Cannabis: legalizzare sì o no?

Il dibattito in corso sulla legalizzazione della cannabis è molto complesso. Ecco alcuni spunti di riflessione per aiutare a chiarire la questione

Cannabis: legalizzare sì o no?

Il dibattito in corso sulla legalizzazione della cannabis è molto complesso. Le esperienze di altri Paesi hanno argomenti sia pro che contro. In pochi conoscono però le caratteristiche peculiari della cannabis, che sono diverse dalle altre sostanze d’abuso. Ecco alcuni spunti di riflessione per aiutare a chiarire la questione, pur lasciando la porta ancora aperta a molti dubbi.

 

Una legge sulla legalizzazione della cannabis è in fase di discussione in questi giorni. Il dibattito è acceso e le posizioni sono molto contrastanti. Meglio liberalizzare o proibire?

Il ragionamento sulla marijuana è da sempre stato molto controverso: poiché spesso oggetto di battaglie politiche, in passato è stata spesso demonizzata o scagionata da ogni pericolo più su basi ideologiche che scientifiche, con il risultato che ancora oggi la reale portata del fenomeno e dei rischi connessi è poco conosciuta.

Non tutti sanno, per esempio, che i derivati della cannabis (hashish e marijuana) sono sostanze di abuso con una diffusione simile a quella delle sigarette, da molti considerate innocue, ma che hanno in realtà effetti potenzialmente devastanti.

Cannabis: qualche dato

Per cominciare a capire occorre partire da alcuni numeri riguardanti l’utilizzo di cannabis (come quelli forniti dal dipartimento italiano politiche antidroga) e da dati scientificamente dimostrati:

  • In Italia il 22% delle persone ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita (dati aggiornati al 2010). Negli USA è il 47%.
  • i soggetti di 15-24 anni, con un picco a 19 anni (34%), fanno maggior uso di cannabis.
  • La cannabis genera dipendenza: accade per il 19% per cento degli utilizzatori.
  • La cannabis viene indicata come sostanza principale utilizzata dal 9,2% delle persone assistite nel 2010 dai servizi per le tossicodipendenze territoriali;  il 47% dei soggetti in cura dichiara un uso quotidiano di cannabis.

La stragrande maggioranza dei problemi medici da cannabis sono collegati alla dose assunta, si può quindi presumere riguardino i dipendenti oltre che una quota di consumatori regolari. Un totale stimato di più di 2 milioni di Italiani.

Chi è dipendente da cannabis è esposto ad un rischio maggiore di:

  • psicosi acute
  • psicosi croniche
  • deficit cognitivi cronici (scarse capacità decisionali, riduzione della memoria di lavoro, della fluenza verbale, dell’attenzione distribuita e sostenuta)
  • deficit emotivi (alessitimia, sindrome amotivazionale).

La cannabis non diventa pericolosa solo se genera dipendenza: anche l’intossicazione acuta da cannabis può produrre deficit a breve termine di percezione, attenzione, memoria e di psicomotricità.

  • Non tutti coloro che la utilizzano, esattamente come per il fumo di sigaretta, incappano negli effetti nocivi sulla salute. Gli effetti della cannabis sono influenzati da alcuni fattori di rischio soggettivi:
    • il dosaggio (a basse dosi l’effetto è in genere ansiolitico, ad alte può essere ansiogeno);
    • le caratteristiche genetiche (le varianti dei geni CNR1 e COMT espongono a un maggior rischio);
    • l’età (i più giovani vanno incontro più facilmente ai sequele negative);
    • il sesso femminile (le donne hanno una probabilità maggiore di andare incontro a disturbi d’ansia e depressione);
    • l’ambiente (a rischio quelli stressanti o nuovi);
    • eventuali eventi traumatizzanti nell’infanzia.
  • il passo da consumo occasionale a dipendenza, per i soggetti predisposti, è breve.

Cannabis: quali sono gli effetti sul cervello

La regione cerebrale target della cannabis è il cervelletto, oltre che la corteccia prefrontale.

La cannabis compromette direttamente le funzioni di programmazione, pianificazione, l’affettività (cioè la sfera dei sentimenti e delle emozioni), la consapevolezza di sé. L’intensità degli effetti è direttamente proporzionale alla quantità assunta e alla durata dell’assunzione.

