Il nostro intestino è abitato da migliaia di miliardi di microrganismi che hanno una fondamentale ricaduta sulla nostra salute, anche psicologica. Recenti studi hanno dimostrato come alimentazione e stili di vita siano fondamentali per l’equilibrio emotivo e psicologico e in certi casi abbiano un ruolo nell’insorgere di malattie come schizofrenia, depressione e Alzheimer.
La stretta relazione tra cervello e intestino è nota da tempo e fa parte delle conoscenze consolidate della medicina. Un tempo si pensava che fosse il cervello a condizionare l’insorgere di disturbi digestivi, ma col tempo un crescente volume di osservazioni cominciò a suggerire che si trattasse piuttosto del contrario. Oggi si ritiene che la disbiosi, e cioè l’alterato equilibrio dell’immenso patrimonio microbico intestinale (microbiota), svolga un ruolo primario nell’insorgere di disturbi psichici. Addirittura, in ambito accademico è stato proposto di sostituire l’aggettivo “psicosomatico” con “somatopsichico”.
È in atto una profonda rivoluzione nelle conoscenze della fisiologia della malattia mentale e delle interazioni tra l’organismo umano e il mondo microbico. Queste novità, unite a grandi progressi nel campo della psico-neuro-immunologia e della genetica, hanno dato vita a un attivissimo, nuovo settore di ricerca che studia la relazione tra microbiota intestinale e psiche: la psicobiotica.
C’è vita nel nostro intestino
Il nostro corpo ospita un’enorme massa di centinaia di migliaia di miliardi di microrganismi che ne abitano tutti i più minuscoli interstizi, dalla pelle, ai polmoni, alla vescica e soprattutto l’intestino. Batteri, parassiti, lieviti e virus vivono in noi e per noi in un delicato equilibrio tra loro e il nostro corpo. Svolgono una miriade di ruoli rilevanti per la nostra stessa sopravvivenza e non tutti ancora completamente noti. Tra i più importanti, servono da barriera tra l’esterno e l’interno e regolano le nostre difese immunitarie, che si concentrano in prevalenza sulle pareti dell’intestino.
L’evoluzione del microbiota
Dallo stato di salute del nostro microbiota dipende strettamente la salute del nostro intestino, della nostra pelle e quella del nostro organismo nella sua interezza. Evidenze antropologiche, archeologiche e scientifiche indicano che in tempi molto recenti il microbiota intestinale abbia subito mutamenti profondi rispetto all’esperienza delle migliaia di generazioni che ci hanno preceduto. Negli ultimi decenni l’esposizione ripetuta ad antibiotici, a sostanze chimiche estranee, a vita sedentaria e a cibo inadeguato in termini di proprietà nutrizionali fin dalla prima infanzia, hanno contribuito ad alterarne la concentrazione e la composizione con profonde conseguenze sul nostro equilibrio interno, sulle difese immunitarie e sulla nostra predisposizione all’infiammazione e alle malattie croniche.
Microbiota e cervello
La relazione fondamentale tra cervello e intestino dipende dall’influenza dell’equilibrio microbico sull’asse ipotalamico-surrenalico-ipofisario, l’asse portante che sostiene il nostro equilibrio ormonale e sensoriale, tanto quanto dagli stati di stress emotivo o post traumatico. Quando l’equilibrio naturale del microbiota è turbato, la composizione relativa degli organismi che lo compongono muta e favorisce l’aumento di specie patogene batteriche o funghi che stimolano la reazione dei sistemi di allarme immunitario ed endocrino con il risultato di indurre un prolungato, diffuso stimolo infiammatorio sulle pareti dell’intestino. Questo si accompagna a un parallelo aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico, il sistema di allarme che collega efficacemente intestino e cervello. Sembra inoltre che alcune specie patogene siano in grado di produrre spontaneamente una serie di neurotrasmettitori in grado di influenzare direttamente il cervello e le terminazioni vagali nell’intestino.
Rivelazioni recenti
La ricerca scientifica al riguardo sta procedendo con grande rapidità nonostante le indubbie difficoltà di esaminare migliaia di specie microbiche che vivono, o dovrebbero vivere, in noi. Alcuni fatti cominciano a emergere. Sappiamo, per esempio, che certi probiotici, come le specie batteriche con proprietà anti infiammatorie quali lattobacilli e bifidobatteri, alcuni dei quali sono normalmente contenuti in yogurt e kefir, possono attenuare o sopprimere la risposta immunitaria e del sistema simpatico all’eccesso di microrganismi patogeni con l’effetto di ridurre le reazioni infiammatorie locali, i sintomi d’ansia e depressione. Sappiamo anche che la frequenza di manifestazioni autistiche diminuisce drammaticamente tra gli adolescenti che siano stati esposti regolarmente a probiotici fin dalla prima infanzia e che vi sono grandi differenze nella composizione del microbiota tra soggetti sani e affetti da schizofrenia, depressione o anoressia. Si ritiene infine che vi sia una relazione stretta tra microbiota e rischio di sviluppare demenza senile e Alzheimer.
Mangiar bene per vivere bene
La strada da percorrere è ancora molto lunga e irta di difficoltà, non da ultime l’imprecisione della diagnosi clinica di salute mentale e la grande variabilità del microbiota, il cui equilibrio è influenzato da numerosi fattori: stress, cibo ingerito, qualità del sonno, funzionalità della tiroide, farmaci, vita sedentaria e quant’altro. L’industria degli integratori si è da tempo gettata nel mercato dei probiotici pur sapendo che un rimedio unico e miracoloso non esiste.
Ciò che sappiamo per certo è che il cibo svolge un ruolo di primo piano. Un’abbondante, crescente evidenza scientifica indica che un’alimentazione molto varia, ricca di cibi assunti nella loro interezza e di fibre ha un impatto enorme sull’equilibrio psichico. Al contrario, la comunicazione, la pratica e gli interessi dell’industria alimentare e degli integratori costringono i consumatori a orientarsi nella direzione opposta: una dieta sempre uguale, densa di cibi pronti all’uso e praticamente priva di fibre, nutrimento primario del nostro maltrattato microbiota.
(10 Aprile 2018)