“Arriviamo davanti alla scuola, si vede il portone ma solo se si guarda oltre tutte le mamme, i papà, persone che sono lì davanti a salutare e a chiacchierare, con bici, cani, bimbi piccoli, pacchi o borse. Sono arrivati prima di noi che siamo sempre trafelati, un pò di corsa, uno per mano, l’altra che ci precede o resta indietro perché vuole sempre fare da sola. Le facce e gli sguardi che incontriamo sono spesso conosciuti. Ma ogni giorno ne vediamo di nuovi e mi chiedo: com’è possibile che mi manchi sempre qualcosa? Che non abbia la situazione in mano? Perché altre mamme conoscono tutti, con alcuni sono anche in grande confidenza, mentre io a stento saluto due o tre persone? Non riesco più ad essere socievole, figuriamoci popolare. Fingo fretta, guardo il telefono e con passo svelto mi avvio verso casa come se avessi mille impegni che mi aspettano anche se questa mattina non è così. Anche se spesso non è così. Non riesco ad entrare nel ruolo della mamma a tempo pieno (e forse un pochino mi piacerebbe), ma non riesco a lasciare quello della mamma che lavora. Non sono a pieno né uno né l’altro. Quindi cosa sono? Sono io che scappo o gli altri che mi evitano? Eppure mi ricordo che una volta ero simpatica. Cosa c’è che non va in me? Cosa non piace, non convince?” Paola
Risponde Francesca Biondini, psicoterapeuta del Centro Medico Santagostino
Il manuale per fare la mamma non lo ha scritto nessuno: è forse il lavoro più difficile al mondo. E oggi più che mai è davvero una sfida farlo bene stando bene.
Innanzitutto, sono note le reali difficoltà per le mamme: troppi impegni, non solo delle mamme ma anche degli stessi bambini, difficoltà pratiche come il traffico, la lontananza dalla famiglia (i nonni, quando ci sono, sono una validissima risorsa ma spesso sono fisicamente lontani). Non da ultimo, spesso il secondo stipendio in famiglia non è solo questione di realizzazione personale, ma una vera e propria esigenza economica.
In secondo luogo siamo la società dalle mille aspettative, su di noi, sulla nostra famiglia, sui nostri figli. Non riusciamo a raggiungere un equilibrio che già stiamo cercando qualcosa di più, un punto più alto a cui puntare. Questo ci impone di correre di più e più velocemente, di non poter rinunciare a nulla, di legittimarsi ogni forma di obiettivo e sentirci in difficoltà se siamo meno degli altri. Le aspettative puntano il dito al paragone con gli altri ed al giudizio sociale. A volte sembra quasi che non viviamo per noi ma per un pubblico di follower che dobbiamo soddisfare.
E qui veniamo a Paola. Il sentirsi fuori luogo, diversa dalle altre, non è che un vissuto interiore, nulla a che vedere con la realtà. La stessa sensazione che forse provano anche tutte le altre madri lì davanti all’ingresso della scuola. Benvenuta Paola nel club della dilagante e contagiosa “paura di non essere ok”.
Ma ok per chi? Rispetto a cosa? Chi ha detto che dobbiamo riuscire a fare tutto benissimo? Ma soprattutto, chi ha detto che ne dobbiamo avere voglia? A volte le mamme possono permettersi e addirittura desiderare di non essere perfette. È del tutto normale, non dovrebbe essere una vergogna.
Da ultimo: le donne più degli uomini soffrono di una pesante e severa autocritica. Eppure hanno un’intelligenza emotiva notoriamente più sviluppata della maggior parte degli uomini, lottano senza tregua per essere presenti in famiglia, ma anche per muoversi con successo in un ambiente di lavoro spesso costruito su misura per gli uomini. Il consiglio (e la speranza) è che le donne smettano di sentirsi inadatte nei propri panni e comincino a valorizzare i propri punti di forza (che non sono per forza gli stessi degli uomini) e ad accettare di buon grado le proprie debolezze.
(28 Novembre 2017)