Psichiatria

Attaccamento disorganizzato. Quando l’affetto confonde

Quando la figura genitoriale è fonte di paura e di incertezza, oltre che di sicurezza, ecco che il bambino rischia di sviluppare uno stile di attaccamento disorganizzato. Con ripercussioni anche nell’età adulta.

Attaccamento disorganizzato. Quando l’affetto confonde

Può accadere che un bambino, durante la fase evolutiva, non riesca a sviluppare uno stile di attaccamento che sia unitario e organizzato. Inizialmente cerca la vicinanza del caregiver per poi attuare comportamenti paradossali e incoerenti tra loro. In questa circostanza si parla di pattern di attaccamento disorganizzato.

Quando sono sul punto di dirigersi verso il proprio caregiver, i bambini con attaccamento disorganizzato attuano quindi comportamenti contraddittori, fino ad arrivare a manifestare paura oppure confusione.

Quali sono le cause che determinano lo sviluppo di un attaccamento disorganizzato? Quando inizia a manifestarsi e, soprattutto, come è possibile intervenire per risolverlo in modo più funzionale? Lo illustra la dottoressa Miriam Baraccani, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino.

 

Come si può definire l’attaccamento disorganizzato?

Il bisogno di attaccamento è un bisogno primario che caratterizza la vita dell’uomo fin dalla prima infanzia o, per usare le parole di Bowlby: “dalla culla alla tomba”. Dobbiamo proprio a John Bowlby, uno dei maggiori psicoanalisti del ventesimo secolo, la teorizzazione dell’attaccamento, avvenuta dopo anni di osservazione del comportamento infantile.https://www.santagostino.it/it/inside/cominciamo?service=2597

Bowlby affermò che tutti i bambini sviluppavano, entro gli otto mesi di vita, uno stile di attaccamento dalla figura di riferimento che poteva essere:

  • sicuro
  • ansioso
  • evitante
  • disorganizzato.

Bowlby comprese l’importanza fondamentale della relazione tra il bambino e la figura di accudimento nei primi mesi di vita. Perché da questa relazione, si rese conto, non derivava solo la possibilità di accedere al nutrimento, soddisfacendo i propri bisogni, ma anche la possibilità di costruirsi una base affettiva ed emotiva sicura. Una base che avrebbe permesso all’individuo di esplorare il mondo in sicurezza.

Importanza della teoria dell’attaccamento

Nel corso del tempo, la teoria dell’attaccamento ha fornito un supporto estremamente valido in sede di studio, e di supporto terapeutico, in circostanze di vissuti infantili caratterizzati da trascuratezza e abusi gravi.

In più, il sistema di attaccamento ha permesso di correlare questi vissuti negativi all’insorgenza di diverse condizioni quali i disturbi di personalità o d’ansia, sintomi dissociativi o, ancora, l’abuso di sostanze.

Quali sono i quattro tipi di attaccamento?

Gli stili di attaccamento sono quattro. C’è infatti l’attaccamento:

  • sicuro che, grazie alla costanza ed alla coerenza del caregiver permette al bambino di strutturare un rapporto con il mondo di maggiore fiducia. In età adulta sarà favorito nel mantenere una buona sicurezza nella relazione con sé e con l’altro da sé
  • insicuro evitante. Il bambino impara a fare da sé, a non coinvolgere il caregiver nel momento del gioco o del bisogno. Questa difficoltà nel chiedere aiuto può accompagnarlo anche in età adulta. Importante sottolineare che il caregiver può essere poco disponibile affettivamente per molti motivi, e questo non si connota come un giudizio di valore rispetto alla capacità di accudimento o meno
  • insicuro ambivalente. Il bambino appare spesso disorientato, può esprimere sofferenza se il caregiver si allontana ma nessuna forma di sollievo quando ritorna. La causa è riconducibile, in linea generale, alla tendenza del caregiver ad entrare in contatto con il bambino senza sintonizzazione emotiva ma più per suoi bisogni. Bisogni che sono al bambino poco comprensibili creando quindi uno stile di attaccamento ambivalente. Il caregiver alterna presenza ed assenza utilizzando parametri poco chiari per il piccolo.
  • attaccamento disorganizzato si ritrova per lo più nei contesti maltrattanti o abusanti, il caregiver non è solo una base sicura ma anche una fonte di pericolo per il bambino che si ritrova quindi a gestire una conflittualità interna importante nell’impossibilità di attivarsi e chiedere aiuto o allontanarsi dalla fonte di pericolo che è poi la stessa che ne dovrebbe garantire l’esistenza.

Come riconoscere lo stile di attaccamento?

