Quando si sente parlare di gesti deittici o performativi bisogna sapere che ci si riferisce a ciò che viene comunemente chiamato “indicare” ed è un passaggio chiave nello sviluppo dell’intelligenza e della relazionalità di un bambino piccolo.
Si tratta infatti del momento in cui un bimbo inizia a essere in grado di vivere un’interazione triadica, in cui – oltre a sé e all’adulto con cui entra in contatto – si crea spazio anche per un interlocutore terzo (generalmente un oggetto). La forma più nota e celebre dei gesti deittici è il cosiddetto pointing, cioè l’atto di indicare con il dito qualcosa che si trova in direzione del proprio sguardo. I gesti referenziali, invece, sono un passaggio ulteriore nella maturazione delle capacità relazionali di un bambino.
Cos’è un gesto deittico?
Si definisce gesto deittico la gesticolazione di un bambino atta soprattutto a indicare qualcosa. Sono gesti considerati deittici, a livello infantile, anche quelli che servono a dare o mostrare qualcosa, così come quelli che esplicitano delle richieste ritualizzate. Si tratta di una manifestazione di un’intenzione comunicativa: in altre parole, sono azioni che comunicano ad altri l’obiettivo del bambino.
La funzione dei gesti deittici può essere doppia: si parla infatti tanto di funzione richiestiva, quanto di funzione dichiarativa. La prima serve a richiedere l’intervento o la mediazione di un adulto, la seconda invece è atta ad attirare l’attenzione e serve più a condividere l’interesse per qualcosa che non a soddisfare un bisogno.
Cosa sono i gesti performativi?
Come gesto performativo si intende semplicemente il gesto deittico. Si tratta di un perfetto sinonimo ed entrambi i termini si possono utilizzare in maniera interscambiabile.
Quali sono i gesti referenziali?
Mentre i gesti deittici iniziano a manifestarsi tra gli otto e i nove mesi di età di un bambino, i gesti referenziali arrivano qualche tempo dopo, attorno ai dodici mesi. Detti anche “gesti rappresentativi”, questi ultimi hanno un riferimento preciso e non sono vaghi o generali come può essere il semplice indicare; in sostanza, i gesti referenziali non variano in base alle differenze del contesto e hanno un’interpretazione che tende all’univocità. Se il gesto di indicare può assumere significati e moventi diversi di volta in volta (gesto deittico), l’aprire e chiudere la mano per salutare qualcuno invece no (gesto referenziale).
Di norma vengono appresi per imitazione e fanno da ponte con l’apprendimento del linguaggio verbale grazie alla loro natura fortemente convenzionale: scuotere le spalle per indicare qualcosa che non si sa o non si conosce può avere quel genere di significato solamente se questo è riconosciuto e condiviso all’interno del nostro gruppo sociale di riferimento.
Quando compare il pointing?
Attorno ai cinque mesi, inizia a manifestarsi il cosiddetto pointing, ossia l’atto di indicare qualcosa usando (almeno) un dito esteso nella stessa direzione dello sguardo, in maniera tale da dirigere l’attenzione dell’adulto verso un oggetto di interesse. È uno dei segni che manifestano lo sviluppo in corso dell’intenzionalità comunicativa a uno stadio sempre più complesso nel bambino perché si tratta di un gesto che rende esplicita la capacità di avere interazioni triadiche (cioè quelle interazioni attuate da un adulto, un bambino e un oggetto il cui focus è il mondo esterno).
(12 Agosto 2024)