Quando si parla di fissazione psicologica, si parla di quello che può essere definito un pensiero ossessivo, una serie di pensieri ricorrenti oppure o, più in generale, una seroe di gesti che vengono messi in atto dal soggetto, senza che questi se ne renda conto.
Ma quando una fissazione – arrivando a compromettere le principali o più semplici attività quotidiane – può essere considerata indice di una patologia?
E quando una persona che soffre di fissazioni ha bisogno di un supporto professionale? Risponde a queste domande il dott. Stefano Tricoli, psicoterapeuta di orientamento psicoanalitico del Santagostino.
Cosa si intende con il termine fissazione psicologica?
Con il termine fissazione psicologica intendiamo una particolare condizione mentale in cui una persona può trovarsi. La definizione più generale che possiamo dare è la seguente: una condizione di blocco psicologico in cui due pulsioni differenti entrano in conflitto, ad esempio una pulsione vitale e una mortifera. Il soggetto inizia a sentirsi in balia o di un pensiero fisso e ricorrente o di un’abitudine ineliminabile.
Ovviamente questa condizione può provocare un profondo stato di disagio e compromettere le relazioni, l’attività lavorativa, insomma il vivere quotidiano. Ed è proprio quando la qualità della vita ne risente in modo compromissivo risulta fondamentale rivolgersi ad una figura professionale.
Come nasce il concetto di fissazione?
Il concetto di fissazione risale alla teoria di Sigmund Freud. Il padre della psicoanalisi sosteneva che le persone si bloccano in determinate fasi dello sviluppo psicosessuale, rimanendo appunto bloccate, fissate in una delle tre fasi che un individuo attraversa. Le tre fasi sono:
- orale
- anale
- fallica
Freud riteneva che la persistenza di certe fissazioni risalisse a questioni, del tutto irrisolte, che potevano essere ricondotte alle fasi psicologiche precedenti nello sviluppo della personalità. In altri termini è possibile divenire fissati e ossessionati su un pensiero, un oggetto, oppure un gesto, perché si è bloccati in qualche zona dello sviluppo o della crescita. Senza avere né consapevolezza né strategie, di conseguenza, per affrontare il seguente passaggio evolutivo.
Ovviamente dopo Freud ci sono state ulteriori evoluzioni del concetto di fissazione, ma il filo conduttore è stato quello di blocco, fissazione rispetto ad una dimensione evolutiva della persona. La persona rimane fissata o bloccata perché non riesce a risolvere un conflitto interno o a risolvere un compito evolutivo.
Quando una persona ha le fissazioni? Come si manifestano?
Solitamente dopo un periodo di stress o dopo eventi traumatici, come un lutto non opportunamente vissuto ed elaborato, magari per paura o timore di soffrire troppo, possono svilupparsi delle fissazioni.
Il soggetto mette in atto gesti considerabili anche banali, gesti che potrebbero inizialmente essere confusi con dei tic, come:
- toccarsi i capelli con una certa frequenza
- mangiarsi le unghie, senza che si arrivi ad una condizione di onicofagia
- cambiare posizione di continuo su una sedia
- toccarsi una certa parte del viso
- picchiettare un oggetto.
Tendenzialmente comportamenti di questo tipo non rientrano in una sfera psicopatologica, anche perché in alcuni casi questi comportamenti generano una sorta di benessere e tranquillità: prima di andare a dormire, ad esempio, si può controllare di avere chiuso le finestre e avere abbassato completamente le saracinesche o, prima di uscire, ci si può assicurare ad esempio di avere chiuso bene tutti i rubinetti di casa.
In altri casi invece parliamo di fissazioni quando ad esempio la persona prova del piacere o del benessere nell’indossare vestiti di un certo colore, o collezionando oggetti simili. Alcune fissazioni possono sembrare anche bizzarre, ma è bene ricordare che si parla di fissazioni psicopatologiche nel momento in cui la persona non riesce più a farne a meno.
Fissazioni più irrazionali
Allo stesso tempo le fissazioni possono essere molto più irrazionali e ingiustificate, almeno all’apparenza. Il soggetto può sviluppare delle paure o fobie che tendono ad imporsi in modo intrusivo.
Il soggetto può avere paura di sviluppare tendenze omosessuali, o di poter soffrire di una malattia mentale grave, o di correre il rischio di investire un pedone guidando la propria auto. Se si è credenti, si può rimanere fissati nella paura di nutrire pensieri blasfemi.
Perché si prendono le fissazioni?
Stando alla teoria di Freud, la fissazione nasce in periodi remoti dello sviluppo pulsionale e impedisce alla pulsione stessa di modificare il suo obiettivo, rimanendo in questo modo attaccata all’oggetto della fissazione. Freud identificò 3 tipi di fissazioni, si accennava: anale, orale, fallica.
Freud riteneva che il non avere superato lo stadio orale attraverso la risoluzione, ecco che nasceva una fissazione riconducibile allo stadio orale. Questo tipo di fissazione avrebbe poi fatto sì che il soggetto ricercasse piaceri di tipo orale: masticare delle gomme, mangiare le proprie unghie oppure bere in modo eccessivo.
Una volta che riescono a risolvere questo stadio, possono passare allo stadio successivo.
Fissazioni della fase anale e fallica
Lo stadio anale è principalmente incentrato sui bambini che imparano a controllare i loro movimenti intestinali. Freud ipotizzò che le persone che si fissano nello stadio anale potrebbero diventare anali-ritentive o anali-espulsive.
Sempre stando alla teoria di Freud, un bambino sviluppa ritenzione anale per via di genitori, o analoghe figure di caregiving, con modalità dure nell’educare il piccolo all’uso del vasino. Un trauma che può determinare, negli anni successivi, un’ossessione per l’ordine.
Per quanto riguarda l’ultimo degli stadi, Freud ha intercettato la presenza di una fissazione fallica laddove i bambini si dimostravano inclini ad una più stretta identificazione con il genitore dello stesso sesso. Gli individui fissanti fallicamente hanno la possibilità di diventare presuntuosi, sessualmente aggressivi e orientati alla ricerca del piacere.
Come guarire da una fissazione mentale?
La psicologia della fissazione suggerisce che la modalità generale di terapia è quella di sostituire i pensieri invasivi e sgraditi con modelli di pensiero più sani e più funzionali per il benessere della persona. Per conseguenza e indipendentemente dagli approcci terapeutici possibili, come ad esempio la terapia cognitivo comportamentale, il nucleo del trattamento risiede in questi due momenti:
- aiutare l’individuo nella identificazione dei modelli di pensiero che risultano essere non utili e malsani
- sostituire questi modelli di pensieri con altri, più sani e a vantaggio del proprio benessere.
Qualunque forma di psicoterapia, con i propri approcci specifici, può essere considerata trattamento d’elezione per cercare di curare un disagio di questo tipo.
Tutti noi possiamo diventare vittime, in un certo senso, di una fissazione. Ma se questa è sintomo di un problema più grande, come nei casi di disturbo ossessivo compulsivo per indicare una possibile condizione sottostante, ecco che un terapeuta in persona, oppure online, può essere in grado di aiutare l’individuo.
Il terapeuta, infatti, è la figura professionale in grado di aiutare il paziente a riprendere il proprio cammino nella giusta direzione, insegnando tecniche a contrasto della fissazione. In questo modo sarà infine possibile affrontare l’eventuale condizione psicologica sottostante.
(21 Ottobre 2022)