La concentrazione di tetraidrocannabinolo (THC) – il principio attivo della cannabis – è talmente elevata che nel nostro cervello questa sostanza finisce per invadere anche i recettori che solitamente sono target della cocaina, mimandone l’effetto, ma soprattutto creando i presupposti per un abuso e una dipendenza anche di questa sostanza. Possiamo quindi dire che l’utilizzo di cocaina possa essere una conseguenza dell’abuso di cannabis.

Cannabis, alcol, fumo di sigarette, eroina a confronto

Per comprendere meglio il dibattito sulla legalizzazione della cannabis, bisogna analizzare e confrontare i suoi effetti con quelli di altre sostanze.

L’alcol più raramente dà effetti a lungo termine irreversibili. Il problema clinico degli alcolisti è la perdita totale di funzionamento nella vita e una maggiore compromissione organica. Se curato, però, l’alcolista ha spesso una restitutio ad integrum del suo funzionamento mentale.

Non è così per la cannabis: gli effetti della dipendenza sono molto più sfumati che nell’alcolista, ma più devastanti in termini prospettici. L’alcolista rimane a letto e non va a lavorare, distrutto fisicamente, in uno stato di degrado sociale, e spesso può finire reietto sotto un ponte. Chi è dipendente da cannabis, ha cambiamenti meno percettibili. Inizierà a essere sistematicamente in ritardo e inadempiente al lavoro, meno capace di organizzarsi, meno sensibile alla comunicazione emotiva, sempre più inespressivo, meno motivato, meno energico e determinato. Esistono poi i casi in cui compaiono delle patologie psichiatriche vere e proprie. A oggi è difficile stimare in quale percentuale di utilizzatori questo accada.

Sia la cannabis che l’alcol possono determinare un’intossicazione acuta che altera il funzionamento mentale e compromette, per esempio, la guida dei veicoli.

A differenza dell’alcol però, nel caso della cannabis non è stata definita la quantità accettabile per non annebbiare le funzioni cognitive; inoltre non c’è un equivalente dell’alcol test.

Possiamo dire che la cannabis assomigli in un certo senso, dal punto di vista medico, al tabacco: sono più accettati socialmente e l’utilizzo porta danni alla salute che si manifestano nel tempo e che spesso sono drammatici e irreversibili. Non tutti gli utilizzatori di cannabis, subiranno danni. Ad oggi, tuttavia, è ancora difficile quantificare i rischi: i decessi legati al fumo sigaretta sono 480.000 all’anno negli Stati Uniti, un po’ come se cadessero 1000 aerei all’anno; i decessi legati all’alcol, sempre in USA, sono 100.000 all’anno; l’utilizzo di cannabis non determina morti per tumore o cause organiche, ma favorisce una sorta di morte sociale (in una percentuale di casi che ancora non è nota).

Tutt’altro discorso è l’effetto dell’eroina: la velocità con cui si passa dalle prime assunzioni alla dipendenza è quasi immediata; gli effetti acuti sono incompatibili con la vita di tutti i giorni, non sono celabili, e nella maggior parte dei casi chi abusa vive una vita parallela, nascosta, che è complicata e resa pericolosa (anche per le conseguenze sulla salute) dalla sua natura illegale.

Cannabis: legale o no?

È difficile che un medico, o forse anche un cittadino comune, possa essere a favore della legalizzazione della cannabis e della sua decriminalizzazione.  Queste politiche potrebbero infatti determinare un aumento degli utilizzatori e quindi di potenziali soggetti “fragili” che incappano nelle sequele negative della sostanza. Quindi perché legalizzare?

Una delle ragioni potrebbe essere il fatto che gli studi scientifici ed epidemiologici non danno ragione al proibizionismo. Ovunque sia stato applicato, non si è assistito a una netta riduzione dell’abuso e delle sue conseguenze cliniche: questo perché si sviluppa un mercato parallelo, nero, che determina peraltro ulteriori problemi, sia politici che sanitari.

D’altra parte le politiche contrarie al proibizionismo hanno dato chiari risultati incoraggianti, ma finora solo su sostanze molto diverse dalla cannabis.

La situazione in Portogallo

In Portogallo, dove è stato approvato un programma di depenalizzazione delle droghe, compresa la cannabis, accompagnato da un cospicuo investimento sull’informazione (riguardo agli effetti delle sostanze, la disponibilità di cure, ecc), a risentire più positivamente in campo sanitario è stato l’uso di eroina.

