Psicologia

Profezie che si autoavverano: come il pensiero influenza il comportamento

Il modo in cui ci giudichiamo influenza l’idea che gli altri hanno di noi. Come uscirne?

Profezie che si autoavverano: come il pensiero influenza il comportamento

Le profezie si autoavverano quando le credenze su noi stessi dirigono i nostri comportamenti in modo specifico. Queste credenze possono essere un ostacolo o una risorsa. La buona notizia è che possiamo imparare a “ingannarci” per migliorare.

Nel 1965, lo psicologo di Harvard Robert Rosenthal descrisse il così detto “Effetto Pigmalione”, oggi meglio conosciuto come profezia che si autoavvera. La profezia che si autoavvera è un fenomeno psicosociale per cui ciò che crediamo di noi stessi influenza i nostri comportamenti e quelli degli altri nei nostri confronti. L’esperimento mostrava come le aspettative degli insegnanti fossero in grado di indurre negli alunni profezie che si autoavverano. Funzionava così: si diceva alle maestre che, in base a un test (inventato), alcuni bambini erano più promettenti di altri. Un anno dopo, i bambini indicati come più promettenti mostravano punteggi migliori nei test di intelligenza rispetto agli altri. In sostanza, le aspettative positive verso di loro avevano in parte contribuito a far spiccare questi allievi, perché i docenti sembravano riporre maggiore fiducia nelle loro capacità. Come è naturale, in questa situazione intervenivano anche altri fattori, ma le aspettative, ovvero la profezia, portavano a un comportamento che confermava le credenze iniziali.
In altri studi, a conferma del potere delle aspettative, si è visto che non è vero che le donne sono peggiori in matematica. Le loro performance risultavano peggiori spesso a causa dell’idea di non essere capaci in quella materia.

Come le profezie ci danneggiano

La profezie non si avverano per caso. Ognuno di noi ha idee diverse rispetto a se stesso. Per esempio, alcuni si ritengono molto bravi a parcheggiare, altri no. Uno stereotipo comune è che le donne siano meno abili in questo. Quando diciamo che le donne sono meno capaci nel parcheggio, stiamo facendo una profezia. Una donna che accetta queste credenze sarà meno sicura di sé quando deve parcheggiare. Ciò la renderà ansiosa e agitata, facendole ridurre il controllo nei vari passaggi.
Un altro esempio. Una persona che crede di essere un disastro nelle relazioni sociali tenderà a isolarsi durante una festa, anticipando il rifiuto degli altri. Gli altri, vedendolo isolato, penseranno che preferisce stare da solo e lo lasceranno stare, avverando e confermando la sua profezia.
In entrambi gli esempi, si è innescato un circolo vizioso. La profezia funziona così: ciò che crediamo influenza i nostri comportamenti; questi, a loro volta, influenzano la percezione che gli altri hanno di noi e i loro comportamenti nei nostri confronti. Noi, infine, valutiamo noi stessi in base alla risposta degli altri e agiamo di conseguenza. E il circolo ricomincia.

Come sfruttare le profezie a proprio vantaggio

Le profezie che si autoavverano non sono per forza condanne. Il meccanismo circolare, infatti, può aiutare la nostra crescita personale. La psicoterapeuta Amy Morin sostiene che per usare le profezie a proprio vantaggio bisogna agire “come se”. In pratica, se vuoi essere diverso, comportati in modo diverso. Vuoi avere più amici? Comincia a essere più socievole. Vorresti essere meno pigro? Comincia ad agire come farebbe una persona produttiva. Il principio della profezia vuole che i nostri comportamenti siano in grado di influenzare la nostra percezione di noi stessi. Se vogliamo avere più amici, aspettare di essere sicuri di sé prima di socializzare potrebbe non portare a nulla.
Questo trucco, in America viene chiamato ‘fake it ‘till you make it’, ovvero ‘fingi finché non lo fai’. Se per giorni, mesi, anni, mi comporto come una persona socievole, inizierò a essere una persona socievole. Al comportamento seguono le rappresentazioni di sé, e a queste seguono altri comportamenti, e così via.

La regola dei 5 minuti

Ciò che pensiamo di noi cambia nel momento in cui noi decidiamo di cambiare. Non è un caso che, per smettere di rimandare le cose da fare, un consiglio che alcuni terapeuti danno è la regola dei 5 minuti. Secondo questa regola, non dobbiamo per forza fare tutto e subito se non ce la sentiamo. Se dobbiamo pulire tutta casa, dopo aver rimandato per settimane, ad esempio, la regola dice di cominciare a pulire anche solo per 5 minuti. Mentre l’idea di recuperare tutto il lavoro arretrato ci mette ansia, la prospettiva dei 5 minuti è più accettabile. Non pensare a stirare per forza ora tutte quelle camicie. Inizia a stirare per 5 minuti e vedi quello che riesci a fare. Se un compito è troppo impegnativo, tendiamo a evitarlo. Se ci “inganniamo” che sia affrontabile, riusciamo a farlo. Il trucco è iniziare a fare una parte, il resto viene da sé.
Quando il nostro cervello si accorge che stiamo agendo contro le rappresentazioni di noi stessi, allora comincia a cambiare quelle rappresentazioni. Siamo noi in controllo della profezia, e possiamo crescere.
La profezia che si autoavvera ci aiuta a capire che possiamo sempre cambiare, migliorare, crescere, anche a dispetto di quello che gli altri pensano di noi. Certo, non bisogna esagerare. Non dobbiamo fingere di essere qualcun altro. Se siamo troppo forzati diventiamo caricature di noi stessi, e allora soffriamo. Non dobbiamo cercare di cambiare la percezione che gli altri hanno di noi, ma dobbiamo voler cambiare noi stessi.
Il concetto di profezia che si autoavvera serve anche a capire che la nostra mente è al nostro servizio. Non ne siamo schiavi. In altre parole, siamo capaci di crescere tantissimo, se solo lo riteniamo possibile.
Pare che San Francesco d’Assisi abbia pronunciato queste parole, ancora oggi attualissime: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e vi sorprenderete a fare l’impossibile”.