Spesso immaginiamo il cervello umano come un unico organo responsabile di tutte le funzioni cognitive e comportamentali. Sarebbe più opportuno pensare, invece, a un sistema complesso suddiviso in regioni, ognuna con funzioni specifiche sviluppate in diverse fasi evolutive. Tra queste, la più antica è il cosiddetto cervello rettiliano o rettile.
È quanto sostiene la teoria elaborata da Paul MacLean (1913-2007), medico neuroscienziato statunitense che, nella sua lunga opera di ricerca, ha descritto il cervello come una struttura tripartita (triune brain) in
- cervello rettiliano
- cervello limbico
- neocorteccia.
Questa teoria è stata poi superata dagli sviluppi delle neuroscienze, ma offre comunque una prospettiva affascinante, da analizzare e studiare. Che cos’è esattamente il cervello rettiliano e quale funzione svolgerebbe nella nostra vita quotidiana? Scopriamo in dettaglio questa parte del cervello, le sue origini, le sue funzioni e come influisce sul nostro comportamento.
Che cos’è il cervello antico o cervello rettiliano?
Per comprendere il cervello rettiliano, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino alle origini della nostra evoluzione come specie. Questo strato del cervello, che trae il suo nome dalla somiglianza con il cervello dei rettili, è la parte più primitiva del nostro sistema nervoso e si è sviluppata per prima, più di 500 milioni di anni fa.
Che funzione ha il cervello rettile?
La funzione primaria del cervello rettiliano è quella di garantire la sopravvivenza attraverso una serie di meccanismi istintuali e comportamenti automatici. In questa regione cerebrale risiedono i nostri istinti di sopravvivenza e i bisogni di base (alimentazione, sonno, riproduzione sessuale). Questi istinti sono i pilastri su cui si fonda gran parte del nostro comportamento quotidiano, anche se spesso agiscono in modo subconscio, senza che ne siamo pienamente consapevoli.
Uno dei sistemi principali gestiti dal cervello rettiliano è quello dei confini personali. Questo sistema ci aiuta a stabilire il nostro spazio vitale e a difenderlo dagli intrusi. È la ragione per cui, quando ci sentiamo minacciati o in pericolo, reagiamo istintivamente per proteggerci.
Di fronte a una minaccia, il cervello rettiliano entra in azione con una serie di risposte istintive note come le 4F:
- fight (combattimento): se il pericolo è percepito come una minaccia diretta, il nostro corpo può reagire prontamente con l’istinto di combattere. È la risposta dell’aggressione
- flight (fuga): se il pericolo sembra troppo grande per essere affrontato, il cervello rettile ci spinge a fuggire dalla situazione pericolosa, cercando sicurezza altrove
- freezing (blocco): in situazioni estreme, il cervello rettiliano può causare una reazione di immobilizzazione, facendoci restare immobili ma pronti a elaborare una risposta
- fainting (svenimento): quando ci troviamo in una situazione in cui non possiamo sfuggire né combattere, il cervello rettile può innescare in noi uno “spegnimento” temporaneo. Si tratta della reazione che insorge tipicamente nel caso di episodi traumatici, in cui si sperimenta spesso la dissociazione.
Dove si trova il cervello rettiliano?
Il cervello rettiliano è situato nel diencefalo, mesencefalo e nella prima parte del telencefalo, in corrispondenza del tronco encefalico.
Come funzionano i 3 cervelli?
Come abbiamo visto, il cervello rettiliano è il più antico delle tre aree cerebrali e la sua funzione è quella di assicurare l’istinto di sopravvivenza. Questa parte dell’encefalo è responsabile delle risposte immediate al pericolo, come il combattimento o la fuga, e gestisce anche i nostri istinti di base. Le sue reazioni sono spesso istantanee e avvengono al di fuori del nostro controllo conscio.
