L’affidamento: gestire un affido familiare

L'affidamento familiare è un provvedimento che permette di accogliere temporaneamente un minore in un'altra famiglia, quando la sua famiglia originaria non può garantirgli le cure necessarie. Vediamo di cosa si tratta e come si svolge il processo di affido.

L’affidamento: gestire un affido familiare

L’affidamento familiare rappresenta una delle soluzioni più importanti e complesse nel panorama dell’assistenza minorile.

Il suo obiettivo, più precisamente, è quello di offrire a bambini e adolescenti, che non possono vivere temporaneamente con le proprie famiglie, un ambiente sicuro, accogliente e stimolante. 

Insieme alla dottoressa Bencivenga, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, vediamo cos’è l’affidamento, quando si rende necessario e cosa devono sapere le famiglie affidatarie. 

Che cos’è l’affidamento?

L’affidamento è un’azione protettiva e di supporto a favore di minori che si trovano in situazioni di difficoltà e/o rischio. La situazione di difficoltà può essere temporanea o permanente, e impedisce al minore di crescere adeguatamente all’interno della propria famiglia di origine.

L’affidamento, più precisamente, è una misura giuridica di sostegno a bambini, ragazzi e famiglie in difficoltà. Si realizza quando la fragilità della famiglia d’origine rende temporaneamente (e in casi gravi permanentemente) non idoneo il contesto di accudimento, cura e supporto primario necessari a un sano sviluppo psicofisico del minore.

Concretamente consiste in un intervento, prescritto, attivato e monitorato prevalentemente dal Tribunale dei Minori o dai Servizi Sociali Territoriali. Questi enti responsabilizzano un terzo ad assumere funzione vicariante il ruolo della famiglia d’origine. Supportano, inoltre, il progetto di accompagnamento, sostegno e recupero della piena possibilità di investire adeguatamente nella crescita dei figli.

L’affidamento, al di là delle eccezioni, è tendenzialmente sempre temporaneo. Ha una durata massima di 24 mesi e la sua funzione è parte integrante del graduale reinserimento del minore nella sua famiglia naturale. La misura deve garantire un ambiente “transizionale” al fine di ampliare modelli di riferimento adeguati.

In quale circostanze diventa necessario?

L’affidamento, come accennato, è necessario quando si individuano circostanze che privano il minore di un ambiente familiare idoneo. Queste circostanze sono riconosciute come pregiudizievoli o potenzialmente tali per il benessere dei bambini e dei ragazzi in diversi aspetti di vita.

Esse, nello specifico, possono riguardare carenze genitoriali comportamentali o emotivo-relazionali. Ma possono consistere anche in inadempienze permanenti o transitorie di condizioni di vita per malattie o crisi economica che non permettono l’esercizio del dovere genitoriale. In tal caso i minori possono essere affidati:

  • a un’altra famiglia (elettivamente nel proprio sistema parentale di origine) possibilmente con figli minori
  • una coppia sposata o convivente 
  • a una persona singola
  • a una comunità di tipo familiare.

L’affido ha lo scopo di assicurare ai ragazzi il mantenimento, l’educazione e l’istruzione. 

Come può essere l’affidamento?

In base alla natura delle motivazioni che rendono necessario un affidamento è possibile distinguere tra:

  • affido consensuale, ovvero in accordo con la famiglia d’origine. Avviene attraverso il contatto diretto o la segnalazione, con presa in carico presso i Servizi Sociali
  • affido giudiziale, prescritto a tutela del minore dal Tribunale dei Minorenni. Si mette in atto nei casi in cui è necessario l’allontanamento dal nucleo d’origine. Anche contro la volontà di quest’ultimo. 

In termini diritto le due situazioni pongono la collaborazione con i genitori naturali come indispensabile. La collaborazione può essere spontanea nel caso di affidamento consensuale. In questo caso, la famiglia d’origine mantiene il diritto di partecipare alle decisioni più importanti che riguardano la vita del minore e deve essere sempre coinvolta. 

Mentre nel caso di affidamento giudiziario il punto di vista della famiglia d’origine, anche se viene sempre considerato, è definibile come “sospeso”. Il potere decisionale è demandato ai servizi sociali che hanno investimento giuridico di scegliere per il bene del minore.

Come si diventa affidatari? 

Conditio sine qua non per divenire un “genitore affidatario” è dare la propria disponibilità iscrivendosi al database dei Centri Affidi Territoriali di residenza. Questo può avvenire dopo aver terminato il percorso formativo necessario presso i Servizi sociali del proprio Comune di residenza. 

La natura dell’intervento non prevede particolari restrizioni rispetto alla tipologia familiare.

Di fatto è la famiglia affidataria che delinea la propria partecipazione in un’ottica di un “progetto di affido”. 

La famiglia affidataria accorda tempi e modalità flessibili e variabili rispetto alle diverse possibilità e soprattutto sulla base delle esigenze e dei bisogni del minore e della famiglia d’origine che mantiene la potestà.

