Le benzodiazepine e il loro abuso, una questione delicata. Si tratta di farmaci assunti da moltissimi soggetti (nel 2016, negli USA, hanno rappresentato la terza categoria di farmaci più utilizzati) ma non sono esenti da rischi. Per questo viene raccomandato un uso non a lungo termine, certamente non superiore alle sei settimane consecutive.
Purtroppo l’utilizzo improprio di questi psicofarmaci è piuttosto frequente, in parte perché i pazienti non seguono le indicazioni del medico, in parte perché gli stessi medici a volte ne sottovalutano i rischi.
Quali sono le benzodiazepine?
Le benzodiazepine rientrano tra i farmaci depressori del sistema nervoso centrale. La loro attività consiste nel legarsi al recettore GABA-A delle benzodiazepine. Questo recettore è in relazione alla modulazione del GABA, vale a dire il sistema dell’acido amminobutirrico, il più importante neurotrasmettitore inibitorio del cervello.
Esistono diverse categorie di benzodiazepine:
- ansiolitici, per la riduzione dell’ansia
- ipnoinducenti, per favorire il sonno
- miorilassanti, utili per aiutare il rilassamento muscolare
- anticonvulsivanti, che limitano le convulsioni
Tipologie di benzodiazepine, princìpi attivi e composti
Il clordiazepossido e poco dopo il diazepam (commercializzato con il nome di Valium) sono state le prime benzodiazepine ad entrare in commercio, all’inizio degli anni ’60. Da allora la ricerca medica è proseguita portando sul mercato una grande quantità di composti benzodiazepinici.
Tutti questi composti differiscono per potenza, ovvero per il tempo necessario all’insorgere degli effetti clinici, durata d’azione inclusa:
- triazolam e lormetazepam hanno una emivita breve, e una durata d’azione inferiore alle 5-6 ore
- il lorazepam è a emivita intermedia, con una durata d’azione di 6-10 ore
- delorazepam e diazepam hanno un’emivita maggiore alle 12 ore
Esistono poi composti che non agiscono sul recettore benzodiazepinico, quanto su recettori correlati. Sono le cosiddette Z-drugs (per esempio lo zolpidem), dotate principalmente di proprietà ipnoinducente con una breve durata d’azione, 1-4 ore.
Per cosa si usano le benzodiazepine?
Le benzodiazepine sono tra i farmaci più utilizzati non solo in contesto psichiatrico, ma più in generale in ambito medico. Le indicazioni cliniche per la prescrizione di questi farmaci sono diverse e possono comprendere:
- ansia e insonnia
- crisi epilettiche
- catatonia, ovvero dissociazione con stati di immobilità “statuaria”
- acatisia, altrimenti detta irrequietezza motoria
- astinenza alcolica
- agitazione in contesto di scompenso psicotico e in caso di assunzione di sostanze psicotrope
Nel breve termine le benzodiazepine sono particolarmente utili per limitare sintomi d’ansia e agitazione (e i disturbi del sonno). Specie nel tempo sufficiente affinché emerga l’efficacia di trattamenti più idonei e in linea teorica curativi. Si pensi ai casi di depressione in concomitanza di sintomi ansiosi, casi in cui le benzodiazepine sono utili durante le prime settimane del trattamento, insieme all’assunzione di antidepressivi. L’efficacia di questi ultimi richiede infatti, prima manifestarsi appieno, dalle 2 alle 4 settimane di trattamento.
Quando si parla di abuso di benzodiazepine?
Per le benzodiazepine le linee guida parlano di uso a breve termine (non superiore alle 6 settimane). Come si è visto, tuttavia, è elevato il numero di pazienti che ne fa un uso cronico, eccessivo e prolungato, ignorando le prescrizioni mediche. Spesso chi assume alte dosi di benzodiazepine assume anche altre sostanze, come l’alcol, andando incontro a rischi elevati, potenzialmente fatali. In tutti questi casi si può parlare di abuso.
