La principale differenza tra uno psicologo e un coach sta, innanzitutto, nel riconoscimento da parte dello Stato. Il primo, infatti, è un professionista riconosciuto, iscritto ad un apposito albo, che per esercitare deve possedere dei requisiti minimi. Il secondo no.
Psicologo e coach sono profondamente diversi anche nel tipo di servizio che offrono, nelle criticità che si prefiggono di affrontare e nelle soluzioni che indicano alle persone che si rivolgono loro.
In questo articolo cercheremo di capire meglio in che cosa consistono esattamente queste differenze e quali tipi di risposte offrono le due figure professionali.
Chi è un coach?
Con il termine coach si intende descrivere una figura professionale capace di far sviluppare e crescere le risorse e le competenze di ciascun individuo.
Il concetto di coaching si fa largo a partire dagli anni Settanta del Novecento e la sua teorizzazione si deve all’allora allenatore della squadra di tennis presso l’Harvard University, W. Timothy Gallwey.
Prima di lui, il termine coach era già utilizzato nell’Inghilterra del 1800, ma per descrivere semplicemente i tutor universitari che guidavano gli studenti lungo il loro percorso formativo.
Oggi il coach è colui che è capace di capire e intercettare quale sia il potenziale di una persona e sa elaborare programmi per farlo esprimere a pieno al fine di raggiungere gli obiettivi professionali o personali in generale di ciascuno.
In Italia, come specificato dall’Associazione che si occupa di coaching nel nostro Paese, l’Associazione Coaching Italia e stando alla norma UNI 11601 2015, il coach e la metodologia che persegue non sono equiparabili né ad uno specialista psicologo né ad un percorso di psicoterapia.
Il coaching è, quindi, una professione non regolamentata, per la quale non sono necessarie competenze specifiche. Ricade sotto il cappello rappresentato dalla legge 4/2013. La normativa di riferimento stabilisce che è possibile istituire un’associazione privata per tutte quelle professioni che non siano dotate di un apposito albo.
Cosa fa un mental coach?
I coach professionisti, come anticipato, hanno come obiettivo principale far esprimere al meglio il potenziale delle persone che si rivolgono loro. Come? Costruendo un vero e proprio piano d’azione, un programma dettagliato fatto di step per raggiungere i propri obiettivi in diversi ambiti. Che siano di vita, in generale o lavorativi.
Il piano è duttile, nel senso che può essere modificato e riadattato a seconda delle scelte fatte dalla persona o da eventuali nuove direzioni che intende imboccare, in virtù di motivazioni che possono essere legate alla propria salute o al proprio benessere.
Attraverso un percorso di coaching si intende, quindi, portare le persone a esprimere la versione migliore di loro stessi in ogni campo.
Che differenza c’è tra psicologo e mental coach?
Le differenze tra la figura dello psicologo e quella di un coach sono sia di forma sia di sostanza.
Dal punto di vista formale, infatti, sono molto diversi i percorsi formativi e le abilitazioni necessarie per svolgere le due professioni.
In particolare, per diventare psicologo, è necessario innanzitutto conseguire l’apposita laurea magistrale. Dopodiché, bisogna svolgere, presso una struttura convenzionata, un tirocinio professionalizzante.
Per ottenere l’abilitazione, poi, è necessario superare l’esame di stato, che consiste di quattro prove, di cui tre scritte e una orale.
Il superamento dell’esame è il requisito necessario per poter essere iscritto all’albo professionale e, di conseguenza, esercitare.
Non c’è, invece, un albo relativo ai coach o ai mental coach, per cui ad oggi non esistono requisiti minimi necessari a svolgere tale professione, né evidentemente una norma di riferimento.
Dal punto di vista sostanziale, poi, il coach è totalmente focalizzato sul futuro della persona che si rivolge a lui. Al contrario, lo psicologo lavora, in particolare, sul vissuto e sul presente del suo paziente, con l’obiettivo di affrontare determinati disturbi e provare a individuarne le cause.
I mental coach, invece, non si occupano assolutamente di psicopatologie, ma di obiettivi personali e professionali di chi si rivolge a loro.
Come si distingue il coaching dalla psicoterapia?
Così come la differenza tra psicologo e coach, anche quella tra il servizio e le risposte che offrono sta sia nella forma sia nella sostanza.
Il coaching, da una parte, si focalizza sul futuro e sugli obiettivi di ciascun individuo, allo scopo di raggiungerli esprimendo al meglio il proprio potenziale. La psicoterapia, d’altro canto, si occupa di comprendere e chiarire i problemi che stanno alla base di un particolare disturbo psicologico per provare a risolverlo migliorando il benessere e la qualità di vita del paziente.
Tramite il coaching non si trattano problemi di natura clinica, cosa che invece può avvenire attraverso la psicoterapia.
Anche gli spazi in cui il servizio viene offerto possono essere molto diversi. Il coaching, da questo punto di vista, ha molte meno restrizioni e viene svolto, nella maggior parte dei casi, in remoto o al telefono.
La psicoterapia, benché siano aumentati i servizi online, ha una tradizione più legata all’interazione faccia a faccia e, soprattutto, avviene in forma privata. Il coaching, invece, può avvenire anche in un ambiente pubblico.
(17 Gennaio 2023)