In termini puramente giuridici, un bambino può essere affidato a una coppia, preferibilmente con figli, o a una persona singola. Tutte devono essere in grado di assicurare:

  • accoglienza
  • cure
  • educazione
  • istruzione
  • relazioni affettive.

Come si valuta l’idoneità di una famiglia all’affidamento?

Gli “aspiranti” affidatari sono valutati da un équipe interdisciplinare composta da psicologi e assistenti sociali e talvolta pedagogisti clinici o educatori.

La valutazione non è un esame ma un percorso di conoscenza, esplorazione e comprensione delle caratteristiche individuali, di coppia, familiari e sociali. Lo scopo è comprendere la motivazione all’affido in un processo di alleanza. Questo processo permette di valutare la compatibilità tra i bisogni del minore e della sua storia familiare con le caratteristiche degli aspiranti affidatari, accompagnandoli in un processo di consapevolezza e responsabilità.

La valutazione dell’idoneità delle famiglie affidatarie necessita di flessibilità e progressiva raccolta di informazioni. Deve essere condotta senza alcun pregiudizio da parte degli operatori. Inoltre, deve restituire osservazioni, ipotesi e riflessioni che non siano statiche ma dinamiche, ovvero che comprendano la possibilità di cambiare e ridefinirsi.

Qual è il ruolo dello psicologo nel processo di affidamento familiare?

La competenza psicologico-clinica è indispensabile in tutto il processo di affidamento familiare. Questo processo include:

  • valutazione dell’idoneità
  • compatibilità con il minore
  • accompagnamento in itinere
  • elaborazione della separazione a fine percorso.

La candidatura all’affido familiare, infatti, necessita di considerare gli aspetti:

  • intrapsichici 
  • interpersonali
  • relazionali
  • sociali.

Questi aspetti sono comprensibili esclusivamente attraverso un approfondimento psicologico e clinico competente. L’idoneità dei candidati in genere approfondisce 7 diverse aree:

  • profilo di personalità del genitore
  • competenze genitoriali
  • relazione di coppia
  • rete relazionale
  • candidatura all’affido
  • preparazione all’affido
  • presenza di altri figli.
Aspetto del Processo di Affidamento Descrizione
Competenze Psicologico-Cliniche La competenza psicologico-clinica è indispensabile in tutto il processo di affidamento familiare. È essenziale per comprendere aspetti profondi e delicati del percorso.
Fasi del Processo di Affido
  • Valutazione dell’idoneità
  • Compatibilità con il minore
  • Accompagnamento in itinere
  • Elaborazione della separazione a fine percorso
Aspetti da Considerare per la Candidatura
  • Intrapsichici
  • Interpersonali
  • Relazionali
  • Sociali

Questi aspetti sono comprensibili esclusivamente attraverso un approfondimento psicologico e clinico competente.

Aree di Approfondimento per l’Idoneità dei Candidati
  • Profilo di personalità del genitore
  • Competenze genitoriali
  • Relazione di coppia
  • Rete relazionale
  • Candidatura all’affido
  • Preparazione all’affido
  • Presenza di altri figli

 

Come si valuta la compatibilità della famiglia affidataria?

La compatibilità della famiglia che aspira all’affido è valutata in base a:

  • tipologia di affido: residenziale, part time, diurno, sine die, giudiziale, consensuale, etc.
  • genere e dell’età del minore
  • caratteristiche psico affettive e relazionali: presenza di fragilità, esperienze traumatiche
  • caratteristiche del progetto di affido: durata, obiettivi, organizzazione, rapporti minore-famiglia di origine, particolari necessità, etc
  • caratteristiche della famiglia di origine: fragilità fisiche e/o psicologiche, atteggiamento nei confronti dell’affido, aspettative, desideri etc.
Parametri su cui si basa la valutazione Descrizione
Tipologia di affido
  • Residenziale
  • Part time
  • Diurno
  • Sine die
  • Giudiziale
  • Consensuale
Genere e età del minore Indicazioni relative al genere e all’età del minore per un inquadramento appropriato.
Aspetti psico-affettive e relazionali Presenza di:

  • Fragilità
  • Esperienze traumatiche
  • Altre caratteristiche emozionali e relazionali
Caratteristiche del progetto di affido
  • Durata
  • Obiettivi
  • Organizzazione
  • Rapporti tra minore e famiglia di origine
  • Particolari necessità, ecc.
Caratteristiche della famiglia di origine
  • Fragilità fisiche e/o psicologiche
  • Atteggiamento nei confronti dell’affido
  • Aspettative e desideri

 

Perché è importante raccogliere informazioni sulla famiglia affidataria?

La raccolta di informazioni è fondamentale per creare una famiglia affidataria. Questo processo consente agli psicologi di offrire supporto continuo. Tale supporto aiuta la famiglia temporanea ad ascoltare e ridefinire le problematiche incontrate. Si sostengono: 

  • processi di appartenenza
  • conflitti 
  • dinamiche relazionali.

