Chi ha una malattia grave o debilitante come il cancro non deve rinunciare a provare piacere. Oggi ci sono molti strumenti, fisici e psicologici, per continuare ad avere una vita sessuale soddisfacente anche dopo una diagnosi di tumore. Come non rinunciare ad un diritto così importante per la felicità costruendo un intervento “personalizzato”.
Il cancro sta diventando sempre più una malattia cronica. Oggi in Italia sono circa due milioni le persone che convivono con una diagnosi di tumore da almeno 5 anni. Quello della diagnosi è senza dubbio un evento destabilizzante all’interno della vita di una persona: l’identità personale, i progetti di vita e le relazioni possono essere messi seriamente in discussione nel passaggio da persona “sana” a persona “malata”. Se la medicina oncologica nel corso degli anni ha raggiunto importantissimi traguardi dal punto di vista dei trattamenti per contrastare la malattia, ancora molto può essere fatto per migliorare la qualità della vita e il benessere psicologico di queste persone.
Proteggere la qualità di vita
Tra i più significativi raggiungimenti della cura contro il cancro vi è senza dubbio la salvaguardia della cosiddetta “qualità di vita” del paziente, ossia il tentativo, fermo e costante, di contenere i limiti imposti dalla presenza della malattia e dalle terapie. Ne sono esempi gli interventi chirurgici conservativi, quelli appunto che mirano a “conservare” il più possibile l’organo interessato dalla malattia durante la sua asportazione, i farmaci antiemetici che consentono di limitare i sintomi di nausea e vomito legati alla chemioterapia e i programmi di estetica che aiutano, soprattutto le donne, a gestire la caduta dei capelli, le alterazioni della pelle e gli esiti cicatriziali. Negli ultimi anni è cresciuta molto l’attenzione verso un particolare aspetto della vita dei pazienti interessati dal cancro: quello della loro sessualità.
Le fasi di malattia
La sessualità è una dimensione umana molto complessa e variegata, con aspetti sia fisici sia psicologici: è facile intuire che l’evento della malattia possa alterare l’attività sessuale interferendo a entrambi i livelli. Molto dipende anche dalla fase di malattia che il paziente sta attraversando. Al momento della diagnosi, spesso, le persone vivono uno stato di emergenza, per cui tutte le loro attenzioni sono rivolte alla gestione delle terapie. È facile quindi immaginare che la sessualità non venga cercata né considerata tra le “priorità” (anche se per qualcuno può rimanere un elemento centrale della propria esperienza personale e relazionale). Quando l’attivazione legata alla fase di allarme tende a rientrare e la malattia a raggiungere una fase stabile – o perché il percorso di terapia si è concluso o perché, anche se ancora in corso, risulta gestibile – allora può accadere che i pazienti possano confrontarsi con la loro sessualità, e a quel punto trovarla alterata.
Come può cambiare la sessualità dopo la diagnosi di cancro
La risposta sessuale di un malato di cancro può infatti essere intaccata a vari livelli a seconda della sede della malattia, delle tipologie di trattamento oncologico a cui viene sottoposto e delle risorse psicologiche di cui la persona dispone. Molto dipende inoltre dal significato che la sessualità ha rivestito nella sua storia e dalla fase di vita in cui si trova la persona (se per esempio è in età fertile e desidera avere dei figli oppure se è in menopausa da molti anni).
Le alterazioni della sessualità secondarie a una patologia oncologica possono essere in primis riconducibili a due categorie: temporanee e irreversibili. Sono alterazioni temporanee quelle transitorie e dunque destinate a rientrare dopo i trattamenti, come l’abbassamento del desiderio sessuale riconducibile alla stanchezza, alla nausea e ai disturbi gastro-intestinali secondari alla chemioterapia. Le alterazioni irreversibili sono invece permanenti. Ne sono esempi gli esiti delle chirurgie radicali che alterano la funzione degli organi coinvolti più o meno direttamente con la sessualità come la prostata, l’utero, le ovaie e le mammelle.
Le cause del disagio
Un’altra importante distinzione va fatta rispetto alle cause del disagio sessuale. In alcuni casi il disagio può essere fisico: la terapia ormonale, per esempio, può alterare la risposta sessuale di una persona abbassando il desiderio sessuale o causando difficoltà nell’eccitamento, dolore sessuale e difficoltà a raggiungere l’orgasmo. In altri casi il disagio è soprattutto psicologico. La percezione di un corpo alterato dalle terapie (basta pensare alle mutilazioni, alla perdita dei capelli, o al gonfiore diffuso, solo per citarne alcuni) può portare la persona a evitare la sessualità per imbarazzo, vergogna e senso di inadeguatezza rispetto alla propria immagine sessuale.
