Bambini: lasciarli liberi di esplorare il mondo, restando sempre il loro porto sicuro. E quando serve saper dire di no. Oggi sappiamo che esistono delle “regole” che possono guidare il genitore nella regolazione emotiva del proprio figlio, per uno sviluppo sano e relazioni equilibrate.
Quello del genitore è il mestiere più difficile del mondo e non esiste una scuola. I bambini non arrivano con un manuale di istruzioni e questo rende già in partenza difficile fare i genitori. Inoltre non sempre l’intesa tra genitori e figli è spontanea come ci si aspetterebbe: in alcuni casi è possibile che non si trovino, non vadano d’accordo, in qualche modo non si capiscano. Oggi gli studi in questo campo ci insegnano che esistono alcune buone norme che i genitori possono conoscere e adottare per costruire un rapporto sano con i propri figli nei primi anni di età. Recentemente stanno nascendo anche programmi specifici per aiutare le mamme e i papà nella regolazione emotiva dei propri figli.
Il senso di sicurezza
Identificare i bisogni emotivi dei bambini e rispondervi adeguatamente consente di creare una relazione caratterizzata da fiducia, sicurezza e protezione e di promuovere un sano sviluppo emotivo e sociale nel bambino. La relazione che i bambini costruiscono con i genitori, infatti, fa sì che il bambino si crei dei veri e propri modelli su di sé, sugli altri e sul mondo, che lo guidino rispetto a cosa aspettarsi nelle relazioni attuali e future. Sperimentare un senso di sicurezza e protezione consente al bambino di sviluppare un’immagine di sé come degno d’amore, dell’altro come di una persona di cui fidarsi e a cui rivolgersi in caso di necessità e del mondo come di un posto sicuro e benevolo. Se, al contrario, i bambini sperimentano un senso di insicurezza nella relazione con le persone di riferimento, questo potrebbe rimanere dentro di loro e influenzare in modo critico le relazioni future, di amicizia, di coppia, professionali. Con il termine insicurezza, ci riferiamo al fare esperienza di un genitore che non riesce a comprendere i bisogni del bambino e a essere sensibile nei suoi confronti, o riesce a farlo in modo intermittente o imprevedibile. Così il bambino impara che non può rivolgersi a lui nel momento del bisogno, che deve “fare da solo” e che è meglio non comunicare o mostrare le proprie difficoltà o le proprie emozioni.
Ma quali sono i bisogni dei bambini? Possiamo organizzarli in due macrocategorie.
Il bisogno di esplorazione
La prima macrocategoria comprende i bisogni connessi all’esplorazione, ovvero alla curiosità e alla necessità del bambino di scoprire il mondo che lo circonda. Perché un bambino possa avventurarsi e conoscere il mondo, è necessario che senta il pieno appoggio dei genitori. In questi momenti, talvolta non è necessario interagire direttamente con il bambino; sono i momenti in cui i bambini hanno bisogno di sorveglianza, ovvero di sentire che il genitore è presente, li osserva mentre giocano, segue i loro passi e i loro movimenti. Questo consente loro di fare nuove scoperte e di imparare. I nostri bambini hanno poi bisogno di ammirazione, ovvero di sentire che li amiamo perché sono quello che sono, non solo perché sono capaci di fare bene qualcosa. L’ammirazione veicola accettazione e consente al bambino di esprimersi, oltre a essere fondamentale per lo sviluppo di una buona autostima. Anche riconoscere le competenze e il valore dei bambini è importante per loro. In questo caso parliamo di bisogno di apprezzamento. Possiamo trasmettere al nostro bambino che lo apprezziamo anche semplicemente giocando e divertendoci con lui. Attenzione però: l’apprezzamento implica una valutazione e dobbiamo stare attenti a non comunicare al bambino che gli vogliamo bene solo perché è “bravo” e competente. Quando esplorano, a volte i nostri bambini hanno bisogno di aiuto. Anche in questi casi, è importante trasmettere che ci siamo e possiamo dargli una mano, ma anche che possono essere in grado di fare le cose da soli. È fondamentale trovare l’equilibrio giusto, che consenta al bambino di affidarsi a noi, ma anche di sentire che può fare da sé, di modo che non si percepisca come inadeguato. Per esempio, sostituirsi a lui, veicolando ripetutamente messaggi del tipo “Lo faccio io, tu non sei capace”, è un comportamento che va nel tempo a minare la sua autostima e la sua fiducia in se stesso. In sintesi, è importante che il genitore funga da “base sicura” del bambino per l’esplorazione del mondo, che la sostenga e che veicoli quindi un senso di presenza e disponibilità, condivisione dell’esperienza di curiosità e scoperta e fiducia nelle sue possibilità.
I bisogni di attaccamento
A volte i bambini hanno bisogno anche che il genitore faccia da “porto sicuro”, ovvero che accolga il loro ritorno e il loro bisogno di vicinanza fisica ed emotiva.
La seconda macrocategoria infatti comprende i bisogni di attaccamento, ovvero quei bisogni più strettamente connessi alla relazione genitore-bambino, che nascono per esempio quando i bambini si sentono stanchi, spaventati o a disagio, o quando necessitano di capire cosa gli sta succedendo da un punto di vista emotivo. Quando sono spaventati, i bambini hanno bisogno di protezione, sia fisica che emotiva. È importante per loro sapere che i genitori sono pronti a fornirgliela, diversamente svilupperanno paura anche quando sono al sicuro o la sensazione che potrebbe sempre accadergli qualcosa di brutto. In altri momenti, i bambini hanno bisogno di consolazione, ovvero di essere rassicurati e coccolati rispetto a qualcosa che può essere per loro fonte di preoccupazione o angoscia. Sia quando esplorano che quando tornano “alla base”, i bambini hanno bisogno di ammirazione. Il genitore può veicolare ammirazione per esempio attraverso parole che esprimono l’affetto che provano per loro o l’importanza che rivestono, o attraverso gesti di tenerezza, come una carezza o un abbraccio.
