La psicoterapia è stata spesso paragonata a un viaggio. Freud invitava i pazienti a descrivere la propria vita come se la osservassero dal finestrino di un treno. Jung paragonò l’analisi – e, più in generale, la vita – a un viaggio costellato da esperienze e figure ricorrenti (gli archetipi). E molti di coloro che iniziano una terapia riportano sogni che hanno a che fare con mezzi di trasporto e mete imprecisate.
“Dunque, mi dica tutto quello che le viene in mente. Si comporti, tanto per dire, come un viaggiatore seduto al finestrino in treno che descrive a qualcuno, dentro lo scompartimento, il mutevole paesaggio che vedere all’esterno”. Fu Sigmund Freud il primo ad accostare il complesso percorso dell’analisi a un viaggio. Dopo di lui furono in tanti a usare la stessa metafora. Per esempio Irvin Yalom, psichiatra e psicoterapeuta statunitense, ha più volte sostenuto nei suoi libri che “una ‘buona’ terapia condotta con un ‘buon’ paziente è fondamentalmente un viaggio avventuroso alla ricerca della verità”. La psicoterapia è spesso descritta come un “percorso” e condivide molti aspetti con l’esperienza del viaggio: a volte appare come un bisogno che deve essere affrontato anche senza una meta precisa, altre volte emergono fatiche e risorse impreviste per quanto ben programmata sia l’esperienza. Inoltre, quello che “ci si porta a casa”, tanto nella terapia quanto nel viaggio, va molto al di là di un oggetto concreto (un souvenir, la risoluzione di un sintomo), ma ha più a che fare con un’esperienza nuova, insolita, con una modalità di vivere non sperimentata nel passato.
Il viaggio dell’eroe
Il fondatore della psicologia analitica, lo psichiatra svizzero Carl Jung, suggerì che i racconti mitici dei viaggi iniziatici, come quelli di Marco Polo, Ulisse o Ercole, possono essere intesi come espressioni simboliche di un processo di trasformazione psichica che tutte le persone sono costrette a fare durante la loro vita. Jung chiamò questo processo come il viaggio dell’eroe o “processo di individuazione”, che si articola in una successione di tappe. Ogni passaggio è simboleggiato da un archetipo, cioè una figura chiave che ricorre nei miti e nelle fiabe proprio per rappresentare queste fondamentali esperienze umane. Nella prima fase del Viaggio l’Io deve innanzitutto “strutturarsi” per imparare a vivere nella realtà in cui si trova: dovrà quindi acquisire fiducia in sé (archetipo dell’Innocente), autonomia e senso pratico (l’Orfano), coraggio e intraprendenza (il Guerriero), rispetto di sé e degli altri (l’Angelo Custode).
Nel viaggio vero e proprio lo scopo è sperimentare, trovare fuori, nella vita, quello che è mancato nella famiglia di origine per poi costruirsi una nuova famiglia migliore. Le domande a cui dobbiamo dare risposta sono quelle che permettono di conoscere se stessi: “Chi sono?”, “Da dove vengo?”, “Dove voglio andare?”, “Qual è il mio scopo?”. Quando sentiamo il desiderio di conoscere il senso della nostra vita, quando aspiriamo a incontrare il nostro destino, quando siamo pronti ad entrare in contatto con ciò che non conosciamo, inizia il Viaggio.
L’esplorazione e il ritorno
Quando riusciamo a staccarci dal conosciuto e a esplorare il mistero nei suoi vari aspetti, iniziamo a cercare qualcosa di ineffabile e ad aspirare a qualcosa che ci trascende (è l’archetipo del Cercatore), impariamo a instaurare relazioni d’amore (l’Amante), a liberarci da quello che non ci serve più, lasciando andare i pesi ingombranti e inutili che ci trasciniamo dietro e distruggendo ciò che ci ostacola (il Distruttore) e impariamo a creare quello che veramente vogliamo (il Creatore).
Il “Ritorno” è il ritorno a se stessi, la costruzione del proprio regno così come lo vuole la propria anima: significa compiere il proprio destino, realizzare tutte le potenzialità che ci sono state date, metterle a frutto per noi e per gli altri. Lo scopo di questa fase della vita è costruirsi il proprio “Regno” e diventare Re e Regine: è importante gestire il lavoro, il denaro e le relazioni con giustizia, ordine e benevolenza (il Sovrano), sapendo cogliere i sottili e invisibili legami tra tutto ciò che esiste (il Mago), sviluppando la consapevolezza che la realtà è un’illusione (il Saggio), senza perdere la capacità di godere pienamente e prendere ogni cosa come un gioco (il Folle).
Sogni di viaggio
Il viaggio compare spesso nei sogni che i pazienti raccontano subito dopo aver cominciato una terapia, e anche quando il contenuto del sogno non può essere compreso nella sua totalità, con il proseguire dell’analisi ci si accorge che spesso rappresentava in modo molto calzante il mondo interno del paziente che si approcciava al percorso di cura.
Ecco alcuni esempi di sogni riportati all’inizio della terapia:
“Ero su una nave che viaggiava verso Oriente. Percorreva un fiume ampio e ghiacciato, pieno di persone che facevano comunque il bagno, e sembravano divertirsi. Io ero preoccupato dall’idea di schiacciare qualcuno, rovinando così lo scafo, affondando così la nave. In mare aperto calavamo le reti e pescavamo un sarcofago: dentro il sarcofago c’era una mummia, ma stranamente non mi spaventava”.
“Dovevo incontrare un dietologo. Era stato difficile ottenere un appuntamento, sapevo che era molto competente e preciso. Ma il traffico era stranamente convulso, dovevo frenare di continuo, credevo di riconoscere la zona dove mi trovavo, ed ero sempre convinta che la traversa dove svoltare si trovasse a pochi minuti, ma poi mi trovavo sempre disorientata. Il tempo correva, mancavano pochi minuti all’appuntamento ma non perdevo la speranza di potercela fare. All’improvviso dal finestrino vedevo alcune persone che trascinavano una statua per una installazione: era una formica, realistica ma gigantesca”.
“Prendevo un autobus e mi sembrava che l’autobus si mettesse in viaggio: ma all’improvviso mi accorgevo che non ero partita affatto, ero al punto di partenza. Frustrata scendevo e tornavo a casa: in camera da letto c’era uno scarabeo sulla parete, con le ali azzurre, luminescenti”.
Questi sogni, anche se apparentemente molto differenti come scenario e tonalità emotiva, rappresentano con grande chiarezza le sensazioni di dirigersi verso qualcosa di lontano e ignoto, oppure di fare un’esperienza nuova e a volte sconcertante dei luoghi quotidiani che spesso accompagnano l’inizio di una psicoterapia, molto simili a quelle che si sperimentano all’inizio di un viaggio vero e proprio.