La dipendenza da social sembra essere un fenomeno che si sta sviluppando ed espandendo di pari passo con la diffusione, sempre più capillare e pervasiva, di internet. La FOMO (fear of missing out, ovvero la paura di essere tagliati fuori) è espressione di questa dipendenza.
Ne scrive la dottoressa Elvira Simona Solimando, collaboratrice del Centro Medico Santagostino e psicoterapeuta con esperienza nella cura del disagio psichico della adolescenza e della età adulta.
Cos’è la dipendenza da social?
Prima di essere definita, la dipendenza da social deve essere inquadrata nel contesto più ampio delle nuove dipendenze, poiché quella da internet è una vera e propria dipendenza. E affinché si dia dipendenza è fondamentale che siano presenti tre fattori:
- craving, ovvero un desiderio incontrollabile dell’oggetto, o del comportamento, del piacere da cui si ottiene gratificazione
- tolleranza, definibile come il bisogno di aumentare lo specifico comportamento così da ottenere gli identici effetti che sono stati sperimentati nel primo uso
- astinenza, l’insieme dei disagi di ordine psichico e fisico che si manifestano quando non è possibile l’accesso all’oggetto del piacere per un dato arco di tempo.
In un simile contesto, ovvero la dipendenza da internet, o Internet addiction disorder, possiamo definire la dipendenza da social network come “l’essere oltremodo preoccupati dai social network, l’essere spinti da una motivazione forte a connettersi o a utilizzare i social network”.
Queste le parole della psicologa clinica Cecilie Schou Andreassen, che nel suo studio del 2015 intitolato Online Social Network Site Addiction aggiunge come il tempo dedicato all’attività svolta sui social network arriva a compromettere ogni altra attività sociale, di lavoro oppure di studio, le relazioni sociali, oltre che il benessere psicologico.
La dipendenza da internet, una breve storia
Il primo caso ufficiale mai documentato di dipendenza da internet è datato 1996 ed è relativo agli USA. La psicologa Kimberly S. Young ha scritto la storia di una donna di 43 anni che era in grado di trascorrere fino a 60 ore a settimane in rete.
Le attività digitali di questa donna erano principalmente svolte all’interno di chat room, antesignane dei social. La donna raccontava di percepirsi come parte di una vera e propria comunità, anche se virtuale.
La dottoressa Young finì con il collezionare oltre 600 storie simili, che avevano come principale conseguenza problemi di tipo relazionale, accademico o finanziario, per via della perdita di lavoro. Le persone in questione non erano in grado di controllare l’utilizzo di internet.
Quando nasce l’acronimo FOMO?
L’acronimo FOMO viene coniato da Patrick J. McGinnis nel 2004, in un editoriale realizzato per The Harbus, rivista della Harvard Business School.
Nel 2004, dunque, si inizia a scrivere esplicitamente di questa forma di ansia sociale che impone, a chi ne soffre, desiderio se non vero e proprio bisogno di aggiornamenti continui sulle attività svolte dagli altri utenti, proprio per paura di finire esclusi da contesti sociali percepiti come gratificanti.
Un fenomeno, quello della FOMO, che sembra interessare maggiormente gli adolescenti, i quali riescono a trascorrere almeno 4 ore al giorno sui social, per mezzo del proprio smartphone. Anche gli adulti non sono esclusi dalla FOMO, che può manifestarsi nell’essere sempre connessi, anche in vacanza.
Quali sono i sintomi della dipendenza da social?
L’uso eccessivo dei social network, o la quantità di tempo eccessiva trascorsa compulsando i social media, sono a tutti gli effetti un tipo di dipendenza comportamentale, anche se il DSM-V non la contempla e tiene in considerazione esclusivamente la ludopatia da internet.
I sintomi della dipendenza da social, inquadrati nella ricerca della dottoressa Andreassen, dimostrano di avere una interessante rassomiglianza con le dipendenze chimiche, quindi abuso di sostanze, e con le dipendenze comportamentali com’è il caso del gioco d’azzardo:
- tolleranza, come accennavamo, quindi una sensazione di urgenza nel rimanere connessi sempre più a lungo per provare lo stesso grado di soddisfacimento
- astinenza, che si manifesta in condizioni di impazienza, stress, irritabilità quando non è possibile o è stato proibito l’accesso ai propri account social
- salienza, che determina la necessità di passare sempre più tempo connessi, cercando comunque tempo ulteriore da trascorrervi
- alterazioni dell’umore, perché i social network vengono utilizzati per “attutire” sensi di colpa, irrequietezza, ansia. Alienandosi dai problemi personali
- conflitti tra abuso dei social e altre attività che vengono messe da parte. Attività quali sport, studio, lavoro, attività all’aperto
- problemi relativi al proprio stato di salute. Per fare alcuni esempi, si possono citare i disturbi del sonno, la depressione
- ricadute, poiché risulta pressoché impossibile convincere chi abusa dei social network a diminuire il tempo trascorso online, e chi prova a interrompere, senza un adeguato supporto, tende a ricadere in questo tipo di abuso.
