Quante volte ci capita di sentire una frase, un commento o di vedere un’occhiata che, pur non essendo esplicitamente offensiva, lascia un segno? Le microaggressioni sono esattamente questo: piccoli gesti o parole che, anche se non sembrano intenzionali, riescono a ferire e a minare il benessere mentale.
Possono manifestarsi in vari contesti, dal lavoro alla vita quotidiana, e toccare diverse sfere personali, tra cui il genere, l’etnia, l’orientamento sessuale delle persone LGBTQIA+ o altre caratteristiche individuali. In questo articolo esploreremo cosa si intende per microaggressioni e come possiamo reagire per proteggere la nostra autostima e serenità.
Cosa si intende per microaggressioni?
Il termine “microaggressioni” è stato coniato per descrivere quelle interazioni verbali, non verbali o comportamentali che trasmettono messaggi denigratori o negativi verso un gruppo sociale, spesso senza una consapevolezza o un’intenzione apertamente ostile. Non si tratta di insulti palesi o dichiarazioni apertamente offensive, ma di commenti sottili e sfumature che possono lasciare un segno negativo profondo. Nel contesto del lavoro, ad esempio, le microaggressioni di genere possono manifestarsi quando le competenze di una donna vengono messe in dubbio o quando una persona LGBTQIA+ si sente giudicata per la propria identità.
Tipologie di microaggressioni
Le microaggressioni si suddividono in varie categorie a seconda del loro contenuto e della loro modalità di espressione. Ecco le principali:
- Microinsulti – Sono commenti o azioni che, anche se indiretti, suggeriscono un pregiudizio sottostante. Ad esempio, chiedere a una persona di un’altra etnia: “Da dove vieni veramente?” può sembrare una curiosità innocua, ma sottintende che quella persona non venga percepita come appartenente a pieno titolo alla nostra stessa comunità.
- Microinvalidazioni – Si tratta di comportamenti che negano o sminuiscono la realtà o l’esperienza dell’altra persona. Per esempio, rispondere a chi vive un’esperienza di discriminazione di genere per chi appartiene alla comunità LGBT: “Non penso che il mondo sia davvero così giudicante” sminuisce il vissuto altrui e minimizza le difficoltà concrete che molte persone affrontano.
- Microsvalutazioni – Sono atteggiamenti che riducono il valore di un individuo, come quando le idee di un dipendente vengono regolarmente ignorate in una riunione. In contesti di lavoro, ad esempio, queste microaggressioni verbali o non verbali possono diventare invalidanti e influire sull’autostima e sulla motivazione della persona.
Il risultato di queste microaggressioni non è sempre evidente, ma il loro effetto cumulativo può influenzare negativamente il benessere mentale. Per chi subisce questi comportamenti, l’esperienza quotidiana diventa un accumulo di piccole ferite che, nel tempo, possono portare a stress, ansia e persino depressione.
Come reagire alle microaggressioni
Reagire a una microaggressione non è sempre facile. L’incertezza su come rispondere e il timore di creare tensioni possono impedire alla persona di difendersi. Ci sono però diverse strategie che possono aiutare a gestire queste situazioni.
- Riconoscere e nominare il comportamento
La prima reazione spesso è quella di dubitare della propria percezione: “Forse ho frainteso?” La realtà è che, se qualcosa ti ha ferito o fatto sentire svalutata o svalutato, ha un impatto su di te e quindi merita attenzione. Dare un nome all’esperienza – microaggressione – può aiutarti a riconoscere che quello che stai provando è reale e giustificato. - Rispondere con calma ma fermezza
Una delle tecniche più efficaci è rispondere con una domanda che spinga l’altra persona a riflettere. Ad esempio, se ti viene chiesto: “Perché non hai ancora figli?” rispondere con “Perché ti interessa saperlo?” sposta il peso della conversazione, inducendo l’altra persona a riflettere sull’inadeguatezza della domanda. Questo approccio può disinnescare la microaggressione senza generare conflitti. - Cercare supporto sociale
Avere un gruppo di persone fidate con cui condividere queste esperienze può fare una grande differenza. Parlarne con amici, familiari o colleghi che comprendono il contesto (specialmente in caso di microaggressioni sul lavoro) ti aiuta a non sentirti isolata o isolato o a dubitare di te. Se possibile, cerca anche gruppi di supporto specifici, come associazioni LGBT o gruppi di supporto per donne in contesti professionali. - Stabilire confini emotivi e relazionali
Proteggere la propria salute mentale significa anche stabilire dei confini: se noti che determinate persone o contesti tendono a generare continue microaggressioni, valuta l’idea di ridurre il tempo che trascorri in tali ambienti o con quelle persone, se possibile. Nel contesto lavorativo, questo può tradursi anche in una richiesta di chiarimento o di supporto ai responsabili delle risorse umane.
L’impatto delle microaggressioni sul benessere mentale
Le microaggressioni hanno un impatto che va oltre il singolo episodio. A differenza delle aggressioni aperte, queste esperienze sono sottili e frequenti, rendendo difficile un riconoscimento e una risoluzione immediata. Questo può generare stress cronico, alimentato dalla continua necessità di “sopportare” e “andare avanti” senza reazioni evidenti. Studi psicologici confermano che l’effetto cumulativo delle microaggressioni aumenta il rischio di disturbi d’ansia e depressione, poiché ogni singola esperienza si somma a quelle precedenti, creando un senso di insicurezza e vulnerabilità che può essere difficile da affrontare da soli.
È fondamentale ricordare che l’impegno per combattere le microaggressioni non deve essere una responsabilità esclusiva di chi le subisce. Riconoscere e correggere i propri comportamenti può essere un contributo prezioso per creare ambienti più inclusivi e rispettosi, sia nel lavoro sia nella vita quotidiana.
(8 Novembre 2024)