Il cosplay: una tendenza che non ha età

In questo articolo la dottoressa Simona Solimando intervista un giovane Cosplayer

Il cosplay: una tendenza che non ha età

Che cos’è il Cosplay

Il termine Cosplay nasce dall’unione delle parole inglesi “costume” e “play” e indica la pratica di indossare un costume che rappresenta un personaggio riconoscibile (di solito di cartoni animati, manga o fumetti). Il cosplayer (ovvero la persona che si traveste) interpreta il modo di agire del personaggio che sceglie cercando di imitarne gesti e comportamenti, e soprattutto indossando un costume artigianale identico,  possibilmente corredato dagli stessi accessori: armi, anelli, scettri e così via. 

Non siamo sicuri di quali siano le origini di questo fenomeno. I Cosplayer appaiono forse per la prima volta nelle fiere fumettistiche degli anni Settanta negli Stati Uniti e nei due decenni successivi anche in Italia, con eventi come il “Lucca Comics and Games”, che ogni anno accoglie migliaia di appassionati.

Il fenomeno del Cosplay coinvolge in particolare la fascia d’età tra i 25 e i 35 anni, ma vi partecipano anche moltissimi adolescenti.

Ho avuto il piacere di intervistare un giovane cosplayer, vediamo i dettagli e cosa mi ha raccontato a proposito della sua passione (T = terapeuta, C = paziente).

T: Com’è nata questa passione? 

C: La mia passione per il cosplay è nata nel 2017 guardando alcuni video di cosplayer, non pensavo di poter avere il permesso di comprare gli abiti e ho lasciato perdere fino al 2020 quando poi ho conosciuto la mia cosplayer preferita e a partire da quel momento ho iniziato a farmi coraggio e a chiedere ai miei genitori il permesso, per fortuna sono stato autorizzato. Dal 2020 al 2021 ho iniziato a comprare in rete delle parrucche e un’uniforme, quando mi sono arrivati ho iniziato ad indossarli in casa, facevo foto e video che inviavo ai miei amici. Poi Nel 2022 ho partecipato per la prima volta al Festival del fumetto a Novegro ed è stata la mia prima uscita in cosplay in cui ho portato il mio primo vero personaggio.

T: Come scegli il tuo personaggio e come avviene la costruzione e realizzazione dei tuoi vestiti? 

C: Dietro la scelta del personaggio c’è uno studio accurato e la lettura Manga, in genere trovo un personaggio che mi colpisce con cui sento di avere delle affinità con il mio carattere o modo di essere. Le parrucche le acquisto solitamente in rete, i vestiti posso comprarli se servono abiti specifici, se decido di portare un personaggio “casual”  recupero i vestiti dal mio armadio, abiti giornalieri come pantaloni, felpe, camicie, se scelgo delle versioni particolari dei personaggi ad es. la versione medievale o la versione  Halloween li realizzo con le mie mani, cucendo, tagliando e utilizzando lenzuola o altri tessuti che assemblo, coloro e  personalizzo. 

T: Ti capita di scegliere di cambiare genere al personaggio?

C: No. Non cambio mai genere al mio personaggio, scelgo solitamente versioni maschili perché prediligo cosplay maschili che posso fare indossando pantaloni, felpe e abiti che “non hanno un genere”.

T: Come ti senti quando porti uno o più personaggi alle fiere e ai festival?

C: Mi diverto molto, le fiere e i festival sono ambienti affollati, pieni di persone di tutte le età, a volte incontro anche cosplayer che portano con sé il proprio animale domestico, c’è chi viene con il proprio amico a 4 zampe travestito da Wonder Woman, da supereroi, da personaggi dei cartoni animati o semplici fatine. Mi diverto soprattutto perché ci vado con il mio gruppo di amici con cui condivido questa passione, diventa un momento di ritrovo, rivedo amici cosplayer di altre città e conosco nuove persone. All’inizio ci andavo accompagnato da mio papà, anche quel periodo lo ricordo in modo positivo, facevamo il viaggio insieme, diventava uno spazio tutto per noi, facevamo la levataccia quando le fiere erano più lontane, con lui all’inizio mi sentivo protetto, quando arrivavamo alle fiere mi lasciava libero però io sapevo che c’era e questo mi tranquillizzava, ora che sono cresciuto ci vado con il mio gruppo di amici.

T: Perché trascorrere una giornata “in costume” e non fare altro?

C: Trascorrere una giornata in costume mi permette di uscire dalla monotonia quotidiana, mi permette di rilassarmi e a volte mi distraggo dalle interrogazioni o preoccupazioni legate alla scuola, se so che ho una fiera nel fine settimana mi organizzo meglio per studiare, se mi sono divertito mi pesa anche meno mettermi sui libri a studiare. Quando indosso un costume divento il personaggio che porto e sono concentrato sul renderlo più veritiero possibile, mi affascina entrare ed uscire dai personaggi che scelgo.

