai esistito.

La psicologia del catfish

Cos’è che spinge il catfish ad agire in questo modo? Si possono individuare vari motivi che portano a creare una falsa identità e a interagire tramite il web con altre persone:

  • La paura di non essere accettati
  • L’ insoddisfazione riguardo alla propria vita reale e la propria vera identità 
  • La semplice noia

Il catfishing porta in ogni caso un beneficio a livello psicologico a chi si serve di una falsa identità: la possibilità di poter creare una figura immaginaria, che permetta di avere interazioni con altri, è certamente allettante e gratificante. Questo soprattutto per chi è insoddisfatto della propria condizione, magari perché non appartiene al sesso con cui si identifica o perché è affetto da una disabilità.

Del resto, i social network accentuano la naturale predisposizione delle persone a modificare alcuni aspetti della propria identità in senso pro-sociale, soprattutto se ciò può apportarci gratificazione. Questo è stato dimostrato in particolare da uno studio israelo-statunitense. In questa ricerca, i soggetti avevano consapevolezza di un divario tra il proprio sé reale e quello rappresentato sul web, di cui venivano sottolineati i punti di forza, nell’ottica di ottenere un maggior consenso sociale.

Come affrontare il catfishing? E chi sono le vittime?

Veniamo all’altro lato della medaglia: per ogni catfish c’è almeno una vittima che, per ragioni complementari, è disposta a crederla vera, e a non notare incongruenze o vaghezze nell’interlocutore.

Ma come individuare un caso di catfishing? Per esempio la mancanza di foto del volto o del corpo o la presenza di foto palesemente false. Basterebbe fare una semplice ricerca su Google, per rintracciare a chi appartengono realmente o l’assenza di messaggi vocali, oppure pochi e brevi messaggi con voci innaturali.

Catfish: dipendenza affettiva e vulnerabilità

I catfish spesso fanno leva sulle insicurezze e le fragilità di chi si trova davanti a un profluvio di attenzioni e complimenti, rispetto ai quali si sente vulnerabile e dipendente. Di fronte a reticenze e incongruità, la vittima di catfishing finisce col sigillare un patto implicito con il simulatore, con l’obiettivo di far perdurare il più a lungo possibile lo stato di benessere, che non si pensa possibile sperimentare su un piano più realistico. Si innesca così una vera è propria dipendenza affettiva

A proposito di catfishing, nel 2004 John Suler pubblicò su CyberPsychology & Behaviour un articolo in cui descrive un possibile prodromo a tale tendenza: quando siamo online, i filtri che di norma regolano la nostra comunicazione con il mondo esterno si lasciano andare, favorendo una maggiore disinibizione nelle relazioni. Tale effetto può portare a derive aggressive: basti pensare ai comportamenti offensivi dei cosiddetti leoni da tastiera, ma anche a una maggiore apertura agli altri e a sé stessi, che quindi permette di esprimersi più liberamente e interagire con gli altri a livello anche profondo.

Catfish e vittima hanno in comune una bassa autostima, derivante probabilmente da un attaccamento insicuro. La persona particolarmente incline a dialogare con o attraverso account falsi o fake, traendone sensazioni piacevoli, ottiene spesso punteggi bassi per quanto riguarda autostima e autenticità in test appositi.

Esperienze di catfishing: storia di una vittima

Di seguito, riportiamo la testimonianza di una paziente che racconta la sua esperienza come vittima di catfishing.

“È stato come aver fatto un sogno. Io e David ci sentivamo di continuo, e sembrava solo questione di tempo prima che potessimo finalmente incontrarci. Lui mi diceva di vivere a Tokyo. Mi mandava tantissime foto: di quello che vedeva dalla finestra, della sua scrivania al lavoro, dei supermercati. 