La regolazione emotiva
Infine, a volte i bambini hanno bisogno di comprendere e dare un senso alle emozioni che provano, ovvero di regolazione emotiva. Le emozioni sono fondamentali nello sviluppo dei bambini. È importante che sentano di poter esprimere l’intera gamma delle emozioni (gioia, paura, tristezza, rabbia…). Mostrandosi disponibili e pronti ad accoglierle e nominarle, i genitori comunicano al bambino che può sentirsi sicuro quando prova delle emozioni, che può comunicarle e condividerle e che non ne sarà sopraffatto. Inoltre gli insegnano a riconoscerle e comprenderle, fornendogli un importante alfabeto emotivo che rappresenterà un bagaglio e una risorsa per tutta la vita.
Sembra semplice eppure nella vita di tutti i giorni non è sempre così. Sapere dove portare l’attenzione però può aiutare molto nella relazione con i figli. Un aspetto fondamentale, è quello di mettersi nei panni dei bambini e imparare a guardare il mondo con i loro occhi. Effettuando uno spostamento dalla prospettiva adulta a quella del bambino, i genitori sono in grado di avvicinarsi maggiormente a una comprensione emotiva e autentica dei loro sentimenti e dei loro bisogni.
Limiti: saper dire di no
Riconoscere i bisogni dei bambini e rispondervi in modo sensibile, non significa accontentarli in tutto e per tutto. Talvolta è sensato e vitale accogliere e assecondare un bisogno, mentre altre volte può non essere possibile o addirittura nocivo o pericoloso. In quel caso, ai genitori è richiesto di imporsi ed essere forti, che non significa alzare la voce o entrare in un braccio di ferro con il bambino, ma fornire un limite, per esempio dicendo di no. Anche i limiti contribuiscono a rafforzare alla sensazione di sicurezza dei bambini, oltre che fornirgli un’adeguata immagine del mondo. Un bambino può infatti spaventarsi se si percepisce onnipotente e sente che gli altri non riescono a contenerlo. Ha bisogno di sentire che l’adulto può proteggerlo e farsi carico delle “cose da grandi”. Più riusciremo a spiegare al nostro bambino perché non può comportarsi in un certo modo, mettendoci nei suoi panni, più lui riuscirà a comprendere, tollerare e accettare i limiti.
Genitori figli
La difficoltà nei confronti dei figli è strettamente connessa anche ai limiti dei genitori. A volte non riusciamo a metterci nei panni dei nostri figli, o siamo in difficoltà quando sono arrabbiati o tristi. Questo dipende molto dalla nostra esperienza di figli. È soprattutto lì infatti che abbiamo imparato a fare i genitori. La nostra esperienza può a volte offuscare la nostra visione e renderci difficile mettere a fuoco i segnali che i nostri bambini ci inviano o la possibilità di rispondere nel modo più adatto a farli sentire sicuri. Non basta desiderare che i figli si sentano sicuri, perché questo avvenga. In questi casi può essere d’aiuto rivolgersi a uno psicologo per un sostegno alla genitorialità. Essere sostenuti, rende più semplice sostenere i propri figli. Passare dalla comprensione e consapevolezza delle nostre risorse e delle nostre difficoltà, ci può essere enormemente d’aiuto.
Il caso americano del Circle of Security Parenting
Questo modello, ideato dai ricercatori americani Glen Cooper, Kent Hoffman and Bert Powell nel2007, sintetizza quelli che gli ultimi cinquant’anni di ricerche sono emersi essere i pilastri per promuovere un attaccamento sicuro tra genitori e figli.
Il COS-P si compone solitamente di 8 sedute, durante le quali i genitori (come singoli, come coppia o in gruppo) intraprendono un viaggio alla scoperta dei bisogni dei figli e delle caratteristiche di una buona relazione, fatta di rotture e riparazioni, di condivisione emotiva ed empatia.
Il circolo della sicurezza (circle of security) definisce l’andare e venire continuo nel quale i bambini esplorano e fanno ritorno ai genitori e rappresenta una vera e propria mappa che può aiutare a comprendere i loro comportamenti. Unitamente a una componente più teorica, viene utilizzato un dvd contenente filmati di interazioni di genitori e figli, di modo da lavorare direttamente su ciò che viene trattato. Viene stimolata inoltre la riflessione: analizzare ciò che accade con i propri figli, anche alla luce di quello che è accaduto con i propri genitori, permette infatti di diventare più consapevoli delle proprie risorse e di quello che si può modificare e migliorare, per operare una scelta verso il benessere.
Questo intervento non intende caricare di un’eccessiva responsabilità i genitori nella cura dei figli (spingendoli per esempio a pensare che tutto ciò che accade ai figli sia causa loro), né fornire la formula per diventare genitori perfetti. Al contrario, è concepito per aiutarli ad essere genitori “sufficientemente buoni” (secondo il concetto introdotto dallo psicoanalista inglese Donald Winnicott), poiché questo è ciò di cui i figli hanno in realtà bisogno. I bisogni di sicurezza, cura, protezione, ammirazione e così via, durano tutta la vita: è per questo che il COS-P è indicato sia per genitori di bambini piccoli che per genitori di bambini più grandi o adolescenti.
(22 Gennaio 2018)