Quando in un individuo si alternano almeno due tipi di personalità, si parla di disturbo dissociativo di identità.
Chi soffre di questo disturbo accusa anche un’incapacità nel ricordare fatti quotidiani, dati che riguardano se stesso e fatti che hanno determinato stress.
Secondo alcune ricerche, alla radice di questo disturbo si ritrova molto spesso un profondo trauma infantile. Come si manifesta questo disturbo? Quali sono i criteri diagnostici? Esistono dei trattamenti terapeutici?
Risponde Raffaele Avico, Psicologo Clinico specialista in Psicologia Cognitivo Comportamentale, collaboratore di Santagostino Psiche.
Che cos’è il disturbo dissociativo dell’identità?
Con disturbo dissociativo dell’identità si indica ciò che un tempo veniva chiamato disturbo da personalità multipla. Definito per la prima volta nel 1994 dal DSM 4, è classificato come uno specifico tipo di disturbo dissociativo.
Secondo il DSM-5 si tratta di un disturbo relativo allo stato della coscienza e alla personalità di un individuo. Le persone con disturbo dissociativo dell’identità presentano diverse personalità, che si distinguono per modalità di percezione, di relazione e di pensiero rispetto a sé e all’ambiente circostante.
Nei casi in cui gli stati di personalità sono più di tre, almeno due di esse tendono ad assumere il controllo sul comportamento. Inoltre, quando uno stato di personalità si sta manifestando non ha alcuna coscienza delle altre identità.
Altra caratteristica distintiva di questo disturbo è l’amnesia dissociativa, ovvero la perdita di memoria. La persona affetta può dimenticare cose normali della vita quotidiana, informazioni significative su di sé (come il proprio nome o da dove proviene), così come eventi traumatici.
Come capire se si ha il disturbo dissociativo dell’identità?
Il disturbo dissociativo dell’identità e dissociazione sono due cose diverse.
La dissociazione è il processo attraverso cui il disturbo si forma: ad oggi conosciamo due tipologie di dissociazione: una dissociazione di stato e una di tratto.
La dissociazione di stato è una condizione di alterazione della coscienza che avviene per scopi di difesa dell’apparato psichico, per esempio quando emerge un ricordo traumatico. In questo stato mentale l’individuo si trova in uno stato alterato di coscienza, “distaccato” dalla realtà.
In questo caso la dissociazione prende il nome di detachment: uno scollamento dal mondo reale, uno stato mentale transitorio.
Nella dissociazione di tratto, invece, è l’intera personalità a spaccarsi, e in tale circostanza può formarsi un disturbo dissociativo dell’identità.
Test d’inquadramento diagnostico
Per diagnosticare il disturbo dissociativo dell’identità, i dottori usano diversi test, tra cui la Dissociative Experience Scale. È importante però ricordare che la diagnosi definitiva avviene solo dopo una valutazione clinica diretta con un professionista.
Questi test permettono di capire se una persona ha sintomi dissociativi, sia quelli normali (come sognare ad occhi aperti), sia quelli più seri che possono causare problemi.
La DES, ad esempio, presenta 28 domande relative ad altrettante esperienze di tipo dissociativo. Nel rispondere a queste domande, il paziente ha modo di stabilire quante delle esperienze indicate si sono verificate, ed eventualmente con quale frequenza.
Quali sono i sintomi della dissociazione?
I sintomi della dissociazione sono vari e vanno distinti a seconda che si parli di dissociazione di stato o di tratto.
Spesso si ha a che fare con un senso di discontinuità della propria coscienza, con sbalzi d’umore forti, o con momenti di assenza, fino alla manifestazione di amnesia o fuga dissociativa.
Parliamo di amnesia dissociativa quando si manifestano dei veri e propri vuoti di memoria. Questa forma di amnesia si differenzia dall’ amnesia globale transitoria o dai disturbi della memoria associati alla depressione.
Tra gli altri sintomi distintivi, possono verificarsi discontinuità intrusive nel linguaggio, nelle emozioni e nel comportamento. Discontinuità che porta la persona a cambiare improvvisamente il modo in cui parla, si comporta e reagisce alle emozioni.