Ma soprattutto parlavamo, parlavamo tutta la notte. Lui non aveva mai da fare, non era mai stanco, non era mai distratto. Era veramente interessato a me. Mi aveva messo al centro della sua vita. E io con lui mi sentivo benissimo: era come aver assunto una droga che mi rendeva poco lucida. Il fatto di vederlo così poco mi sembrava una prova della purezza dei nostri sentimenti: quello che ci univa erano le parole, il legame, l’esserci. 

Può immaginare come mi sono sentita quando ho scoperto che tutte le foto erano prese da internet? Il mondo mi è crollato addosso!”

Come difendere gli adolescenti dal catfishing?

Il catfishing, secondo un’indagine condotta nel settembre 2020 da Kaspersky, in collaborazione con Giffoni Innovation Hub, riguarda sempre più adolescenti e giovanissimi. Almeno 6 ragazzi su 10 hanno infatti incontrato nella loro vità online dei profili falsi sui social network, riuscendo comunque a identificarli come catfish.

Quasi la metà di questo campione non è solo stato vittima di catfishing, ma ha ammesso di avere alimentato il fenomeno: il 44% degli intervistati, infatti, ha utilizzato almeno una volta nella propria vita dei profili catfish sui social (con differenze minime tra maschi e femmine). Molto spesso per divertimento, ma in alcuni casi anche per senso di vergogna e timidezza.

Ancora poco viene però fatto a livello scolastico, dove il fenomeno non è praticamente mai affrontato. Meno di un terzo dei giovani dichiara di averne parlato con i propri insegnanti: nel dettaglio il 32% delle ragazze contro il 25% dei ragazzi.

Proprio in questo senso sarebbe necessaria una maggiore attenzione sull’argomento, con la creazione di progetti che informino i ragazzi sulle minacce presenti in rete. Queste iniziative andrebbero condotte non solo tra i banchi di scuola, ma anche in casa per promuovere un uso più responsabile dei media device e delle nuove tecnologie tra giovani e giovanissimi.

Catfishing: le ragazze sono le più attente

Sono soprattutto le ragazze a essere informate sul tema catfishing. Il 62% conosce il fenomeno, contro il 43% dei giovani maschi.

Non solo più informate su questo fronte, ma anche più sensibili. Quasi tre/quarti delle ragazze (il 73%) ritiene sia fondamentale sapere con chi si sta chattando realmente. Una percentuale che si abbassa al 50% nella controparte maschile del campione.

i catfish, secondo gli intervistati, sarebbero incoraggiati soprattutto dalla paura del giudizio. Il 22% dei giovani ritiene sia la vergogna per il proprio aspetto fisico ad alimentare il fenomeno del catfishing, una convinzione che appartiene tanto ai maschi (23%) quanto alle femmine (21%)

Catfishing: tra falso sé e insicurezza

Di fronte al catfishing la reazione più diffusa è l’incredulità o addirittura il biasimo, sia per chi la perpetra attivamente sia per chi la subisce. Ma è bene ricordare che chi costruisce relazioni con un catfish è sempre una persona che si trova si trova in gravi difficoltà emotive, e vive un acuto senso di vergogna per il proprio sé e per le proprie azioni (anche per questo la diffusione del fenomeno è ampiamente sottostimata). 

L’individuo coinvolto nel catfishing sta probabilmente sperimentando una deriva estrema e negativa del cosiddetto falso sé. 

Autori come Donald Winnicott e Carl Rogers hanno elaborato e definito tale termine dagli anni ’50 del secolo scorso: si tratterebbe di una sorta di maschera sociale, una dimensione che l’individuo utilizza per essere accettato dal mondo circostante e per nascondere il proprio vero sé. Quest’ultimo normalmente domina la personalità ma, in alcuni soggetti, può fuoriuscire dai propri limiti fino a portare nei casi estremi a una condizione psicopatologica.

Chi arriva a intrecciare relazioni sentimentali usando questa falsa proiezione di sé è sicuramente a uno stadio di questo tipo, e necessiterebbe di un aiuto per uscire da una dimensione dove il falso e il vero si incrociano e la menzogna è all’ordine del giorno.