Riprendere il lavoro dopo la quarantena: il rientro in ufficio come fattore di stress

Tornare in ufficio non sarà facile, tra preoccupazioni per la sicurezza e socialità alterata

Riprendere il lavoro dopo la quarantena: il rientro in ufficio come fattore di stress

Paura, stress, abitudine allo smartworking. Come torneremo in ufficio dopo i mesi di lockdown? Vediamo come cambieranno i rapporti sociali e gli ambienti di lavoro e quali rischi per il benessere psicologico

La pandemia da Covid-19 ha comportato importanti cambiamenti della quotidianità e delle abitudini di ognuno. Anche il lavoro è cambiato molto. In molti hanno perso il loro posto. Chi ha continuato a lavorare invece ha dovuto farlo da casa, sperimentando lo smartwoking, in tutti i suoi limiti e potenzialità.

Ma quale impatto ha avuto la quarantena sulla nostra quotidianità? E come cambierà il nostro modo di rapportarci al lavoro?

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Gli effetti psicologici della quarantena

L’emergenza Covid-19 ha velocemente stravolto le nostre abitudini, le relazioni affettive e le sicurezze. 

Le lunghe settimane di isolamento e distanziamento sociale ci hanno messo di fronte a esperienze nuove e intense. 

I repentini cambiamenti ci fanno sentire inevitabilmente smarriti e preoccupati, intaccando il benessere emotivo e psicologico. Recenti studi hanno mostrato come la quarantena prolungata incide sulla comparsa di sintomi ansiosi, vissuti di rabbia e solitudine, insonnia e difficoltà di concentrazione. 

La quarantena però ci ha anche fatto scoprire le nostre risorse personali e capacità di adattamento.

Abbiamo imparato a dare un nuovo ordine alle priorità, attribuendo maggiore importanza alla nostra salute e al nostro tempo. Abbiamo utilizzato la creatività per re-inventare il modo di vivere le relazioni e organizzare il lavoro.

Rispetto a quest’ultimo punto, quindi, quali saranno i cambiamenti da affrontare e quale impatto psicologico avranno?

-Leggi anche: L’articolo di The Lancet sugli effetti psicologici della quarantena

Il rientro in ufficio: le paure da superare

Come mostrato in un recente articolo dell’American Psychological Association, con lo scoppiare dell’emergenza molti lavoratori sono passati improvvisamente a una modalità di lavoro in smart working. Ciò ha dato la sensazione di perdere il controllo su alcuni aspetti della quotidianità lavorativa e relazionale. In molti, inoltre, hanno sperimentato un forte senso di incertezza rispetto al proprio futuro personale, professionale ed economico, minacciato dalla pandemia.

Il rientro sul luogo di lavoro rappresenta un fattore di stress, soprattutto per due motivi:

  • la preoccupazione per la propria sicurezza personale;
  • le difficoltà di adattamento alla routine di ufficio.

Il contenimento della diffusione del virus è un problema che non abbiamo ancora definitivamente risolto e perdurerà per i prossimi mesi. 

Vivere questa quarantena ci ha reso più consapevoli dell’importanza della nostra salute e sicurezza fisica. Le persone che rientreranno avranno bisogno di essere informate, ascoltate e messe in condizione di sperimentare l’ufficio come un luogo sano e sicuro.

Il rientro in ufficio, inoltre, potrebbe essere fonte di preoccupazione anche a causa dei dubbi in merito alla gestione della vita familiare e alla protezione dei propri cari a casa. A chi lasciare i bambini e/o i genitori anziani? Saranno al sicuro o rischio di contagiarli?

-Leggi anche: Stress: buono o cattivo? Ecco come gestirlo

Dovrà cambiare anche il rapporto con i colleghi

Se alcuni non vedevano l’ora di tornare alla routine lavorativa e sociale pre-Covid19, per altri tornare in ufficio è un’esperienza complicata, fonte di ansia e stress. 

Di fronte a una minaccia invisibile, come quella rappresentata da un virus, le persone tendono ad attribuire al comportamento degli altri la responsabilità della diffusione del contagio.

Sul piano relazionale, però, controllare gli altri, oltre ad essere un’operazione frustrante e dispendiosa, può generare un clima caratterizzato da sospetto, diffidenza ed evitamento dei contatti sociali.  

Bisogna però ricordarsi che non ci sono buoni e cattivi. L’esperienza del lockdown ha esposto tutti agli stessi rischi e pericoli e abbiamo sperimentato, come mai prima d’ora, di avere un destino comune.

Abbiamo condiviso solidarietà e sostegno reciproco. È capitato per la prima volta di parlare delle proprie emozioni e preoccupazioni con i colleghi, con le videochiamate in tanti hanno mostrato spazi di vita privata. Da questo punto di vista, le relazioni ai tempi del Coronavirus hanno rappresentato un vero fattore di innovazione.

Ritornare in ufficio, tornare ad abitare le relazioni con i nostri colleghi è un processo di cui possiamo prenderci cura insieme. 

Dovremmo passare dalla dimensione del controllo a quella in cui si dà spazio al sostegno e al supporto reciproco: abbiamo bisogno, in questa fase in cui l’emergenza si è attenuata, di partire dalla comprensione delle esperienze e delle preoccupazioni immediate delle persone.

Spazi, attività e gruppi di lavoro vanno riprogrammati, per favorire flessibilità, autonomia, collaborazione e innovazione. 

Generare fiducia ripensando gli spazi

L’ambiente di lavoro è per prima cosa uno spazio relazionale e non possiamo parlare di fiducia al di fuori di una relazione basata sulla reciprocità. 

Il ritorno in ufficio comporta per le organizzazioni la necessità di ri-progettare gli spazi in modo da garantire la salute e la sicurezza delle persone.

Questa fase può essere l’occasione per pensare all’ambiente di lavoro come un luogo da abitare e condividere con i propri colleghi. 

L’unico modo per ottenere fiducia è offrirla. 

Può essere quindi utile coinvolgere i dipendenti nella discussione e progettazione dei nuovi spazi, accogliere le loro esigenze e i timori. Partecipare alla costruzione delle novità aiuta inoltre ad adattarsi ed essere resilienti rispetto ai cambiamenti.

La fiducia nell’ambiente di lavoro è connessa con una comunicazione chiara e semplice da parte dell’organizzazione sulla gestione dei rischi e sulla disponibilità dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

Non dobbiamo medicalizzare gli uffici, ma è possibile organizzarli in modo da garantire protezione, distanziamento e co-abitazione negli spazi lavorativi.  

A tal proposito e con le dovute attenzioni, può essere utile ripensare gli ambienti esterni e i luoghi dove riprendere i contatti informali. 

Ciò che si è perso durante le settimane di smart working, ad esempio, è la chiacchierata davanti la macchinetta del caffè: abbiamo bisogno di recuperare – in sicurezza – spazi di informalità e condivisione immediata della quotidianità lavorativa. 

La ri-progettazione degli spazi che saprà tener conto dei nuovi bisogni dei dipendenti, permetterà la creazione di un ambiente di lavoro sicuro e produttivo.

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