L’allungamento della vita media e degli anni in salute della popolazione ci impone un approccio completamente nuovo nei confronti degli anziani. Investire su maggiori opportunità di partecipazione alla vita della comunità non produce solo un vantaggio per la qualità della vita della persona, ma anche per la famiglia e la società intera.
Il mito dell’eterna giovinezza è da sempre suggestione di antiche leggende e capolavori letterari. Da Faust, che vende l’anima a Mefistofele pur di rimanere giovane, fino a Indiana Jones che va alla ricerca del Santo Graal, gli esseri umani hanno da sempre tentato di combattere l’invecchiamento mantenendo lo stato di efficienza fisica e mentale che caratterizza la giovinezza. Ma se in antichità invecchiare in salute era un miraggio per cui si ricorreva a pozioni e rituali, oggi la scienza ci viene incontro: viviamo sempre più a lungo e sappiamo che alcune abitudini e accorgimenti possono avere un ruolo determinante per farlo in salute. Questo progresso scientifico e culturale ha portato alla nascita una nuova fascia della popolazione: quella degli “anziani attivi”.
Un fenomeno attuale
Ogni secondo che passa, due persone festeggiano il loro sessantesimo compleanno. Considerando che nel mondo una persona su nove ha sessant’anni o più e che si arriverà a una su cinque entro il 2050, l’invecchiamento della popolazione è un fenomeno che non può più essere ignorato. Rappresenta oggi una sfida sociale, economica e culturale per le famiglie, la società e la comunità globale.
Nel 2008, a livello globale, le persone di età uguale o superiore ai 65 anni erano secondo le stime circa il 7 per cento del totale; questa fascia è in aumento in modo particolare nei paesi in via di sviluppo, dove l’invecchiamento demografico va di pari passo con l’innalzamento della qualità di vita (igiene, cure mediche, alimentazione).
In Italia, gli indici demografici del 2017 indicano un rapporto di 165,3 anziani ogni 100 giovani. La regione Liguria è in assoluto la più anziana: 245,6 anziani ogni 100 giovani.
Nuovi protagonisti
In questo panorama è quindi necessario allargare lo sguardo ai nuovi protagonisti della società: le persone anziane non sono più sempre e solo attori marginali, deboli e bisognosi, bensì parti attive della comunità, portatori di saggezza e spesso in salute.
La vecchiaia non è più letta esclusivamente come sinonimo di malattia, oggi piuttosto rappresenta una nuova avventura in cui per l’anziano è possibile liberarsi da “vecchi” ruoli e affrontare nuove sfide.
Questa fetta della popolazione, forte di nuove modalità di adattamento e di un buon livello di salute e resilienza rispetto al passato, richiede un cambiamento che coinvolge la società intera: il raggiungimento di un invecchiamento di successo, infatti, prevede la combinazione di elementi diversi e complementari (biologico, psicologico e sociale). Non ci sono regole, ma esistono alcuni accorgimenti generali che è utile conoscere per regolare al meglio i nostri stili di vita.
Più attivi più felici
Diverse ricerche dimostrano una stretta relazione tra livello di attività realizzata e soddisfazione di vita. Il livello di attività, infatti, sembra essere un predittore dello stato funzionale e cognitivo dell’anziano, così come sembra essere un fattore di protezione nei confronti di varie forme di disagio fisico e psichico. L’attività, in termini generali, ha un ruolo determinante in forme di sofferenza come la depressione, la solitudine, l’ansia, la tristezza, specialmente nei casi in cui le cause non attengono tanto alla presenza di esperienze negative quanto all’assenza di esperienze positive.
Inoltre, per alcune categorie lavorative, l’invecchiamento ha un’influenza ridotta sulla prestazione professionale, in alcuni casi la migliora. Vi sono esempi di artisti, quali Picasso, Buonarroti, Rubinstein, che crearono le loro più importanti opere in tarda età.
In questi termini è bene sottolineare quattro obiettivi di una vita attiva in tarda età:
- migliora la salute fisica e mantiene le abilità pratiche della vita quotidiana;
- fortifica il contatto con altre persone, riducendo la solitudine;
- mantiene e migliora le abilità mentali (attraverso esercizi per la mente);
- promuove pensieri e atteggiamenti positivi su sè stessi e sugli altri.
Cos’è l’invecchiamento attivo?
Nel 2002 è stato introdotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) il termine “invecchiamento attivo” (active aging) per indicare quel processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza riferite agli anziani.
Con il termine attivo si fa riferimento al proseguimento della partecipazione ai rapporti sociali, economici, culturali, spirituali e civili interni alla comunità, e non solo alla capacità di essere fisicamente attivi o di partecipare attivamente al mondo del lavoro.
Gli anziani che vanno in pensione, coloro che sono malati o che convivono con disabilità possono continuare ad avere un ruolo attivo nelle loro famiglie e all’interno della comunità: l’invecchiamento attivo mira a estendere la speranza di vita sana e la qualità della vita a tutte le persone che invecchiano, compresi gli individui più fragili, disabili e bisognosi di cure. Promuovere l’active aging significa andare oltre la patologia o il malessere troppo spesso dominanti a questa età e valorizzare le variabili soggettive, psicologiche e sociali necessarie per costruire una prospettiva orientata alla prevenzione e alla promozione di opportunità.
Spesso sono gli stessi anziani che manifestano, in modo sempre maggiore, la voglia e la determinazione di restare attivi.
(13 Febbraio 2018)