La rape culture o cultura dello stupro è un concetto che ormai da tempo ricorre nel dibattito pubblico, complice l’attenzione sempre maggiore sul tema della violenza di genere.
Ma qual è il significato esatto di questa espressione?
Con il termine rape culture si descrive una realtà in cui l’abuso e la violenza sessuale nei confronti delle donne sono diffusi e normalizzati sulla base di un modello culturale che legittima – e incoraggia persino – l’indole predatoria e l’aggressività sessuale degli uomini.
Approfondiamo le origini e le implicazioni di questo paradigma culturale nella società attuale e l’importanza di scardinarne i meccanismi.
L’origine dell’espressione
La rape culture è un costrutto sociologico che ha iniziato a circolare a partire dagli anni Settanta, grazie al movimento femminista di seconda ondata negli Stati Uniti.
Tra le prime a utilizzare questa definizione, nel 1975, vi fu la regista e produttrice statunitense Margaret Lazarus nel suo documentario Rape culture, incentrato sulla rappresentazione della violenza sessuale nel mondo del cinema, della musica e dell’arte in generale. Negli stessi anni, la riflessione sul tema dello stupro, e in particolare la sua identificazione come espressione del potere maschile sul corpo femminile, venne ripresa nel libro Against our will: men, women and rape di Susan Brownmiller.
Una formulazione più dettagliata del concetto di rape culture fu fornita, agli inizi degli anni Novanta, da Pamela Fletcher, Emilie Buchwald e Martha Roth nel volume Transforming a rape culture, in cui venivano messe a fuoco le implicazioni profonde di questo sistema culturale e comportamentale. Ne emergeva il ritratto di una società in cui le donne sono vittime di una minaccia costante, dai commenti a sfondo sessuale alle molestie fino all’abuso, soggiogate a un terrorismo psicologico e fisico in cui la violenza sessuale è percepita come “un fatto della vita”, inevitabile.
Perché si parla di rape culture?
Sottesa al concetto di cultura dello stupro vi è dunque l’idea per la quale la violenza sulle donne, lungi dall’essere un fenomeno isolato, è l’espressione di un modello culturale sistemico.
Parlare di rape culture non significa far riferimento esclusivo allo stupro, ma anche all’insieme di condotte e pratiche che ruotano attorno ad esso e alimentano un contesto socioculturale che favorisce il verificarsi e il reiterarsi dello stupro stesso. Dal linguaggio misogino al catcalling all’oggettivazione del corpo femminile fino al victim blaming (colpevolizzazione della vittima) e allo slut shaming (stigmatizzazione della libertà sessuale femminile).
Fenomeni che si perpetuano anche laddove dovrebbero essere più contrastati, come in ambito giudiziario e mediatico. Basti pensare a come, tanto nei salotti televisivi quanto nelle aule di tribunale, la narrazione dei casi di violenza sessuale sia inesorabilmente legata a considerazioni sull’abbigliamento o sul comportamento della vittima, quasi a voler trasferire su di lei la responsabilità dell’accaduto.
Perché c’è il mito dello stupro?
Il mito dello stupro è una credenza fondata su stereotipi e pregiudizi, che contribuisce spesso a giusticare il comportamento degli aggressori e mettere in dubbio la credibilità delle vittime di violenza sessuale. Si tratta di un riflesso della cultura patriarcale e delle disuguaglianze di genere che questa porta con sé, a partire da un’immagine femminile stereotipata.
Alla luce di questo, uno stupro può essere definito tale solo a determinate condizioni, che non prendono in causa le colpe dell’aggressore ma piuttosto l’aspetto e la condotta della vittima. La donna aggredita non deve essere abbigliata in modo provocante, deve avere costumi sessuali morigerati, deve opporsi con tutte le sue forze alla violenza e denunciare immediatamente l’episodio subito. Deve, insomma, conformarsi a un ruolo predefinito socialmente accettato.
Che psicologia ha lo stupratore?
La psicologia dello stupratore è complessa e non può essere ridotta a un singolo profilo. Tuttavia, gli studi indicano che molti aggressori commettono atti di violenza sessuale non per soddisfare un desiderio sessuale, bensì per esercitare il proprio dominio sulla vittima. Questo comportamento – ancora una volta – nasce nell’ambito di un patriarcato che valorizza l’egemonia maschile e la sottomissione femminile, creando un ambiente in cui la violenza sessuale può essere giustificata o addirittura ammessa.
Gli aggressori possono avere provenienze sociali e personalità differenti, ma molti condividono tratti comuni come il narcisismo, l’aggressività e la mancanza di empatia. Queste caratteristiche disfunzionali si accompagnano spesso a convinzioni distorte sul sesso e sulle relazioni. Convizioni rinforzate da messaggi culturali che promuovono l’idea che gli uomini debbano essere dominanti e aggressivi, specialmente in rapporto alle donne, e che la violenza sia un modo accettabile per ottenere ciò che si vuole.
Come non colpevolizzare le vittime di violenze?
Per evitare la colpevolizzazione delle vittime, è essenziale cambiare il modo in cui la società parla e pensa alla violenza sessuale.
Questo vuol dire decostruire i miti dello stupro, educare la popolazione sul consenso e sul rispetto reciproco e sostenere le vittime senza metterne in dubbio l’attendibilità. Non solo: lavorare sulla rappresentazione che i media e il sistema giudiziario propongono delle vicende di violenza sulle donne e lavorare per eliminare pregiudizi dannosi.
Un cambiamento significativo può avvenire solo con un’operazione strutturata di educazione e sensibilizzazione, che veda schierate scuole, università e la comunità tutta.
Inoltre, è fondamentale che le vittime di violenza ricevano aiuti e risorse adeguate, come l’accesso a servizi di assistenza legale e sostegno psicologico.
Perché è importante capire cosa è la rape culture?
Comprendere la rape culture è fondamentale per riconoscere e contrastare le dinamiche di potere che permettono alla violenza di genere di persistere. Identificare il problema è il primo passo per indurre un cambiamento sociale che protegga le vittime e prevenga future aggressioni. Educare se stessi e gli altri su questi temi è essenziale per costruire una società più giusta e sicura.
La consapevolezza in merito alla rape culture può portare a un cambiamento nelle politiche e nelle procedure giudiziarie, ispirando per esempio la creazione di leggi più severe contro la violenza sessuale e favorendo un migliore trattamento delle vittime durante i processi.
(29 Dicembre 2023)