Violenza in televisione, ormai è una presenza fissa. Ma la ripetitiva esposizione a immagini brutali o crudeli, in tv, su internet e nei videogame, può generare un disturbo mentale che rappresenta una variante moderna del disturbo post-traumatico da stress
La violenza in televisione è un’abitudine che contagia tutti, a suon di audience evidentemente ma, a partire dalle catarsi di Sgarbi per arrivare alla condivisione delle immagini più crude degli attentati, passando per le serie TV come Gomorra, Game of Thrones e i talk show che trasformano in abitudine il ricorso alla prevaricazione, all’aggressività nella dinamica interpersonale, nulla di tutto ciò fa bene al nostro cervello emotivo.
Anzi: numerosi studi scientifici documentano come vederla violenza in televisione nelle sue varie forme non ci faccia per nulla bene.
Vedere situazioni relazionali di aggressività interpersonale favorisce negli adolescenti episodi e modalità aggressive in un follow up di tre anni . E questo non riguarda solamente persone predisposte ma tutti in generale: è come se familiarizzare con la violenza in televisione la rendesse una scelta emotiva più facile da prendere. Questo sembrerebbe essere specifico per vari tipi di violenza: relazionale, fisica. È come se la televisione ed i media fossero parte integrante dell’ambiente condiviso, fonte di apprendimento di regole e comportamenti sociali. Ed è importante proprio la qualità di quello che guardiamo perché il guardare la televisione, in termini generali di tempo speso, non sembrerebbe essere associato a esiti negativi sul comportamento nella vita vera, reale.
Nella società di oggi, dove ostilità, egocentrismo, diffidenza, caratterizzano molte delle nostre dinamiche interattive, ci sarebbe da chiedersi quali potenziali effetti benefici di una televisione ” virtuosa” stiamo perdendo come opportunità di crescita per tutti noi ma soprattutto per i nostri figli.
La ripetitiva esposizione a immagini violente, in ogni forma di media format ( dalla TV ai social, passando dai video games) porterebbe, secondo alcuni studi, a una forma di “postmodern stress disorder“, una nuova categoria diagnostica, una variante moderna del disturbo post-traumatico da stress, condividendo con esso una sopra stimolazione dell’amigdala, la nostra centrale operativa emotiva e una riduzione della normale funzione inibitoria, regolatoria, della corteccia orbitofrontale cingolata, quella deputata alla comprensione delle emozioni. Si tratterebbe di micro traumatismi che produrrebbero effetti devastanti proprio come i macro traumi in chi ha vissuto il Vietnam e altre guerre.
Un altro elemento caratterizzante di questo disturbo sembrerebbe essere lo sviluppo di idee fisse, quasi deliranti, circa l’essere vittima di bullismo, perseguitato in qualche modo, oppresso, la ricerca smodata di una legittima autodifesa con armi, ma cosa che renderebbe ancora più grave il cocktail di alterazioni psico-biologiche esplosivo, la perdita del controllo degli impulsi. Alcuni autori suggeriscono che siano queste caratteristiche a poter spiegare certi omicidi e suicidi altrimenti inspiegabili.