Oltre al cosplay faccio anche altro, in settimana quando riesco mi vedo con i miei amici non in cosplay, andiamo in centro, pranziamo insieme o ci troviamo per una merenda, prima facevo anche sport, ora faccio più fatica perché devo studiare per la maturità.

Quindi faccio cosplay ma anche altro ascolto musica, guardo serie tv, leggo fumetti, mi piace viaggiare.

T: Che sensazioni provi quando a fine serata dopo aver partecipato ad un evento ti strucchi, metti via gli abiti e torni alla quotidianità?

C: Provo tante emozioni quando tolgo gli abiti da cosplay, mi sento felice se la giornata trascorsa è andata bene e mi sono divertito con il mio gruppo, questa gioia tende a permanere anche nei giorni successivi agli eventi, mi ricarica. Talvolta mi capita di provare un po’ di tristezza e rabbia se durante il tragitto o all’evento ho incontrato persone che non hanno rispettato le regole del cosplay ad es. quelli che scattano le foto senza chiedere il permesso o quelli che incontro sul treno e fanno qualche “battutina” vedendomi vestito con la parrucca colorata. In genere se mi chiedono di fare delle foto perché piace il mio personaggio lo faccio volentieri e mi metto in posa con loro, in quelle occasioni ho conosciuto anche tante persone.

 

Il Cosplay come veicolo per l’identità

Potrebbe sembrare paradossale ma spesso adottare un’altra identità è un ottimo modo per avvicinarsi alla propria. Ci sono età specifiche come l’adolescenza in cui la costruzione dell’identità è un processo centrale, permea tutto.

Nel Cosplay è all’opera un processo di identificazione: qualcuno assume l’identità di un personaggio di fantasia, per certi versi potrebbe sembrare un alter ego. 

Un veicolo per l’identità, in questo processo di somiglianza con un altro possono avvenire incontri e contrasti.

Gli incontri permettono di esplorare parti di sé che sono inibite per diverse ragioni. Così, ad esempio, se un giovane si sente fragile nella vita reale, nei panni di un supereroe può sperimentarsi come forte e determinato.

Il gioco permette di esplorare la propria identità. E permette di capire meglio i propri valori, perché un cosplayer decide cosa imitare e cosa no, quali aspetti e azioni del personaggio gli piacciono e quali invece sente che non gli appartengono.

 

Una terapia contro la timidezza

Molti hanno etichettato il cosplay come una pratica “auto-terapeutica” per coloro i quali hanno problemi di timidezza o mancanza di abilità sociali.

Alcune persone hanno difficoltà a “dimenticare se stesse” nelle relazioni. Diventano osservatrici rigide ed autocritiche, attente a ciò che dicono e fanno, con un dialogo interno rigoroso, che impedisce loro di essere spontanee.

Questo diventa una grossa barriera alla socializzazione, la conseguenza immediata è la difficoltà di fare amicizia o di permettere alle relazioni esistenti di acquisire profondità.

Attraverso il cosplay, questa barriera potrebbe essere attenuata. Anche se, ricordiamo, non dobbiamo vederla come una soluzione magica, né completa.

Cosplayer e coming out

Quando si adotta un personaggio, in un certo senso non si è più se stessi e quindi ci si concede il permesso di agire in modo diverso. Questo fa sentire protetti dal giudizio che la persona rivolge contro di sé o che sente arrivare dal mondo esterno.

Il coming out in età adolescenziale potrebbe avvenire con i compagni di cosplay prima ancora che con i compagni di classe, grazie al maggior senso di sicurezza e alla condivisione di una passione. In realtà sembra anche una sorta di messa alla prova di se stessi per acquisire sicurezza e coraggio prima di parlarne con gli altri o con la famiglia.

Molti esperti concordano sul fatto che il cosplay offra benefici psicologici a coloro che lo praticano. Tuttavia, come ogni attività, ci sono anche quelli che lo portano all’estremo e lo trasformano in un’ossessione, per cui in terapia bisogna stare molto attenti al significato sottostante.

Travestirsi, giocare a essere qualcun altro è una pratica senza tempo, basti pensare ai bambini che tra il primo e terzo anno di vita iniziano a sperimentarsi con scampoli di stoffa colorati che possono diventare copricapo, gonne, mantelli ma anche vestiti di mamma e papà.

I bambini utilizzano i travestimenti e il gioco simbolico del “far finta” di essere delle principesse o dei super eroi, a prescindere dal personaggio interpretato, questa attività gioca un ruolo fondamentale per la loro crescita perché permette di interpretare con i loro tempi e le loro competenze storie fantastiche o situazioni quotidiane.

Attraverso l’interpretazione di un ruolo il bambino affronta anche le sue paure inespresse, scoprendo l’opportunità di viverle in terza persona.

Di fatto questa è l’essenza del cosplay, come anche del teatro, veicolare le espressioni delle proprie emozioni permettendo un gioco creativo con la propria identità.