Che danni provocano le benzodiazepine? Effetti collaterali e rischi di un uso improprio
L’uso di benzodiazepine è associato a una serie di effetti collaterali, di entità non trascurabile:
- una eccessiva sedazione
- sonnolenza
- amnesia anterograda, termine col quale si intende la difficoltà nel memorizzare informazioni nuove
- difficoltà nella coordinazione dei movimenti: i riflessi rischiano di essere rallentati, e la capacità di guidare macchine e vetture ne risulta alterata
- disorientamento
Con l’aumentare della dose, queste conseguenze si accentuano, e pertanto si definiscono conseguenze dose-dipendenti. Il fenomeno riguarda soprattutto le persone anziane, con metabolizzazione ed eliminazione dei farmaci più inefficace.
I rischi maggiori dell’impiego delle benzodiazepine derivano dal loro utilizzo improprio. L’uso di questi farmaci per periodi prolungati (superiori alle 2 settimane), infatti, può sfociare in uno sviluppo di tolleranza, con la necessità di aumento del dosaggio per ottenere gli stessi effetti clinici. Alla tolleranza si può associare lo sviluppo di dipendenza fisica e, in caso di improvvisa sospensione del farmaco, di sindrome da astinenza.
Quanto dura la crisi di astinenza da benzodiazepine?
L’astinenza da benzodiazepine è legata al dosaggio, all’emivita del composto e al periodo di assunzione: insorge tanto più rapidamente quanto più è rapida l’azione e l’interruzione della cura. Si caratterizza per sintomi quali irritabilità, ansietà, nausea, insonnia, confusione, tremore. Tutti sintomi che solitamente si risolvono entro i trenta giorni.
Abuso di benzodiazepine: cosa fare?
Rivolgersi a uno specialista qualora si sviluppi una dipendenza da benzodiazepine o se ne faccia un uso sregolato è il primo passo per affrontare il problema. Nei casi meno severi, può essere avviato un percorso di progressiva riduzione del dosaggio assunto fino alla sospensione totale del farmaco.
Qualora il disturbo sviluppato sia più grave, il paziente deve essere inserito in un percorso di disintossicazione strutturato, in regime ospedaliero, per consentire al personale medico di assisterlo durante ogni fase del recupero e di intervenire per placare i sintomi dell’astinenza.
Tra le soluzioni di trattamento del problema di abuso di benzodiazepine e di tutti gli aspetti ad esso legati, il ricorso alla psicoterapia è uno strumento essenziale.
Benzodiazepine e abuso. Come prevenirlo?
Le benzodiazepine sono di estrema utilità, in casi specifici e nel breve termine. Vanno tuttavia usati con attenzione, su indicazione e stretto controllo del medico. Non sono, in definitiva, farmaci da automedicazione.
I medici, dal canto loro, dovrebbero seguire un adeguato aggiornamento scientifico, dal momento che molti tendono ancora a sottovalutarne i rischi, e a prescriverli per un tempo eccessivo, ben oltre le dosi terapeutiche.
Le attuali linee guida sottolineano diversi punti chiave:
- sconsigliare l’uso superiore alle sei settimane
- parlare al paziente di proprietà e rischi d’uso improprio
- verificare se il paziente sia a rischio di abuso o abbia abusato di sostanze, alcol incluso
- indicare trattamenti alternativi quali farmaci antidepressivi, oppure percorsi psicoterapeutici per i disturbi che sottostanno ai sintomi ansiosi
- limitare la prescrizione in pazienti d’età superiore ai 65 anni o, se inevitabile, iniziare il trattamento con dosaggi bassi
- in caso di pazienti che abusano di benzodiazepine, riflettere sulla possibilità di un passaggio graduale a un composto a emivita lunga (da lormetazepam a diazepam, per fare un esempio) prima di una graduale sospensione.