Psichiatria

La psicologia del leader: di cosa si tratta e come funziona

La psicologia del leader permette di comprendere e analizzare i processi mentali e i comportamenti che influenzano l'efficacia di una leadership nel guidare e motivare gli altri. Vediamo di cosa si tratta.

La psicologia del leader: di cosa si tratta e come funziona

Studiare la psicologia del leader permette di esplorare le dinamiche complesse che caratterizzano una leadership efficace. 

Attraverso l’analisi delle abilità, dei tratti e dei comportamenti che distinguono i leader nel guidare e ispirare gli altri, si può comprendere meglio il ruolo centrale che la psicologia svolge nel mondo della leadership. Nel corso del tempo, sono emerse diverse teorie sulla leadership con l’obiettivo di comprendere perché alcuni leader sono efficaci mentre altri no.

Vediamo quali meccanismi guidano il successo dei leader: dalla gestione delle emozioni all’intelligenza sociale e alla capacità di adattarsi e innovare in contesti sempre mutevoli.

Che cos’è la leadership in psicologia? Definizione e significato

In psicologia, la leadership si riferisce alla capacità di un individuo di influenzare, ispirare e guidare gli altri verso il raggiungimento di obiettivi comuni. Questo concetto implica una serie di abilità e comportamenti che un leader utilizza per motivare e dirigere un gruppo o un’organizzazione. 

La leadership è uno dei concetti centrali nello studio della psicologia organizzativa e occupazionale, che studia l’analisi del comportamento dei lavoratori e dei processi organizzativi all’interno delle aziende. Una leadership efficace è spesso associata a qualità come:

Esplorare la psicologia del leader significa anche studiare i fattori che influenzano lo sviluppo della leadership, come l’ambiente organizzativo, le esperienze personali e professionali, e i tratti individuali della personalità. La comprensione della psicologia del leader è fondamentale per migliorare la produttività, la soddisfazione lavorativa e il benessere organizzativo

Quale è la funzione del leader?

In un contesto economico dinamico e in continuo mutamento, le aziende sono costrette ad adattarsi al cambiamento. Un buon leader è in grado di facilitare i cambiamenti aziendali, evitando o limitando l’insorgere di ansia e resistenze alle novità nei lavoratori.

Le organizzazioni lavorative hanno primariamente due funzioni per l’individuo: contribuiscono a creare l’identità individuale e permettono di vivere l’appartenenza di gruppo. Identità e stabilità sono bisogni fondamentali per ogni individuo. Tali necessità però rischiano di entrare in conflitto con la flessibilità e l’innovazione che il mercato richiede a un’azienda. 

All’interno di questo processo, il leader ha il compito fondamentale di creare “mappe” per orientarsi e consentire ai lavoratori di non sentirsi persi e in balia delle trasformazioni aziendali. Un buon leader infatti definisce tempi, risorse e modalità di attuazione dei cambiamenti, tenendo conto anche delle fantasie e delle paure che governano i comportamenti. In altre parole, un’organizzazione può rinnovarsi solo se guidata da leader capaci di intercettare e gestire questi vissuti psicologici.

La leadership non si riferisce quindi solo al processo di gestione del potere, ma riguarda anche la gestione di abilità e conoscenze delle persone. Non si tratta solo di dare ordini e controllare, quanto piuttosto di orientare in modo efficace le persone verso il cambiamento, utilizzando l’intelligenza emotiva.

Quali sono i tipi di leadership?

Esistono diversi tipi di leader, che possono avere approcci autoritari, democratici, transazionali o trasformazionali, o una combinazione di questi. I tipi di leadership possono variare a seconda degli approcci e delle teorie della leadership. Vediamo i principali.

Il leader autoritario

Il leader autoritario è noto per la sua tendenza a prendere decisioni rapide e assertive, generalmente senza consultare il gruppo e assumendo il controllo delle situazioni. Questo stile di leadership può incontrare resistenza da parte dei membri del team a causa della comunicazione unidirezionale, che non tiene conto delle loro opinioni e idee degli altri membri del gruppo. La psicologia di questo leader riflette spesso un senso di superiorità nei confronti dei suoi subordinati, il che può compromettere l’efficacia della leadership, specialmente in gruppi altamente qualificati.

Il leader democratico

I leader democratici coinvolgono attivamente i membri del team nelle decisioni e favoriscono un ambiente collaborativo. Questo approccio promuove una comunicazione bidirezionale e il coinvolgimento del gruppo nelle decisioni. A differenza del leader autoritario, il leader democratico è particolarmente efficace in gruppi altamente qualificati, in quanto il senso di essere ascoltati e coinvolti può aumentare la motivazione e l’interesse dei membri, favorendo la collaborazione. Questo stile di leadership è spesso associato a figure come Nelson Mandela, ed è comunemente adottato in contesti politici occidentali e sociali.

Il leader permissivo

Il leader permissivo adotta uno stile di delega, concentrando l’attenzione sulle esigenze dei membri del gruppo e distribuendo le responsabilità tra di loro. Questo tipo di leadership richiede una comunicazione efficace e si basa su un rapporto di supporto e fiducia reciproca tra il leader e i membri del team. Tuttavia, la leadership permissiva può riscontrare difficoltà quando si rende necessario un intervento diretto del leader e potrebbe mancare di efficacia in queste situazioni.

