Abbiamo intervistato la dottoressa Rossella Bencivenga, psicoterapeuta di Santagostino Psiche, sul tema della famiglia disfunzionale. Scopriamo insieme a lei cosa sono, quali sono gli effetti sulla salute mentale e come affrontare le ferite che lasciano questo tipo di famiglie.
Al di là del senso comune, cosa si intende esattamente con “famiglia disfunzionale”?
Una famiglia disfunzionale è una famiglia le cui funzioni non sono assolte per garantire l’evoluzione sana di tutti i suoi membri.
L’aggettivo “disfunzionale” descrive molteplici processi sia sul piano intrapsichico che interpersonale e caratterizza l’insieme delle relazioni tra i membri che tendono a bloccare, annullare e danneggiare la crescita fisiologica del sistema familiare nel suo ciclo di vita.
Tra esse le più comuni attengono: ai piani della conflittualità e della incomunicabilità, della scarsa sintonizzazione con i bisogni emotivi ed affettivi reciproci, del rispetto/gestione dei ruoli e dei confini, dell’adeguatezza e della flessibilità degli strumenti educativi e di riconoscimento e validazione della propria identità psicologica, della fragilità psichiatrica, dell’aggressività, della violenza e dell’abuso fisico e psicologico e non ultimo della scarsa capacità di protezione dei sottosistemi e dei singoli membri.
Quali sono le differenze tra una famiglia funzionale ed una famiglia disfunzionale?
La famiglie che “funzionano” sono le famiglie in cui la storia e il processo che ha caratterizzato il ciclo di vita familiare hanno permesso una crescita psicofisica sana dei suoi membri e nelle quali i passaggi evolutivi hanno consentito di ristrutturare efficacemente confini e ruoli in modo flessibile e permeabile.
La disfunzione familiare non è sinonimo di “a-criticità” poiché la crisi, in senso psicologico, rappresenta una condizione indispensabile al cambiamento ed è proprio la capacità di far fronte alla disorganizzazione del sistema familiare che avviene nei passaggi da uno stadio evolutivo all’altro e quindi la possibilità di attingere alle proprie risorse per far fronte all’evento critico che mette alla prova la “funzionalità” del sistema o che degenera in disfunzionalità.
Durante il ciclo vitale di una famiglia, gli “eventi critici” siano essi attesi scelti e non (es.nascita, matrimonio, trasloco…) che inattesi (es. divorzio, malattia, morte … ) e/o imprevedibili sono sentiti dal sistema familiare e dai suoi membri come “stressor” che agiscono nel generare la tensione necessaria a richiamare tutte le risorse e le abilità necessarie per analizzare la nuova situazione, elaborare nuovi modelli di funzionamento e gestire la situazione attuale. Una famiglia disfunzionale si differenzia dalla funzionale se le risorse e gli strumenti disponibili al fisiologico cambiamento non sono in qualche modo “sufficienti” o in alcuni casi del tutto assenti, per la promozione della crescita “sana” dei suoi membri generando gravi conseguenze e danni a tutto il sistema familiare.
Cosa significa crescere in una famiglia disfunzionale?
Crescere in una famiglia disfunzionale significa in generale sperimentare e quindi apprendere dei modelli cognitivi, emotivi e relazionali patogeni.
L’esito di un’esperienza di crescita in una famiglia disfunzionale ha molteplici possibilità la cui gravità si può esplicitare in diversi momenti della crescita e della realizzazione di membri, con conseguenze anche molto gravi nel presente e nel futuro. In senso generale la disfunzionalità di una famiglia spinge il sistema e i suoi membri a generare un omeostasi patologica, un equilibrio che garantisce la vicinanza dei membri come unica possibilità di sopravvivenza al “caro prezzo” di un blocco dello sviluppo, del cambiamento e della crescita autentica.
Apprendere che per “sopravvivere” alla crisi e alla disorganizzazione emotiva e relazionale propria di ogni condizione critica anche fisiologica, ad esempio, è necessario fare compromessi con i propri bisogni e i propri desideri più autentici e “sacrificare” o “deprimere” delle parti vitali, significa reiterare tale modello nelle proprie scelte e nei propri processi di vita e di relazione, sperimentando colpa, rabbia e frustrazione se tale condizione non è confermata e riconosciuta come di valore nelle esperienze “altre” dalla famiglia, definendo difficoltà nella gestione dei propri processi di sviluppo della propria identità.
Come capire se si vive in una famiglia “tossica”? Esiste un test?
Valutare la funzionalità/disfunzionalità familiare è indispensabile quando si incontra una domanda di aiuto poiché necessaria a fare ipotesi non solo diagnostica ma anche prognostica delle risorse del contesto e della storia di vita del paziente e orienta significativamente la tipologia di trattamento e di intervento clinico efficace alla presa in carico. Molteplici sono le valutazioni cliniche che individuano aree di disfunzionalità familiare sia per quanto concerne la qualità degli strumenti che le potenziali risorse non riconosciute ed utilizzate dal sistema familiare. Purtroppo va sottolineato che l’apertura ad una riflessione sul funzionamento familiare, malgrado la sofferenza e la tossicità che spesso è percepita e riconosciuta dai membri del sistema, non sembra giungere in consultazione sino a quando non vi è una necessità sintomatologica e le attività di prevenzione in tal senso risentono di un bias sociale e culturale in cui la famiglia sembra essere ancora dogma e luogo in cui si “lavano i panni sporchi” con la scarsa consapevolezza di comprendere dove “scarica” l’acqua che permette tale lavaggio.
