Il nuovo servizio di psicotraumatologia del Santagostino

Al Santagostino puoi prenotare un primo colloquio di psicotraumatologia

Il nuovo servizio di psicotraumatologia del Santagostino

Il Santagostino ha attivato un servizio di presa in carico di problematiche connesse con il trauma psichico.

Il Servizio di Psicotraumatologia del Santagostino nasce nel 2022 con l’obiettivo di offrire percorsi di psicoterapia orientati alla cura del trauma psicologico. Si configura come servizio specialistico che amplia l’offerta clinica in area psicologia del Santagostino.

Il servizio si rivolge a pazienti che manifestano una sintomatologia da stress post traumatica, che può svilupparsi a seguito di una esperienza traumatica o molto stressante.

Si definisce “trauma” un accadimento al quale la persona ha preso parte, o ha assistito, e che si sia configurato come minaccioso per la vita o per l’incolumità e integrità fisica propria o altrui.

Ne sono un esempio: incidenti stradali, aggressioni fisiche, violenza, interventi chirurgici o cure mediche invasive.

L’impatto di questi eventi sulla vita delle persone può essere molto compromettente per il loro funzionamento in diversi ambiti (relazionale, lavorativo, sociale e della salute fisica), può prevedere l’insorgere di disturbi psicopatologici e può avere effetti sulla storia e sulla sintomatologia fisica, quella che in genere arriva all’osservazione medica.

Qui abbiamo approfondito il concetto di trauma.

Il Servizio di Psicotraumatologia: a chi si rivolge

Il Servizio di Psicotraumatologia è rivolto a pazienti adulti, a partire dai 22 anni di età, con le seguenti caratteristiche:

  • manifestano un disagio psicologico come conseguenza di una esperienza traumatica; tale disagio si può manifestare come 
    • compromissione in aree di funzionamento della vita quotidiana: relazioni sociali, relazioni intime, ambito lavorativo e professionale, salute fisica
    • presenza uno stato emotivo prevalentemente negativo, con rabbia, vergogna, colpa, impotenza, paura
    • percezione soggettiva di intensa e prolungata sofferenza 
  • presentano i sintomi compatibili con la diagnosi di PTSD 
  • la persistenza dei sintomi è continua e prolungata

Uno degli obiettivi prioritari del servizio è quello di offrire percorsi di cura integrati che prevedano il coinvolgimento, nel percorso di presa in carico, oltre che di psicoterapeuti esperti nel trattamento del trauma psichico, anche di professionisti di altre aree mediche e specialisti della riabilitazione fisica e motoria.

La principale novità è quella di offrire un servizio specialistico organizzato, che operi in un’ottica di alta integrazione delle cure, con un’equipe formata e specializzata nel trattamento del trauma psichico.

Le diverse forme del trauma

Un trauma può prendere diverse forme.  Di solito distinguiamo i traumi unici e che non si ripetono (che vengono chiamati traumi “grandi”), dai traumi minori ma ripetuti (che vengono chiamati traumi “piccoli”).

Un trauma unico ha un impatto diverso, in senso psicopatologico, dal susseguirsi di una serie di micro-traumi. 

Il termine micro-trauma viene spesso usato per indicare la presenza di una traumatizzazione nel contesto di uno sviluppo problematico (pensiamo per esempio al caso di un bambino che cresca con genitori violenti o spaventanti). Nel secondo caso la sindrome post-traumatica viene chiamata “complessa”, come la definì per la prima volta nel 1992 la studiosa americana Judit Herman. 

Un problema relativamente poco conosciuto, ma molto attuale, riguarda quello che viene chiamato disturbo dell’adattamento, con cui in psicotraumatologia viene descritto uno stress protratto generato dalla necessità di adattarsi a un contesto costantemente cangiante e problematico. 

Pensiamo ai contesti di guerra, alla pandemia che abbiamo vissuto con le discontinuità che ha portato, a un ambiente di lavoro in cui si faccia mobbing: per adattarsi a un ambiente di questo tipo, la mente tenta un lavoro di iper-compensazione cognitiva che genera inizialmente una sorta di accelerazione con cui si cerca di “controllare” e prevedere gli eventi futuri -per poi produrre sindromi da esaurimento energetico, stanchezza cognitiva e tentativi di fuga reali o figurati (anche il cinismo può essere letto con un tentativo di fuga, sul piano emotivo, da un contesto vissuto come troppo richiedente in termini di economia mentale).

Sappiamo che il modello più utile per comprendere cosa succede durante un trauma, è il modello a cascata teorizzato da Ruth Lanius. 

Nel fronteggiare un evento traumatico esistono infatti diverse risposte possibili, tra di loro reciprocamente propedeutiche: in un primo momento viene tentato un approccio all’evento “normale”; quando questo non è possibile tendiamo, come esseri umani portatori di un cervello mosso da automatismi antichi, a mettere in atto una risposta di attacco/fuga (quindi tentiamo un allontanamento e, quando questo non è possibile, produciamo una risposta di attacco); nel caso in cui questa risposta non sia possibile, il nostro sistema di difesa si spegne per scopi difensivi. 

Perché viene chiamato “modello a cascata”? 

Viene chiamato così perché se disegniamo su un grafico l’andamento del nostro stato di attivazione nel corso di una traumatizzazione, esso disegna una “cascata” o, meglio, un “dente di sega”, con un’attivazione iniziale e un collasso finale improvviso.

Al di là di questi aspetti teorici, chi soffre di una sindrome post-traumatica si trova come bloccato in un stato di allarme protratto, con il corpo e la mente impegnati nella gestione del ricordo traumatico. 

Uno dei più famosi psicotraumatologi mondiali, Bessel Van Der Kolk, ha efficacemente usato la formula “the body keeps the score” per indicare come sia il corpo, in primis, a rimanere incastrato dentro una reazione di allarme anche molto tempo dopo la traumatizzazione.

Per questo motivo, affrontare una sindrome post-traumatica in psicoterapia significa lavorare sia sulla mente che sul corpo di un individuo. Molteplici evidenze ci suggeriscono come si debba adottare una modalità integrata di lavoro: partendo dal corpo (bottom-up) e partendo dalla mente (top-down), al fine di depotenziare i ricordi traumatici e “lasciare il passato nel passato”.

Come capire se si è affetti da un problema di questo tipo?

Proviamo a elencare alcuni sintomi comuni di un disturbo da stress post-traumatico. Nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American Psychiatric Association) il PTSD (sindrome da stress post-traumatico) è definito dalla coesistenza di 4 gruppi di sintomi:

  • Riesperienza (pensieri intrusivi, flashbacks, incubi)
  • Evitamento (deficit di memoria, senso di distacco, tentativo di evitare il pensiero di luoghi o di persone associati al trauma, rinuncia alla socializzazione)
  • Alterazioni negative (di umore, memoria e cognizione)
  • Ipereccitabilità (tendenza a trasalire, ipervigilanza, irritabilità, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione)

Tendenzialmente si ha l’impressione che la mente sia in balìa di una serie di ricordi vividi, da cui sembra difficile liberarsi.

Quello che il Santagostino si propone con questo servizio è effettuare un assessment (cioè una diagnosi accurata) attraverso due colloqui da effettuare dal vivo, proponendo quindi un percorso specialistico con uno psico-traumatologo del Centro. 

É stata infatti da poco costituita un’equipe dedicata al problema, con professionisti formati al suo trattamento.

Qui per altre informazioni.