Psichiatria

Agorafobia. Quali i sintomi e come superarla?

L'agorafobia, quando diagnosticata, può essere risolta grazie alla psicoterapia. Negli ultimi anni, la Realtà Virtuale e la tecnica del biofeedback stanno dando notevoli risultati.

Agorafobia. Quali i sintomi e come superarla?

L’agorafobia è un disturbo d’ansia legato a spazi aperti o luoghi affollati.

Clinicamente, causa sensazioni intense di angoscia e disagio in situazioni poco familiari, percepite come prive di vie di fuga o di aiuto. Spesso collegata a attacchi di panico, crisi d’ansia e stress post-traumatico, può variare nella sua gravità e manifestarsi con sintomi fisici come sudorazione fredda, tachicardia, nausea e senso di soffocamento tanto da, nei casi più gravi,  influire negativamente sulla vita quotidiana, limitando la sfera sociale e lavorativa della persona.

Ma cosa la causa? E come intervenire per affrontarla? Scopriamolo insieme.

Agorafobia: cos’è?

L’agorafobia è il costante timore di trovarsi “senza via di scampo” o senza un aiuto. Questo timore si manifesta nell’eventualità di ansia particolarmente acuta o di attacco di panico che induce il soggetto a evitare un insieme eterogeneo di situazioni affollate. L’agorafobia quindi, come precisato dal DSM-5, non è la paura degli spazi aperti, paura che costituisce comunque l’aspetto essenziale di questo disturbo.

Le primissime informazioni di carattere scientifico relative all’agorafobia (letteralmente: paura della piazza, dalle parole greche agorà, piazza in cui si tiene il mercato e phobos, paura) risalgono a due studiosi tedeschi, Karl Friedrich Westphal e Moriz Benedikt.

Il primo, nel 1871, propose il termine agorafobia per denominare un disturbo il cui sintomo prevalente era l’ansia che si manifestava quando la persona attraversava ampi spazi o strade vuote. Il secondo descrisse la stessa sindrome, ma poiché considerava essere le vertigini il sintomo prevalente e più caratteristico, le attribuì il nome di Platzchwindel, ovvero vertigini in luoghi pubblici. Questo termine, però, non ebbe molta fortuna.

La diffusione di questo disturbo

L’agorafobia, classificabile come disturbo ansioso, si manifesta in Italia con una percentuale che oscilla tra il 2% e il 5%. Nella maggior parte dei casi l’esordio si presenta in genere tra i 20 e i 30 anni. Sia le donne che gli uomini possono essere colpiti, anche se le statistiche mostrano che l’agorafobia è più diffusa tra le donne.

Cerchiamo quindi di conoscerne la sintomatologia. L’agorafobia, come approfondiremo a breve, si presenta come una condizione apparentemente molto semplice, costituita essenzialmente dal sentimento di paura di determinate situazioni e da un comportamento volto a evitare il pericolo di stare male, in inglese “avoidance”.

Quali sono i sintomi dell’agorafobia?

L’agorafobia è un disturbo d’ansia caratterizzato da forte paura legata a situazioni e ambienti specifici, spesso accompagnata da sintomi quali angoscia e disturbo da panico

L’agorafobia, conosciuta solo come paura degli spazi aperti, è in realtà una condizione complessa che in molte occasioni vede chi ne soffre avere grande difficoltà di uscire di casa, utilizzare mezzi pubblici, andare a fare la spesa, o disagio nell’affrontare altre attività caratterizzanti la normale routine di vita quotidiana, come entrare in un luogo pubblico.

Il solo anticipare, o l’immaginarsi lo scenario, fa sì che chi soffre di questo disturbo provi forte paura e angoscia, spesso accompagnate da una serie di sintomi fisici indicativi dell’attivazione del sistema nervoso autonomo. Ad esempio:

Questi i sintomi fisici, ai quali possono essere aggiunti altri segnali di disagio e malessere del corpo quali disfagia, vertigini e acufene.

Quali sono i sintomi cognitivi e comportamentali?

L’agorafobia può essere tuttavia caratterizzata da altri ordini di sintomi di tipo cognitivo e, in ultima istanza, comportamentale. Tra i sintomi cognitivi citiamo la paura di:

  • patire un attacco di panico, come già visto.
  • un pericolo di vita imminente.
  • una perdita di controllo in pubblico.
  • arrossire oppure tremare, sempre in pubblico.
  • una perdita della propria salute mentale.
  • monofobia, ovvero la paura di rimanere da soli in casa.

Agorafobia: la diagnosi

Per una diagnosi di agorafobia, il DSM-5 richiede che il soggetto patisca in modo persistente ansia o paura, per almeno sei mesi, a causa di almeno due tra queste situazioni:

  • l’uso di mezzi pubblici.
  • l’essere in spazi aperti.
  • trovarsi in luoghi chiusi.
  • lo stare fuori casa da soli.
  • stare in mezzo alla folla o essere in fila.

Inoltre affinché l’agorafobia sia diagnosticabile, sempre in accordo con il DSM-5, è obbligatorio che:

  • ci sia sempre paura o ansia nelle stesse situazioni
  • i soggetti siano evitanti, in queste situazioni, o richiedano l’aiuto di persone fidate
  • ansia e paura siano spropositate rispetto alla reale minaccia
  • ansia, paura ed evitamento compromettano in modo significativo la vita sociale e professionale.

Quali sono le cause dell’agorafobia?