Nella maggior parte dei casi comunque, fattori organici e psicologici tendono a coesistere e a interagire tra di loro, creando quadri più complessi in cui i malati di cancro (e i loro partner) vivono il sesso come un vero e proprio problema.
Come affrontare le difficoltà
Non esiste un unico modo per affrontare i problemi nella sfera sessuale quando ci si confronta con una malattia come il cancro, ma riportiamo alcuni spunti che possono aiutare i malati (e i loro partner) a esplorare quest’area della propria vita.
- Valutare se è un problema
Per molti malati la sessualità e le sue eventuali limitazioni legate alle terapie possono non essere un problema importante, sia all’inizio delle terapie che successivamente. Per altre persone invece la sfera sessuale può essere significativa: in questo caso si è legittimati a parlarne con i propri curanti, esattamente come accade per tutti gli altri sintomi. - Chiedere informazioni al personale sanitario
È importante essere in possesso al momento dell’inizio delle terapie (e anche successivamente) delle informazioni relative agli effetti della malattia e dei trattamenti sul funzionamento sessuale e avere le indicazioni necessarie su come poterli gestire per tornare a una vita intima soddisfacente. - Identificare il tipo di intervento terapeutico più opportuno
Sono moltissimi gli interventi legati alla sessualità che oggi la medicina mette a disposizione dei pazienti: terapie farmacologiche, protesi di diverso tipo, terapie laser e via dicendo. Essi devono però essere valutati dall’equipe curante in base alla storia clinica del paziente, al rapporto tra rischi e benefici dei trattamenti e alle alternative presenti, costruendo un intervento “personalizzato”. - Parlare con il proprio partner
La comunicazione è il primo livello di intesa sessuale. Molte volte le coppie in cui uno dei due partner vive il difficile momento della malattia tendono a evitare di parlarne per non sentirsi “fuori luogo” o perché preoccupati che l’altro possa soffrire di questa situazione. In realtà in questo modo si apre un circolo vizioso che rischia di aumentare la distanza tra i due. Parlare di come ci si sente, di cosa ci preoccupa rispetto alla sessualità può essere un primo passo importante per considerare questo aspetto della propria vita e non cadere nella “trappola” dell’evitamento. - Riprendere l’attività sessuale in modo graduale
La malattia e le terapie possono indurre cambiamenti notevoli a livello psico-fisico. Per questo motivo può essere importante riavvicinarsi al sesso in modo graduale. In primo luogo è fondamentale ritrovare confidenza con la propria fisicità, soprattutto se ci sono stati interventi chirurgici invasivi (uno su tutti è la mastectomia). Osservarsi allo specchio, massaggiarsi in un bagno caldo per riscoprire le sensazioni piacevoli del tatto può aiutare molto a riprendere confidenza col proprio corpo. Anche l’approccio sessuale può essere ripreso a piccoli passi, partendo da stimolazioni più leggere fino a riavvicinarsi a un rapporto intimo condiviso con il partner. - Vivere il sesso come piacere e non solo come performance
Non è raro che le terapie possano alterare la funzione sessuale. Confrontarsi con i cambiamenti del corpo può essere complesso. In alcuni casi è necessario utilizzare degli accorgimenti (sempre prescritti su indicazione medica), dal semplice lubrificante all’utilizzo di dispositivi protesici, ed è importante che la persona e la coppia vi si adattino senza viverli come meccanici e impersonali. In altri casi può essere necessario reinventare la propria sessualità, esplorando nuovi comportamenti e sensazioni al fine di identificare modalità alternative per raggiungere il piacere. - Cercare l’aiuto professionale
È chiaro che il riavvicinamento alla sessualità in un momento difficile come quello della malattia può essere complesso. Alcune coppie riescono a ritrovare (o ricostruire) una buona dinamica sessuale, soprattutto quelle in cui esisteva già un buon livello di intimità. In altri casi, invece, questo può essere molto complesso, soprattutto se le alterazioni della malattia e dei trattamenti sono ingombranti e difficili da gestire. In questi casi può essere utile rivolgersi a un professionista psico-sessuologo, che aiuti la coppia a raggiungere un equilibrio relazionale e sessuale.
(15 Gennaio 2018)