Il leader trasformazionale

I leader trasformazionali sono noti per la loro capacità di ispirare e motivare il team a raggiungere risultati eccezionali, spesso attraverso il promuovere il cambiamento e l’innovazione. Tuttavia, questo tipo di leadership può mancare di efficacia quando il leader è troppo focalizzato sulla visione, trascurando i dettagli operativi e la gestione quotidiana.

Il leader transazionale

La leadership transazionale si concentra sul raggiungimento degli obiettivi e ricompensa o penalizza i membri del team in base al loro impegno. Questa tipologia di leadership può trascurare l’atmosfera e la cooperazione del gruppo, dal momento che si concentra eccessivamente sugli obiettivi. Sebbene sia efficace in situazioni che richiedono una guida diretta e procedimenti lunghi e complessi, può creare un ambiente competitivo che danneggia i rapporti all’interno del gruppo. Un esempio può essere rintracciato negli allenatori di calcio.

Psicologia del leader e resistenza al cambiamento

Ogni organizzazione permette all’individuo la soddisfazione di bisogni di appartenenza e di identità. Il cambiamento è percepito come un minaccia a questo equilibrio e rischia di innescare meccanismi di difesa. Le difese sono costituite da processi per lo più inconsci, in certa misura indispensabili per la sopravvivenza degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni, ma se non esplicitate e contenute possono essere molto limitanti.

Alcuni esempi tipici di difese possono essere:

  • isolamento, abbandono del gruppo o del compito (burnout, malattie psicosomatiche, elevato turnover, ovvero ricambio continuo del personale)
  • sabotaggio del compito, svalutazione delle attività
  • diffusione della responsabilità
  • ossessività e irrigidimento nei controlli e nelle procedure

Le difese organizzative non gestite si rivelano controproducenti per le attività. Le risorse disponibili, infatti, vengono impiegate per ridurre l’ansia e il malessere emotivo piuttosto che portare a termine le attività. Risultano quindi costose in termini economici e temporali. Ciò genera disagio per i dipendenti e impatta negativamente sul clima e sulla produttività aziendale.

Come il buon leader facilita il cambiamento

Ogni cambiamento suscita forti emozioni e innesca dinamiche relazionali potenzialmente corrosive. È necessario quindi riconoscere l’invidia, la rivalità, le pauredare espressione alle emozioni più disturbanti. Una dinamica frequente che si innesca quando non si pone attenzione a queste emozioni è la ricerca di un capro espiatorio, che si fa portavoce delle resistenze presenti.
Insomma, queste emozioni e dinamiche, se sono ben gestite e non trascurate, possono generare nuova consapevolezza e crescita, sia a livello individuale che a livello aziendale. 

Una visione razionalistica dell’organizzazione, che considera le emozioni come limiti di cui bisogna liberarsi in nome dell’efficienza, è nettamente superata. Infatti, si riconosce che i fattori emotivi hanno un ruolo fondamentale nel plasmare le relazioni umane e quindi anche il lavoro.

Ecco in questo senso alcune pratiche che il buon leader può adottare per facilitare un cambiamento.

  • promuovere una cultura organizzativa che preveda l’espressione dei vissuti negativi e dia voce alle critiche e alle polemiche. Alcune imprese hanno introdotto l’advisory boxuna cassetta dei suggerimenti per raccogliere vissuti, opinioni e indicazioni anonime che nessuno ha il coraggio di portare direttamente
  • promuovere l’apprendimento dagli errori senza negarli, e alimentare le iniziative
  • prevedere l’invidia: le buone idee infatti mettono sempre in ombra qualcuno
  • tollerare l’ambivalenza – di chi segue il leader – tra bisogno di dipendere e invidia e rabbia per non essere al comando.
  • gestire i conflitti: l’esperienza di far parte di un gruppo di lavoro promuove la collaborazione e l’appartenenza, ma anche l’incontro tra diversità. Proprio la diversità, elemento fondante della strutturazione e della creatività del gruppo, nello stesso tempo è però in grado di generare conflitto.

Psicologia del leader e ruolo dello psicologo in azienda

L’approccio di uno psicologo in azienda per certi versi può essere paragonato all’approccio del terapeuta verso il paziente: non dice a un manager cosa fare o come organizzarsi, perché questo è già un esperto. Lo psicologo aziendale, piuttosto, aiuterà a riflettere sul significato di ciò che accade nelle dinamiche organizzative. Il suo lavoro in questo senso è simile a quello di un oculista, che propone lenti diverse con cui guardare il mondo circostante.

Il primo strumento che lo psicologo può fornire è quindi la consapevolezza: le organizzazioni che affrontano meglio i cambiamenti sono quelle capaci di valutare anche gli aspetti relazionali ed emotivi. I manager e gli altri professionisti che sviluppano competenze emotive, in effetti, riconoscono più velocemente i conflitti emergenti nei team, le vulnerabilità da gestire e i meccanismi che regolano le decisioni complesse.
La consulenza psicologica è uno strumento per prevenire o affrontare anche problemi di resistenza al cambiamento organizzativo e per migliorare la comprensione delle relazioni di gruppo, dei ruoli e della leadership stessa.