Gli psicologi clinici e psicoterapeuti intervengono sui minori. Forniscono aiuto per ricostruire le relazioni familiari. La famiglia d’origine segue un percorso di supporto alla genitorialità guidato da un professionista clinico.

I dati mostrano che i minori dopo l’affido tornano alle loro famiglie d’origine in 1 caso su 3. L’affido familiare, se ben gestito, inoltre, non interrompe il rapporto con gli affidatari. Semmai, lo trasforma.

La legge del 2015 sull’affidamento familiare rafforza questa prassi, inserendo il principio della continuità degli affetti. Tale principio protegge le relazioni significative che si sviluppano durante l’affido. I Servizi Sociali progettano e gestiscono la fase di transizione. Lo psicologo supporta il minore e rafforza le risorse messe in luce dal progetto. Questo sostiene l’importanza di mantenere viva l’esperienza affettiva e relazionale del ragazzo. Infine, aiuta il minore a sentirsi accettato e amato, senza sostituire la famiglia d’origine.

Quali sono i principali benefici dell’affidamento familiare per un bambino o un adolescente?

Un bambino o un adolescente in affido familiare deve ridefinire precocemente l’affidamento alla propria famiglia d’origine. Questo include rinegoziare aspettative, illusioni e delusioni. Separarsi da una famiglia, anche se carente o abusante, è traumatico.

Questo distacco provoca paura, ansia, rabbia e insicurezza. Tali emozioni possono causare difficoltà sul piano personale, nelle relazioni e nella vita in generale. L’obiettivo dell’affido familiare è prendere in carico il presente del bambino. L’obiettivo è avviare un processo riparativo per un sano sviluppo psicofisico.

Il processo include ri-narrare la storia familiare del minore in un ambiente sicuro. Questo spazio è emotivamente stabile e significativo dal punto di vista affettivo.

L’introduzione di “una famiglia in più” nella vita del minore è fondamentale. Questa famiglia può rispondere adeguatamente ai suoi bisogni concreti, psicologici ed emotivi. La presenza di questa permette una ristrutturazione positiva della sua interiorità. In altre parole, grazie a questa opportunità, il minore ha una seconda possibilità per crescere sano. Ciò gli permette di attenuare la percezione negativa di sentirsi responsabile delle carenze e fragilità della famiglia d’origine.

Quali sono le sfide emotive che le famiglie affidatarie devono affrontare?

Le sfide per le famiglie affidatarie iniziano dalla valutazione dell’idoneità e dai corsi preparatori fino all’esperienza di affidamento stessa. Inizialmente, la motivazione può compensare queste difficoltà. Tuttavia, i problemi maggiori si verificano durante:

  • la co-costruzione del rapporto 
  • la gestione delle dinamiche con la famiglia d’origine del minore.

Diventare una famiglia affidataria comporta affrontare una realtà complicata che, nonostante sia compresa razionalmente, può causare crisi emotive profonde. Questo richiede di rivedere gli equilibri familiari e personali per accogliere i nuovi bisogni.

I motivi che spesso spingono alla scelta dell’affido includono:

  • il desiderio di aiutare bambini e ragazzi a crescere 
  • creare un legame con loro
  • contribuire a migliorare la società. 

Questa scelta arricchisce anche la vita di chi accoglie.

Quando gli affidatari hanno figli, l’esperienza di accoglienza può favorire la crescita di tutta la famiglia. È fondamentale, tuttavia, gestire le complessità dei legami e definire chiaramente i ruoli e i confini.

Talvolta, l’affido può causare gravi conflitti tra i minori accolti e i figli biologici, comportamenti difficili in casa, e tensioni tra i minori e gli adulti affidatari. Anche i conflitti con la famiglia d’origine possono diventare insostenibili.

Queste situazioni sono rare se gli affidamenti sono ben progettati e accompagnati. In caso contrario, l’affidamento può essere interrotto prima della scadenza prevista. Il minore, a seconda dei casi, può essere trasferito ad altri affidatari o in una comunità residenziale per minori.

Quali consigli dare a una famiglia affidataria?

L’esperienza di affidamento familiare inizia con un’idealizzazione. Bisogna confrontarsi con la realtà e l’impegno che comporta. Per capire meglio l’affidamento, è utile incontrare chi già vive questa esperienza. È importante anche fare domande a giovani e bambini che sono stati in affido.

Gli studi sottolineano l’importanza di partecipare a gruppi di accompagnamento. Si consiglia anche di cercare consulenza presso associazioni specializzate e di avere supporto specialistico. È importante, inoltre, sentirsi liberi di esprimere dubbi, perplessità e paure. 

Infine, è fondamentale per una esperienza di affidamento ottimale, sviluppare un attento “progetto di affidamento familiare” che coinvolga tutti i partecipanti.