Il cervello limbico o mammifero, sviluppato tra i 300 e i 200 milioni di anni fa, è invece la sede delle emozioni e delle relazioni interpersonali. È la regione cerebrale che guida la nostra capacità di stabilire connessioni con gli altri e di comprendere le loro emozioni. All’interno del sistema limbico, troviamo sistemi motivazionali interpersonali che guidano il nostro comportamento sociale, l’esperienza emotiva associata e la rappresentazione di sé nell’incontro con l’altro: influenzano il modo in cui ci rapportiamo agli altri e le emozioni legate a queste dinamiche.
La neocorteccia è la parte più recente del nostro cervello dal punto di vista evolutivo, risale a circa 200 milioni di anni fa, ed è ciò che ci distingue maggiormente dagli altri animali. Questa area è coinvolta in funzioni cognitive avanzate, come il pensiero razionale, il senso del tempo, il linguaggio e la coscienza di sé, che permettono di compensare e riequilibrare le spinte istintive ed emozionali.
La neocorteccia ha infatti la capacità di controllare i livelli sottostanti. Ci permette di attribuire significato alle nostre esperienze e di condividerle attraverso la narrazione. È qui che creiamo storie su noi stessi: su ciò che amiamo, su ciò che ci spaventa, su cosa desideriamo dalla vita. Questa capacità di dare significato è fondamentale per la costruzione della nostra identità e delle nostre relazioni.
Origine | Funzione | Caratteristiche | |
---|---|---|---|
Cervello rettiliano | Più di 500 milioni di anni fa | Garantisce l’istinto di sopravvivenza e i bisogni di base | È responsabile delle risposte istintive e inconsce, come quelle al pericolo |
Cervello limbico/mammifero | Tra 300 e 200 milioni di anni fa | Controlla le emozioni e le relazioni interpersonali | Consente di stabilire connessioni con gli altri e di gestire le emozioni associate |
Neocorteccia | Circa 200 milioni di anni fa | Presiede a funzioni cognitive avanzate (pensiero razionale, senso del tempo, linguaggio, coscienza di sé). Controlla i livelli sottostanti (istinti ed emozioni) | Permette di attribuire significato alle esperienze e di condividerle, è fondamentale per costruire l’identità personale e le relazioni |
L’interazione tra i tre cervelli
I tre cervelli non funzionano in isolamento, ma interagiscono costantemente. Per questo è possibile parlare di un cervello uno e trino. Ad esempio, quando percepiamo una minaccia (attivando il cervello rettiliano), potremmo sperimentare emozioni di paura o rabbia (coinvolgendo il cervello limbico) e poi elaborare razionalmente come rispondere (tramite la neocorteccia). Questa interazione complessa influenza ogni aspetto della nostra vita, dalle nostre reazioni emotive alle decisioni quotidiane.
Cosa ci insegna la teoria dei tre cervelli?
Nel corso degli anni, a seguito degli ulteriori progressi delle neuroscienze, la teoria dei tre cervelli è stata considerata superata. Ci consegna tuttavia un lascito significativo: una prospettiva per comprendere meglio la complessità del nostro sistema nervoso e come questo influenzi il nostro comportamento. Ci si potrebbe illudere che il pensiero razionale (la neocorteccia) abbia il controllo completo delle nostre azioni, mentre è importante ricordare che il cervello rettiliano e il cervello limbico svolgono ruoli altrettanto essenziali nella nostra vita quotidiana. Essi plasmano le nostre risposte istintive, le nostre emozioni e le nostre relazioni.
La consapevolezza dell’interazione tra i tre livelli può aiutarci a capire meglio le dinamiche alla base della nostra psicologia. Comprendere le caratteristiche di ciascuna sfera del cervello è fondamentale per gestire le nostre reazioni, prendere decisioni più consapevoli e, in ultima istanza, vivere una vita più equilibrata.
Per esempio, nel caso di vissuti traumatici che riemergono e si ripercuotono sulla quotidianità, prendere coscienza delle implicazioni tra i diversi gradi della mente umana e sapere come sfruttarle a proprio vantaggio diventa uno strumento di cruciale importanza. Pensiamo a un approccio psicoterapeutico come l’EMDR, che favorisce una migliore concertazione tra i diversi “cervelli”.
(25 Ottobre 2024)