“È una cosa singolare, credo. Nel mio paese di nascita ho trascorso solo cinque anni, il periodo delle elementari, il dieci per cento circa della mia esistenza. Sono nato, sono emigrato in Germania, sono rientrato, giusto il tempo della scuola elementare, e poi via, un’altra volta, con biglietto di sola andata. Eppure il legame che sento per quella terra è forte. Mi sono chiesto spesso a cosa sia dovuto. Culturalmente mi sono formato altrove, grossi legami di parentela non ne ho, le amicizie sono soltanto un caro ricordo dell’infanzia. Odori, sapori, sensazioni, questi sì, sono presenti e vivi. Ma tutto il resto è sfumato, i ricordi sono andati, i nomi dei compagni di scuola dimenticati, pochi episodi ancora impressi nella mente, ma troppo poco per poter spiegare questo legame. O forse è solo l’incapacità di stabilirne di nuovi, di radicarsi in una nuova realtà, che scambio per un attaccamento morboso alla mia terra natia.”
Cosimo
Risponde Alessia Ricci, psicoterapeuta del Centro Medico Santagostino
Di interrogarsi sulla propria storia non si smette mai. Anzi, proprio quando iniziamo ad incorniciarla e a tradurla in parole che ci appartengono e sintetizzano ciò che di conosciuto c’è nel racconto della nostra vita, ecco affiorare dettagli e ricordi che sembrano appartenere a un’altra memoria.
Gli esseri umani sono portati alla continua ricerca di sensi e significati da attribuire al loro modo di abitare il mondo e farne esperienza. Così, quando raccontiamo una storia, o anche solo un piccolo pezzo, diamo forma al nostro vissuto ricollocando fatti, ricordi e personaggi nel fluire della narrazione.
Aver vissuto in un luogo, anche per poco tempo, entra a far parte della nostra storia e quindi della nostra identità. In ogni spazio di vita si costruiscono relazioni con gli altri, si modellano rappresentazioni e si collezionano ricordi che vengono immagazzinati all’interno della memoria a lungo termine. Questa memoria, anche detta episodica o autobiografica in quanto si riferisce a specifici eventi ed esperienze della vita di ognuno, contiene informazioni spazio-temporali che definiscono il “dove” e il “quando” si è formato il ricordo. Una sorta di memoria “personale”, unica e inimitabile. Una memoria che comincia a svilupparsi intorno ai 4-5 anni, quando cioè cominciamo a padroneggiare il linguaggio, ovvero intorno all’età in cui Cosimo racconta di essere rientrato in Italia. È per questo che odori, sapori e molte altre sensazioni anche lontane nel tempo tornano alla mente, vivide come allora, perché protagoniste del romanzo personale.
Il radicamento alla terra, specialmente a quella natia, costituisce il primo scenario su cui allestire la trama della nostra narrazione. Se immaginassimo di scrivere il primo capitolo della nostra storia probabilmente partiremmo proprio da lì, dove tutto è iniziato, dalle prime memorie, dai primi episodi vissuti, dalle prime percezioni di noi stessi e del mondo.
Nel lungo e complesso percorso che porta alla costruzione dell’identità personale diventa fondamentale il legame con quelle coordinate geografiche che, per prime, ci hanno ancorato a un luogo dapprima solo fisico, poi intrapersonale (cioè dentro di noi) ed infine interpersonale (nelle relazioni con gli altri).
Proprio perché questo legame va oltre qualsiasi riferimento di spazio o di tempo, ci appartiene imprescindibilmente; possiamo aver viaggiato molto, aver considerato “casa” molti luoghi e lasciato un pezzetto di noi nei tanti territori esplorati ma, proprio come racconta Cosimo, il sentimento che ci lega alle origini è presente e intenso più che mai. Quando, per circostanze di vita o per assecondare il bisogno di essere cittadini del mondo, si preparano le valigie e si abbandonano i luoghi cari e familiari, necessariamente si lascia anche una parte di sé, un frammento della propria persona che continua a vivere in quegli stessi ricordi. Diventa comprensibile, pertanto, percepire la nostalgia e sentire la mancanza di quella parte di sé.
Ma il legame viscerale che unisce ogni individuo alla sua terra natia non preclude né rende difficile l’attaccamento affettivo con altri ambienti; semmai, con la sua presenza rassicurante, fa da base sicura da cui partire per percorrere tutti gli altri sentieri.
A volte questo legame, riportando nel passato, può far sembrare le nuove sfide ardue ed ostili per il senso di estraneità che trasmettono. Ma solo mantenendo il sottile intreccio di fili che ci ancorano al nostro inizio nel mondo è possibile sentirsi meno soli e disorientati nel difficile compito di abitarlo e conoscerlo o, più semplicemente, conquistarne un piccolo angolo.
(20 Settembre 2017)