All’interno di un gruppo di lavoro possono nascere dinamiche che influenzano il benessere individuale. È per questo che un particolare tipo di qualità, l’intelligenza emotiva, viene sempre più ricercata dai datori di lavoro
La capacità di lavorare in gruppo è una competenza sempre più richiesta dalle risorse umane delle aziende. Per i datori di lavoro, in effetti, sembra essere un’abilità indispensabile e sempre più preziosa.
Ma anche se il lavoro in gruppo può portare a diversi vantaggi, al suo interno possono svilupparsi dinamiche che generano disagio nei lavoratori. In effetti, alcune difficoltà relazionali possono precipitare in atteggiamenti disfunzionali, che generano un malessere diffuso. Il team, in altre parole, si ammala.
Il gruppo e le sue dinamiche
Ma di che cosa parliamo quando parliamo di gruppi?
Il gruppo è un insieme di almeno tre individui che interagiscono tra loro, influenzandosi in modo reciproco. I team sono accomunati da alcune caratteristiche specifiche:
- senso di appartenenza;
- interdipendenza (cioè la percezione di essere collegati gli uni agli altri, per cui i risultati sono migliori quando “si fa gruppo”);
- coesione;
- ruoli e gerarchie (per esempio, è fondamentale il ruolo svolto dal leader, che ha il compito di armonizzare i bisogni del singolo con i compiti e i bisogni di tutti).
Le teorie sul funzionamento del gruppo sono legate al filone di studi sulle interazoni madre-bambino: alcuni autori dell’Infant Research teorizzano infatti la presenza di una “mente che nasce relazionale”. Osservando le interazioni madre-bambino, appare evidente che l’individualità si forma ed esiste solo attraverso la relazione con l’altro. Il bambino forma i suoi comportamenti, ma anche i suoi bisogni e i suoi desideri, non individualmente ma all’interno della relazione con la madre. Ciò che accade tra bambino e madre capita anche tra soggetto e team, in costante relazione dinamica e reciproca.
Le dinamiche che generano malessere
Il concetto di “dinamica di gruppo”, per indicare le relazioni che influenzano lo sviluppo e la condotta di un gruppo, è introdotto in psicologia da Kurt Lewin, studioso appartenuto alla corrente di pensiero della Gestalt. Tra gli aspetti positivi della partecipazione ad un team ci sono il senso di appartenenza, che rafforza l’identità personale e l’interdipendenza, in grado di consolidare le risorse positive individuali.
Oltre agli aspetti positivi, è altrettanto evidente che i gruppi finiscono per sviluppare nel tempo anche atteggiamenti mentali che generano malessere. Per esempio, il pensiero di gruppo tende a conformarsi alla maggioranza e a non considerare tutti i punti di vista. A lungo andare questo genera staticità, una continua conferma dello stesso punto di vista ed elimina le opinioni individuali eterogenee che invece potrebbero essere molto utili per raggiungere gli obiettivi stabiliti. I soggetti tenderanno a sentirsi meno fiduciosi, a temere le differenze anziché percepirle come un valore e a perdere la motivazione.
Si rischia così di innescare una circolarità del disagio: le difficoltà individuali influenzano il gruppo e viceversa.
Il “clima” come indice di malessere
Un altro importante indicatore del benessere o sofferenza del gruppo è il clima.
In ogni team coesistono due dimensioni: l’insieme delle percezioni (dei vissuti, dei sentimenti) e i comportamenti reciproci.
Gian Piero Quaglino, professore ordinario di psicologia della formazione e Mauro Mander, counselor di management, hanno rivelato spesso che pochi vissuti negativi, se non adeguatamente individuati e gestiti, prevalgono su un’ampia gamma di aspetti positivi percepiti dal team. Si genera così un malessere globale determinato essenzialmente da aspetti negativi. Allo stesso modo la creazione di un clima positivo agisce sui vissuti dei singoli membri e li modifica in positivo.
L’osservazione di tali dinamiche è un primo importante passo per rilevare l’eventuale malessere del gruppo.
Come migliorare il clima di un gruppo
Per migliorare il clima di gruppo è possibile diffondere una cultura del prendersi cura, incrementando le conoscenze e gli strumenti per occuparsi del gruppo come soggetto, intervenendo sul disagio ma anche puntando sul benessere preventivo, che permette di evitare l’insorgere di dinamiche disfunzionali.
In questo senso, può risultare molto utile coltivare nei singoli membri l’intelligenza emotiva e un’attenzione consapevole alle dinamiche che si instaurano nel team. Per prevenire che un team “si ammali”, è importante che i suoi membri sviluppino un certo grado di intelligenza emotiva.
Cos’è l’intelligenza emotiva?
A partire dagli anni duemila, lo psicologo statunitense Daniel Goleman ha condotto studi in più di cento organizzazioni e ha analizzato le capacità richieste per ricoprire un ruolo lavorativo. Lo studioso ha rilevato che tra le competenze valutate come più importanti, oltre alle abilità tecniche, figurava proprio l’intelligenza socio-emotiva.
L’intelligenza emotiva riguarda la capacità di percepire, riconoscere, regolare ed esprimere le emozioni, sia in se stessi che negli altri. Questa capacità non è utile solo nelle relazioni di tutti i giorni, ma è molto apprezzata anche in ambito lavorativo, perché permette di equilibrare le dinamiche di gruppo prima che degenerino e intacchino il raggiungimento degli obiettivi.
Insomma, oltre alle abilità tecniche e puramente cognitive, come il quoziente intellettivo (QI), le competenze più ricercate nelle realtà professionali sembrano essere: una comunicazione efficace, la stabilità emotiva in condizioni di stress, la cooperazione per raggiungere obiettivi condivisi e l’attenzione alle relazioni.
L’utilità della formazione esperienziale
Un’opportunità di crescita per chi è coinvolto in contesti di gruppo per professione è la formazione esperienziale, finalizzata a conoscere, attraverso l’esperienza diretta, i fenomeni e le modalità di funzionamento individuali e collettive.
Un lavoro esperienziale può svolgersi in team già costituiti, elaborando le difficoltà emerse, oppure creando gruppi di persone ad hoc, che lavorano su obiettivi specifici. Gli strumenti più usati sono giochi, esercitazioni, brainstorming, simulazioni della realtà.
Nel gruppo di lavoro, attraverso un conduttore, si promuove la cooperazione dei partecipanti per raggiungere gli obiettivi condivisi, sfruttando la diversità come potente risorsa. Nuove esperienze relazionali aprono nuove possibilità, condivisione di valori, processi di identificazione e confronto reciproco, tutti elementi che conducono il team a un maggior benessere.