La politica portoghese di depenalizzazione delle droghe ha infatti portato ai seguenti risultati:

  • riduzione di arresti e incarceramenti
  • riduzione dei costi sociali del cattivo utilizzo di droghe
  • riduzione delle morti per utilizzo di droghe
  • un aumento della richiesta di cura per l’uso di sostanze
  • riduzione dell’incidenza di HIV/AIDS
  • lieve-moderato aumento dell’utilizzo a lungo termine di alcune sostanze, soprattutto fra i giovani.

Di questi risultati, i primi tre hanno poco a che fare con la salute in senso stretto. Gli ultimi tre invece sì, e ci dicono che una politica di decriminalizzazione deve prevedere un massiccio investimento nei servizi sanitari di cura; la riduzione delle morti e della diffusione del virus HIV sono infatti legati principalmente alla maggior possibilità di chiedere aiuto da parte dei tossicodipendenti da eroina.

Cosa dire, invece, dell’aumento di consumo di certe droghe a lungo termine (tendenzialmente per tutta la vita)? Gli esperti che hanno analizzato il fenomeno nel dettaglio concordano che l’aumento c’è stato, ma è difficile stabilire se sia significativo e comunque direttamente imputabile alla riforma. restano quindi alcune domande aperte: vale la pena correre questo rischio a fronte degli altri risultati? Per quali droghe? Ha funzionato il programma di decriminalizzazione, il programma di informazione o entrambi insieme?

Va detto, inoltre, che Il processo di utilizzo e il mondo che si muove attorno all’eroina è molto diverso da quello della cannabis. Nel caso dell’eroina non è l’effetto diretto della sostanza a uccidere o a danneggiare a lungo termine ma gli errori di utilizzo (overdose, uso di siringhe o aghi infetti, sostanze per “tagliarla”, ecc), che sono particolarmente ben gestiti da politiche anti-proibizionismo. La cannabis, come si è detto, comporta meno errori di gestione, ma più effetti irreversibili a lungo termine.

Le altre esperienze nel mondo

Nel mondo ci sono sette Stati in cui l’utilizzo di cannabis è legale:

  • Alaska
  • Bangladesh
  • Colorado
  • Corea del Nord
  • Olanda
  • Oregon
  • Washington

In Oregon, dove la decriminalizzazione è stata attuata nel 2014, i dati di utilizzo sono sovrapponibili a quelli degli interi Stati Uniti (il 19% di utilizzo fra i giovani under 25 e il 48% di utilizzo almeno una volta nella vita). I dati suggeriscono che anche fra i giovani non si sia verificato un incremento di utilizzo fra il 2012 ed il 2015.  

In Colorado i dati sono sovrapponibili a quelli nazionali USA, esattamente come in Oregon. In più si è notato che gli introiti economici derivanti dalle tasse sulla vendita della sostanza  sono stati per il 25% inferiori alle attese, e questo perché molti consumatori preferiscono rimanere clienti del mercato nero, dove si trova un prodotto a più basso costo.

In Olanda a fare uso di cannabis abitualmente è il 24% delle persone: l’andamento dell’utilizzo non sembra essere collegato alle politiche applicate.

Conclusioni

In generale, possiamo riassumere così i dati dagli esperimenti di legalizzazione e decriminalizzazione:

  • non “ci si droga” meno, ci si forse droga anche di più;
  • ma forse “ci si droga meglio”, seppure questo non sia un dato assoluto; in altre parole, il controllo della qualità e della quantità di sostanza assunta produce, per molte delle sostanze studiate, meno rischi e ripercussioni sulla salute e sulla società;
  • gli andamenti dell’utilizzo sia tra i giovani che tra gli adulti sono dubbi: non è chiaro se legalizzare produca un incremento del consumo e dei danni conseguenti;
  • in tutti i casi in cui è stata introdotta la legalizzazione o la decriminalizzazione sono stati investiti molti soldi e risorse in programmi di prevenzione e informazione.

Cannabis: cosa fare in Italia?

Per depenalizzare l’utilizzo della cannabis, sarebbe necessario anzitutto un chiaro piano di prevenzione e informazione: quanti Italiani sanno effettivamente quali sono i rischi dell’utilizzo di questa sostanza? Quali sono le strategie migliori per renderli consapevoli dei rischi che corrono?

Inoltre, la cannabis ha caratteristiche peculiari, che la rendono diversa dalle altre sostanze, per questa ragione andrebbero pensate leggi ad hoc.