Quali sono gli effetti psicologici a lungo termine di una famiglia disfunzionale?
Non è possibile non subire alcun effetto a breve, medio e lungo termine in termini psicologici se si vive in una dinamica familiare disfunzionale.
Le dinamiche esplicite ed implicite che si attivano nei legami tossici, con particolare riferimento a quelli di sangue, hanno sempre effetti negativi sullo sviluppo e sulla crescita dei membri e sono spesso associate allo sviluppo di sintomi psicopatologici. Le domande di aiuto che spesso gli psicoterapeuti intercettano giungono dai cosiddetti “pazienti designati” ovvero coloro che si rendono portatori di un disagio che non è detto attenga alla propria fragilità psicologica ma alla necessità di “sbloccare” o modificare la dinamica del sistema in cui i membri, in un’ottica di causalità circolare e non lineare, sono al tempo stesso sia prigionieri che secondini della sofferenza familiare. La maggioranza dei disturbi si evidenziano nelle fasi evolutive più critiche del ciclo vitale di una famiglia (come la nascita dei figli o il processo di svincolo, separazione ed individuazione dei figli adolescenti) ed in base ai modelli perpetrati all’interno della dinamica familiare e alla capacità di ogni membro di rispondere ai compiti di sviluppo che la fase prevede, il fallimento delle strategie attuate spesso detona sintomi quali: ansia e senso di inadeguatezza, episodi depressivi lievi e moderati, dipendenza in ogni forma, disturbi alimentari, autolesionismo fino all’ ideazione e alla progettazione suicidaria.
In che modo una famiglia disfunzionale può influenzare le relazioni future?
Si tende a dire che le relazioni del futuro sono l’esito delle esperienze relazionali del passato, ed è non lontano dal vero anche in senso clinico, ma va detto che ogni relazione può divenire creativa e trasformativa se ri-conosciuta e ri-narrata in un processo di consapevolezza.
Una famiglia disfunzionale rappresenta un imprinting patogeno ma non è una “condanna” a ripetere e reiterare il modello appreso se si ridefiniscono i termini della sofferenza che esso ha generato e si riparano i legami significativi che lo condizionano .
La famiglia rappresenta il luogo di apprendimento primitivo in cui facciamo esperienza del legame cognitivo ed affettivo con l’altro diverso da noi, ma è possibile se ri-conosciamo la nostra storia, mutare la nostra posizione nelle relazioni dall’impotenza di ciò che è familiare e che ci ha condizionato alla “potenza” della possibilità di essere altro, di ridefinire un’identità ed un senso del sé autentico.
Quando ha senso allontanarsi dalla famiglia di origine?
Separarsi dalla famiglia d’origine in modo sano e funzionale rappresenta uno dei momenti più complessi per l’evoluzione del ciclo di vita familiare poiché si chiede al sistema di ristrutturarsi per permette uno svincolo ed un’individuazione dei membri offrendosi al contempo come trampolino di lancio per il futuro e porto sicuro presso cui poter tornare al bisogno. Quando i termini delle dinamiche familiari però sono disfunzionali in senso molto grave e profondo al punto da minacciare la sopravvivenza fisica e psicologica dei membri di cui invece il sistema ha il dovere di prendersi cura, accudire e proteggere, è assolutamente necessario “recidere” (talvolta in emergenza) il legame con la famiglia e solo successivamente sarà potenzialmente possibile lavorare sul “ricucire” il taglio e riparare la ferita connessa ad esso, tentando di ripristinare un contatto non patologico e sostenere il sistema familiare nel processo di cambiamento ed evoluzione. Sono i casi in cui la convivenza, la vicinanza e l’espressione dei legami di appartenenza familiare sono caratterizzati da abusi, maltrattamenti, discuria ed incuria su molteplici livelli.
Quali strategie possono aiutare a guarire dalle ferite di una famiglia disfunzionale?
Il primo passo per guarire dalle ferite di una famiglia disfunzionale è riconoscere che malgrado la propria appartenenza al sistema familiare è possibile ridefinire la propria responsabilità senza sentirsi incastrati in una dinamica colpevoli/ vittime, restituendo ad ogni membro il proprio posto nella storia, riconoscendone limiti e risorse. Il secondo passo è rendersi disponibile ad esplorare la propria libertà di scegliere di divenire l’adulto che avrebbe voluto avere accanto nella propria crescita, la potenzialità di fare scelte nuove e differenziate anziché restare “intrappolato” nella trama di quanto si è sperimentato nel passato. I passi successivi possono avere sfumature emotive molto soggettive rispetto alle dinamiche disfunzionali che si sono vissute e il tempo della guarigione riflette in modo direttamente proporzionale la gravità dei livelli di disfunzionalità oltre che la capacità di resilienza del membro che approccia al cambiamento.
Avviare un processo psicoteraputico con l’obiettivo di essere accompagnati in modo professionale per scovare le strategie più adeguate per guarire dal “marchio di fabbrica” della disfunzionalità familiare rappresenta una scelta molto efficace.
(17 Luglio 2024)