Come si comporta una persona dissociata?
Il soggetto ha una sensazione di mancata integrazione, e vive emozioni, pensieri, ricordi e comportamenti come se non fossero propri. Solitamente ci sono due tipologie di identità:
- la prima, un’identità “normale”, che si occupa della vita quotidiana e cerca di evitare di pensare ai traumi
- la seconda (o le altre personalità) che è bloccata nel passato e rivive i traumi come se stessero accadendo adesso.
L’identità ferma nel passato pensa, sente e agisce come se il trauma stesse ancora accadendo. È molto emotiva e ha difficoltà a pensare con chiarezza. Può avere inoltre comportamenti ripetitivi che cerca di usare per proteggersi dal trauma.
Quali sono le cause della dissociazione?
La dissociazione può essere spiegata seguendo la Teoria della dissociazione strutturale della personalità che ipotizza che un trauma grave possa dividere la personalità in due o più parti, provocando una spaccatura verticale. Si parla in questo caso anche di compartimentalizzazione.
Una parte della personalità, chiamata parte apparentemente normale (ANP), continua ad adattarsi alla vita quotidiana, mentre l’altra parte, la parte emozionale (EP), rimane bloccata al momento del trauma, immobile e nascosta.
A elaborare questa teoria è Onno Van Der Hart, esperto psicologo e psicoterapeuta dell’Università di Utrecht. Ne parla nel suo volume “Fantasmi del Sé”, pubblicato in Italia da Raffaello Cortina Editore. Ne parla anche Benedetto Farina, psichiatra e psicoterapeuta dell’Università Europea di Roma.
Qual è il disturbo di personalità più grave?
Il disturbo borderline di personalità può essere considerato il più grave. Tra le sue caratteristiche si possono indicare:
- conflittualità e instabilità intense, in un contesto di relazioni interpersonali
- disregolazione emotiva
- paura dell’abbandono
- sensazione di vuoto, che tende ad essere cronica
- impulsività e autolesionismo.
Quanto dura il disturbo dissociativo?
In assenza di terapia, il disturbo dissociativo d’identità tende a ripresentarsi, non si risolve da solo. I sintomi che lo caratterizzano possono andare e venire nel tempo e alternarsi nei tempi e nelle modalità del loro manifestarsi.
Fasi di acuzie possono essere seguite da momenti, anche lunghi nel tempo, di remissione.
Come si cura?
La terapia psicologica è il principale approccio utilizzato per trattare questo disturbo, considerata estremamente impegnativa sia per il paziente che per il terapeuta.
Ecco alcuni aspetti chiave del trattamento del disturbo dissociativo dell’identità:
- stabilizzazione emotiva: il terapeuta insegna al paziente tecniche per gestire lo stress, come la mindfulness, e altre strategie per affrontare emozioni quali ansia, rabbia o depressione
- negoziazione dei rapporti tra le identità: il terapeuta lavora con il paziente per aiutarlo a comprendere e a negoziare i rapporti tra le diverse identità, e per costruire una cooperazione armoniosa
- elaborazione dei ricordi traumatici: la terapia mira a elaborare i ricordi traumatici in modo sicuro e controllato. Tecniche come l’ipnosi, quando utilizzate da terapisti esperti, possono aiutare il paziente a esplorare i ricordi dolorosi in un ambiente supportivo
- protezione contro la persecuzione interna: molte persone con questo disturbo si sentono perseguitate da parte di alcune delle loro identità. La terapia aiuta a creare un ambiente protetto in cui il paziente impara a gestire questi sentimenti negativi
- costruzione di un rapporto terapeutico sicuro, fondamentale per la riuscita della terapia.
Il trattamento, che può essere accompagnato da farmaci per eventuali sintomi associati, richiede una terapia a lungo termine.
Il processo può essere doloroso e difficile per il paziente: fiducia, sostegno e guida da parte di un terapeuta esperto risultano quindi fondamentali per la riuscita del trattamento.
(25 Giugno 2024)