Le possibilità diagnostiche che permettono di riconoscere lo stile di attaccamento sono due. Da un lato abbiamo la possibilità di utilizzare la Strange Situation, pensato per i bambini con 2 anni di età, mentre per l’adulto è possibile usufruire dell’Adult Attachment Interview, AAI.

La Strange Situation è una procedura che viene svolta non in contesto familiare, piuttosto in un laboratorio di osservazione. Dura complessivamente 30 minuti e si compone di 8 episodi che durano circa 2, 3 minuti ognuno.

Obiettivo di questa procedura è la sollecitazione il sistema di attaccamento del bambino per mezzo della creazione di una condizione di stress inizialmente moderato e, mano a mano che si procede negli episodi, sempre più importante. In questo modo il bambino è portato a rispondere attuando i suoi comportamenti innati per la ricerca di contatto fisico e di vicinanza affettiva.

Dal terzo episodio in poi è presente anche una figura estranea, la cui presenza è volta a comprendere la reazione del piccolo rispetto ad una persona con cui non ha familiarità.

La diagnosi per lo stile di attaccamento nell’adulto

Per l’adulto viene adoperato un questionario, che indaga con un approccio retrospettivo e indiretto. Il nome del questionario è Adult Attachment Interview. Grazie al questionario è possibile ricavare la definizione di tre modelli rappresentativi, sia di sé che delle figure di attaccamento relativamente all’età adulta.

Dobbiamo specificare come l’AAI non permetta di identificare in modo diretto uno stile di attaccamento, serve piuttosto a fornire qualcosa che possiamo definire come una dimensione interiore che descrive il tipo di approccio attuato.

Con questa interview è possibile inquadrare tre categorie di adulti:

  • sicuri, dotati quindi di una coerenza e una consapevolezza di fondo di sé e dei vissuti anche traumatici. Questa consapevolezza si riverbera in modo sano nell’approccio all’altro
  • distanzianti, che presentano un approccio problematico rispetto a esperienze difficili del passato, tendendo a generalizzare quando si tratta di descrivere i propri genitori
  • preoccupati, quando hanno evidenti difficoltà nella definizione delle emozioni, perché fermi a ricordi relativi alle figure genitoriali, che non sono stati una base certa.

Come si comporta chi ha uno stile di attaccamento disorganizzato?

L’assunto da cui partire risiede nel fatto che, in simili circostanze, il bambino vede nella figura di attaccamento tanto una fonte di pericolo quanto una fonte di protezione. Il bambino sviluppa innanzitutto uno stato di paura che non si risolve per mezzo di comportamenti di avvicinamento o di allontanamento. Di qui nasce la disorganizzazione dell’attaccamento.

Tra i comportamenti dovuti a questo stile di attaccamento si possono indicare una condizione di ipervigilanza, uno sguardo assente, un irrigidimento ai limiti dell’immobilità. La persona può esprimere tensione e rabbia nel contesto della relazione con la figura del caregiver.

È anche possibile che si manifestino dei cambi di umore repentini e delle reazioni emotive caratterizzate da confusione.

Quali sono le conseguenze di questo stile di attaccamento?

È possibile che i casi di stile di attaccamento disorganizzato siano in correlazione con l’insorgenza di alcune psicopatologie:

Certamente, dobbiamo sottolineare come questo stile di attaccamento non sia direttamente responsabile del manifestarsi di simili patologie, ma vada collocato in un contesto più dinamico e multifattoriale.

Allo stesso tempo ricordiamo come un adulto con un simile stile di attaccamento è più portato ad avere, al proprio interno, degli elementi disgregati che non trovano modo di assestarsi in una modalità coerente. Per questa ragione, nel vivere in relazione questi adulti vivono più istanze che si susseguono: da un lato il desiderio di una connessione, per altri versi invece un desiderio di allontanamento e distanza.

L’intimità può riattivare ricordi di pericolo, che a loro volta innescano nell’adulto dinamiche primitive di tipo difensivo.

 

Come guarire dall’attaccamento disorganizzato?

La psicoterapia può far molto con persone che hanno questo tipo di vissuto. Un aspetto imprescindibile del percorso della psicoterapia è la messa in sicurezza, in modo tale che la persona possa lavorare alla integrazione delle parti disgregate in un contesto che sia il più protetto possibile. Queste parti disgregate cercano la cura, provano vergogna, cercano di difendersi.

L’obiettivo è quello di attivare nel soggetto una collaborazione di queste istanze, piuttosto che la continua riattivazione del conflitto interno. In tal senso la psicoterapia sicuramente può fungere da esperienza di attaccamento sicuro, e si configura come un’esperienza emotiva correttiva.