Per quanto riguarda le cause dell’agorafobia, come per la maggior parte delle condizioni psicopatologiche, non esiste un singolo fattore che ne spieghi l’eziologia. Difatti secondo il DSM-5 c’è una serie di fattori che potrebbero concorrere all’esordio del disturbo. Tra questi:

  • una componente genetica, neurobiologica.
  • un tipo di personalità tendenzialmente ascrivibile all’eccessivo bisogno di controllo o approvazione.
  • l’essere cresciuti in una famiglia eccessivamente controllante.
  • traumi infantili.
  • una storia precedente di disturbo psicologico.

Quanto dura l’agorafobia?

La durata dell’agorafobia può variare notevolmente da persona a persona. Alcune persone possono sperimentare sintomi agorafobici solo per un breve periodo, mentre per altre il disturbo può diventare cronico. La gravità dei sintomi, il momento in cui è iniziato il disturbo, la presenza di eventuali fattori di rischio o condizioni sottostanti e la ricerca di trattamenti adeguati possono influenzare la durata dell’agorafobia.

È tuttavia importante sottolineare che, già per formularne la diagnosi, l’agorafobia deve persistere da qualche tempo (di solito, 6 mesi o più) e comportare sintomi che non possono essere attribuiti ad un’altra condizione mentale, come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o il disturbo da stress post-traumatico (PTDS).

In alcuni casi, l’agorafobia può migliorare con il tempo, soprattutto con l’aiuto di alcuni interventi psicologici che elencheremo qui di seguito.

Come superare l’agorafobia?

Le possibilità di trattamento dell’agorafobia sono molteplici, dall’auto-aiuto per le forme meno gravi, a percorsi psicoterapeutici o farmacologici (quindi una presa in carico psichiatrica) per le forme più complesse e severe.

Il modello terapeutico d’elezione per trattare l’agorafobia è la CBT, Terapia Cognitivo Comportamentale. Grazie a questo approccio, il paziente si sforza nel cambiare o modificare i propri pensieri disadattivi, costruendone di nuovi maggiormente funzionali.

Un secondo approccio a questa fobia è dato dalla terapia di esposizione e desensibilizzazione, attraverso la quale il soggetto ottiene una desensibilizzazione sistemica dopo essere stato sottoposto, in modo e ambiente controllato, agli stimoli fobici.

Il soggetto può inoltre beneficiare di tecniche di rilassamento. Possiamo citare il training autogeno e lo yoga.

La terapia farmacologica

Nei casi in cui chi soffre di agorafobia appare in una condizione già severa e fortemente invalidante, il medico psichiatra può decidere di ricorrere a un approccio farmacologico.

Il principio attivo che può dare maggiore beneficio al soggetto agorafobico è l’inibitore della ricaptazione della serotonina. Indichiamo anche l’adozione, sempre sotto controllo medico, di benzodiazepine.

In entrambi i casi, la terapia farmacologica dovrebbe essere affiancata a un percorso terapeutico, dal momento che affronta e allieva i sintomi, ma non agisce sulle cause.

Come comportarsi con una persona che soffre di agorafobia?

L’agorafobia ha un notevole impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre e di chi gli sta intorno. Avere a che fare con un agorafobico, infatti, richiede molta sensibilità, pazienza e comprensione. Tra i suggerimenti che possiamo offrire a chi si ritrova a vivere con qualcuno che soffre di agorafobia, i più efficaci sono:

  • Informarsi sulla condizione per comprendere al meglio cosa comporta l’agorafobia.
  • Comunicare apertamente e mostrare empatia. Chiedere alla persona come si sente e quali situazioni specifiche possono scatenarle ansia o paura, può essere molto d’aiuto. È importante mantenere una comunicazione aperta e senza giudizi.
  • Rispettare i limiti della persona ed evitare di esercitare pressione per affrontare situazioni che potrebbero scatenare ansia.
  • Essere pazienti. L’agorafobia può richiedere tempo per essere gestita e spesso richiede a chi non ne soffre molti sacrifici.
  • Offrire compagnia in situazioni che causano ansia.
  • Sostenere il trattamento e supportare pratiche benefiche come la mindfulness, aiutando la persona a raggiungere la propria serenità e indipendenza secondo i suoi tempi.
  • Valutare un percorso di terapia familiare se necessario.

Agorafobia: il trattamento con la Realtà Virtuale

Al Santagostino proponiamo un’innovativa tecnica per trattare l’agorafobia, la Realtà Virtuale.

Grazie alla Realtà Virtuale, il paziente può vivere un’esperienza immersiva con il supporto dello psicoterapeuta. Nell’ambiente virtuale in cui si ritrova, un ambiente protetto e controllato, potranno accadere confronti rispetto agli stimoli agorafobici, in modo interattivo.

Il paziente ha dunque modo di sperimentare ed esplorare situazioni potenzialmente attivanti, nella vita reale, in un ambiente virtuale che riproduce uno scenario rilassante che, progressivamente, porterà verso lo scenario temuto.

La Realtà Virtuale si è dimostrata efficace anche nei casi di aerofobia e, più in generale, ha provato la sua validità come passaggio intermedio tra apporto terapeutico con il professionista e un’autonomia, rispetto alla specifica fobia, da riconquistare.

L’esposizione virtuale si è dimostrata un’importante innovazione delle tradizionali tecniche espositive proprie del modello cognitivo comportamentale. In particolare, l’impiego della Realtà Virtuale ha reso possibile un maggiore controllo sull’aspetto di gradualità del trattamento, permettendo al paziente di sperimentare l’efficacia delle strategie apprese in sedute in un ambiente sicuro.

In conclusione, non dobbiamo dimenticare il contributo che la tecnica del biofeedback ha apportato anche nel trattamento dell’agorafobia, grazie alla possibilità che dà, al soggetto trattato, di apprendere strategie per poter gestire la componente psicofisiologica di questo disturbo.