Esiste un parallelismo tra l’arte e i sogni: entrambi permettono di esplorare l’inconscio e di aiutare contenuti psichici a raggiungere gradualmente la consapevolezza. Per questo sono molto preziosi per la psicoanalisi. Lo diceva già Sigmund Freud, che attraverso lo studio dei pittogrammi dell’antico Egitto, ebbe importanti intuizioni su come funziona il nostro mondo interno.
Nel 1900 Freud pubblica L’Interpretazione dei Sogni, un libro dedicato al tentativo di comprendere il funzionamento del nostro mondo onirico. Freud definirà i sogni come “la via regia verso l’inconscio”. Più tardi approfondirà i pittogrammi dell’Antico Egitto, e in seguito le espressioni artistiche di pittori e scrittori, e troverà delle similitudini con il mondo onirico. L’interpretazione dei sogni e l’espressione artistica si muovono infatti sul medesimo piano: entrambe traggono i loro contenuti da elementi, desideri e pensieri situati nell’inconscio, ovvero al di fuori della coscienza, e cercano di portarli alla consapevolezza.
Il processo inconscio nel sogno e nell’arte
I contenuti mentali inconsci sono spesso molto conflittuali o inaccettabili per una persona. Per questo motivo, essi non possono presentarsi alla coscienza in modo diretto, ma devono essere camuffati sotto sembianze tollerabili per il sognatore. Nel sogno, per esempio, i desideri e gli istinti profondi possono essere “messi in scena” solo dopo essere stati trasformati. Il vero contenuto del sogno – detto contenuto latente – rimarrà quindi nascosto, mentre la persona, al risveglio, sarà consapevole solo del contenuto manifesto, ovvero ciò che il sistema psichico reputa accettabile mostrare senza censure e senza destare dal sonno.
Nel processo di creazione artistica sembra accadere qualcosa di simile. L’artista produce la sua opera attraverso un continuo mescolarsi di contenuti manifesti (quelli accessibili alla coscienza) e contenuti latenti (quelli più nascosti), e questo processo è visibile dalla ricerca di particolari materiali, dall’uso di impressioni, immagini e ricordi per traslare la propria esperienza. Un esempio molto semplice di questo movimento circolare di processi consci e inconsci è riportato in un celebre passo di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust dedicato alla madeleine: un dolce a forma di conchiglia o barchetta, che proprio per queste particolari sembianze – e per il suo sapore tipico – fanno riaffiorare nella mente del protagonista momenti dell’infanzia ormai scordati da tempo.
L’arte come supporto per la psicoanalisi
Per questa capacità degli artisti di accedere ai contenuti inconsci, i poeti, gli scrittori e gli artisti sono considerati dalla psicoanalisi e dallo stesso Freud “preziosi alleati”. Quando si parla di arte e psicologia, insomma, i confini interdisciplinari non sono così netti e si può spaziare tra estetica, filosofia, antropologia e psicologia. La psicoanalisi studia la produzione artistica e la personalità dell’artista stesso perché ha sempre ritenuto che l’arte fosse manifestazione indiretta dell’inconscio. L’arte è quindi una possibile strada da percorrere per accedere all’umwelt, l’inconoscibile, quella parte di noi non accessibile alla mente presente e razionale.
L’obiettivo della psicoanalisi è riconciliare le parti consce con l’inconscio. Ciò è possibile grazie alle conversazioni nella stanza di analisi, quindi attraverso il linguaggio verbale (non a caso la psicoterapia fu chiamata da una delle prime pazienti di Freud “la terapia della parola”). Tuttavia, spesso, per raggiungere profondità maggiori nel lavoro terapeutico, può essere utile affidarsi a strumenti che permettono di svelare l’inconscio con maggiore rapidità, come si fa con i disegni.
Non per niente, per molti secoli artisti e scienziati annotavano i propri pensieri sotto forma di immagini spontanee: basti ricordare i manoscritti di Leonardo da Vinci (per esempio quello della macchina volante) oppure il taccuino d’appunti del fisico Stephen Hawking nello studio dei diagrammi spazio-tempo. Ancora più lontano nel tempo, nell’antica pittura muraria e sui papiri dell’antico Egitto, la scrittura era associata alle immagini e aveva un valore sacro, non solo perché possedeva un valore religioso, ma perché connetteva insieme le parti fondamentali del sistema psichico dell’essere umano: il pensiero, il linguaggio e le immagini, favorendo il processo simbolico e la creazione di “archetipi”.
I pittogrammi egizi come i sogni
Nel 1910 Freud compone un breve articolo con il titolo “Significato opposto delle parole primordiali”. In questa opera riprende molti passi dell’Interpretazione dei Sogni e in particolare del funzionamento del mondo onirico. Freud aveva individuato le qualità intrinseche delle immagini geroglifiche e collegava il valore dei pittogrammi al funzionamento del mondo onirico inconscio. “L’Egitto non era per niente patria dell’assurdo” spiega Freud, “fu al contrario uno dei primissimi luoghi ove si sviluppò la ragione umana… Conosceva una morale pura e aveva formulato gran parte dei Dieci Comandamenti”.
Così come nel flusso delle immagini oniriche (i “terrirori dell’Es”) non esiste negazione (nel sogno spesso significati opposti e contrastanti vengono uniti e rappresentati insieme), allo stesso modo, scrive Freud, “nella lingua egizia, reliquia unica di un mondo primitivo, si trova un considerevole numero di parole, con due significati, uno dei quali indica esattamente l’opposto dell’altro. Nel pittogramma ogni concetto disegnato è gemello del suo contrario, per esempio non era possibile concepire l’idea di forza senza quella di debolezza. Nella scrittura ciò avveniva con l’ausilio delle cosiddette immagini che, poste dietro ai segni delle lettere, ne indicano il senso ma non erano destinate alla pronuncia. Quando la parola egizia ‘Ken’ deve significare ‘forte’, dietro al suo scritto alfabeticamente sta l’immagine di un uomo retto, armato. Quando la stessa parola deve esprimere il significato ‘debole’, le lettere che lo rappresentano seguono l’immagine di una persona accovacciata”.
L’arte svela il mondo interiore universale
Lo scritto di Freud ci fa capire come le immagini prodotte dalla mente evochino un senso ben più articolato e diverso da quello ovvio (il “contenuto manifesto”). Le associazioni mentali che spesso affiorano nella nostra mente sotto forma di immagini, infatti, non rappresentano unicamente il funzionamento del nostro pensiero ma vere e proprie “tappe evolutive” della formazione del mondo interiore. L’artista, colui che dipinge e narra, non è solo un mediatore estetico di forma e bellezza, ma implicitamente assume l’arduo compito di interprete di una realtà interiore e universale, impegnandosi a trasmetterla e renderla fruibile nello scorrere del tempo, dall’antichità sino a oggi e per tutte le generazioni future.
(15 Luglio 2019)