Ulteriori segnali da tenere in considerazione
In termini più puntuali, la FOMO può caratterizzarsi per ulteriori segnali di cui il terapeuta dovrà tenere conto:
- uno stato di ansia quando non è possibile sapere cosa stiano facendo i propri amici o i familiari
- sentire preoccupazione nel sapere che chi si ha intorno, virtualmente o meno, stia vivendo situazioni più interessanti e soddisfacenti della propria
- bisogno di controllare cosa stiano facendo online i propri contatti
- paura di non apparire sufficientemente importanti sui social media.
Come nasce la dipendenza da social?
Questo tipo di dipendenza patologica può essere anche definita come paura di essere tagliati fuori dalle proprie reti sociali.
Il professore Andrew Przybylski, psicologo dell’Oxford Internet Institute, è considerato una autorità nello studio della FOMO e pensa che alla radice della FOMO si possa rintracciare il tentativo di soddisfare specifici bisogni basilari che appartengono agli esseri umani.
Partendo dalla teoria dell’autodeterminazione sviluppata nel 1985 da Edward Deci e Richard Ryan, Przybylski rietiene che l’essere umano raggiunga la propria salute psicologica quando sente di poter influenzare l’ambiente cui appartiene, si percepisce come soggetto autonomo e in relazione con gli altri. E proprio quest’ultimo aspetto, la relazione, per Przybylski è alla radice della FOMO.
Come prevenire questa dipendenza negli adolescenti?
Nella cultura odierna, il trattamento per questo tipo di dipendenza dovrebbe essere l’uso controllato piuttosto che l’astinenza totale. Non è fattibile impedire alle persone di accedere ai dispositivi.
È fondamentale operare sulla prevenzione e su un monitoraggio costruttivo. I genitori, per risultare credibili, devono acquisire informazioni sul mondo di internet. In questo modo possono parlare con i propri figli con competenza dei rischi e dei pericoli connessi all’uso della rete. È importante che i genitori preparino i ragazzi a un uso consapevole della rete lasciando aperta la strada del dialogo, della comunicazione e del sostegno.
Prima dell’adolescenza è possibile affiancare il proprio figlio quando naviga su internet aiutandolo a farne un uso consapevole e ad avere un atteggiamento critico dei messaggi e delle informazioni che incontra.
Quando i figli crescono e diventano più indipendenti e abili nella navigazione, potrebbe essere utile chiedere loro di insegnarci qualcosa sulla rete. Imparare da loro ad utilizzare le applicazioni che conoscono e utilizzano meglio è un modo non intrusivo per entrare nel loro mondo. Ed esplorarlo insieme a loro.
È indispensabile ad ogni età la costruzione di regole condivise quindi orari e tempo di utilizzo, contenuti permessi, informazioni che si possono condividere online e tipologia di siti vietati. Tutto questo deve essere alla base di un dialogo costante genitore-figlio.
Come curare la dipendenza da social?
Il primo passo è quello di riconoscere di avere un problema. Dopo si può iniziare a darsi dei limiti e ad utilizzare delle strategie:
- aprire le app solo per un determinato tempo giornaliero e in alcuni momenti della giornata
- togliere le icone dalla home
- tenere il telefono lontano da sé, ad esempio nei momenti in cui si è impegnati a studiare o a lavorare.
Un approccio terapeutico basato sulla terapia cognitivo-comportamentale ha comunque dimostrato una efficacia di valore.
Una strategia di “recupero” per chi soffre di FOMO richiede che il paziente riporti l’attenzione sulle proprie emozioni, sviluppi momenti di consapevolezza quando si verifica un episodio riconducibile alla dipendenza da social.
Compito del terapeuta è aiutare il paziente a costruire un dialogo interno, che dissipi i pensieri di esclusione sociale e lo aiuti nella gestione delle proprie aspettative. Non è realistico pensare che ogni nostra attività social sia raggiunta da un like o un commento sempre e comunque.
L’ansia, infine, può essere gestita con delle semplici regole poste per diminuire il tempo trascorso sui social. Senza dimenticare attività offline e all’aperto, come lo sport, una medicina naturale per il nostro benessere fisico e mentale.
(26 Maggio 2022)