La carenza di vitamina D, la cui importanza per il funzionamento del cervello è oggetto di studi recenti, è tra i fattori ambientali che potrebbero contribuire allo sviluppo della depressione.
L’origine della depressione è per certi versi ancora un mistero. I fattori che sembrano avere un ruolo nell’insorgenza di questa malattia sono diversi e negli ultimi decenni molti studi si sono concentrati su fattori come stress, farmaci, esercizio fisico, alimentazione. Tra questi filoni di ricerca, uno dei più significativi è quello sulla correlazione tra questa patologia e un problema che è ormai diventato globale: la carenza di vitamina D. Più di un terzo dei 200 studi recensiti nel 2013 dal team di ricercatori coordinato da Kristina Hoffmann del Mannheim Institute of Public Health ha documentato che i livelli medi di vitamina D nella popolazione mondiale sono inferiori a 20 ng/ml, valore considerato al di sotto della soglia ottimale.
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Da dove viene la vitamina D?
Diversi sono i fattori in grado di influenzare la sintesi di vitamina D, alcuni legati alle caratteristiche dell’individuo, come sesso e caratteristiche fisiche (fenotipo), altri ambientali come alimentazione, attività fisica, zona geografica. La carenza di vitamina D può essere determinata dall’invecchiamento (i meccanismi di sintesi di questa vitamina da parte della pelle diventano progressivamente meno efficienti) e da alcune malattie o farmaci.
In definitiva però, la sintesi della vitamina D è garantita ben dell’80% da un’adeguata esposizione alla luce solare. Uno studio condotto in Italia nel 2003, ha messo in luce come una grandissima percentuale di donne anziane (86%) presentasse, nei mesi con minor esposizione alla luce solare (da novembre a marzo), bassi livelli di vitamina D.
Solo il 20 per cento di questa vitamina proviene da ciò che mangiamo e non basta consumare alimenti che ne sono ricchi (come olio di fegato di merluzzo, pesci grassi come aringhe, tonno fresco, salmone, fegato di suino, formaggi grassi o latte intero, tuorlo d’uovo) per apportare la giusta quantità di vitamina D.
Vitamina D: un vero e proprio ormone
Superato il modello tradizionale, che riconosceva il ruolo della vitamina D come unicamente legato al mantenimento dei livelli di calcio nel sangue e mineralizzazione dello scheletro, oggi la ricerca è concorde nel considerare la sua funzione come quella di un vero e proprio ormone che agisce sul sistema endocrino, attraverso recettori presenti nella maggior parte dei sistemi fisiologici, compreso il cervello. L’importanza della vitamina D per molti processi cerebrali, tra cui neuro-immuno modulazione e neuroplasticità, suggerisce che potrebbe avere un ruolo anche in malattie psichiatriche come la depressione.
La correlazione tra vitamina D e malattia depressiva è stata rafforzata dall’identificazione dei recettori della vitamina proprio nelle aree del cervello coinvolte nella depressione stessa.
La carenza di vitamina D è direttamente connessa allo sviluppo di depressione perché è proprio questa vitamina a modulare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che regola la produzione e impedisce l’esaurimento di neurotrasmettitori (adrenalina, noradrenalina, dopamina e serotonina). Su questo meccanismo si è concentrato un sempre maggior interesse da parte dei ricercatori.
Vitamina D e depressione: risultati e limiti
La carenza di vitamina D oggi è associata a un aumento del rischio di depressione e di suicidio; uno studio del 2014 ne ha confrontato i livelli in pazienti affetti da depressione e con una storia di tentato suicidio, in pazienti depressi ma senza questa tendenza e pazienti sani: nei primi i livelli di vitamina D erano significativamente al di sotto dello standard. Tuttavia, il rapporto causa-effetto e l’efficacia degli integratori nel prevenire gesti suicidi rimangono controversi.
Infatti, anche se si sono riscontrate correlazioni tra carenza di vitamina D e depressione in molti studi d’osservazione, nella maggior parte delle meta-analisi prese in esame non vengono riportati risultati soddisfacenti e si sottolineano importanti limiti negli studi.
Uno studio significativo pubblicato nel 2013 ha confrontato l’effetto dell’associazione di vitamina D e fluoxetina (farmaco prescritto per depressione, disturbo ossessivo compulsivo e bulimia nervosa) e della fluoxetina da sola in pazienti con disturbo depressivo maggiore. Dai risultati è emerso che la combinazione di vitamina D e fluoxetina ha mostrato miglioramenti nei sintomi già a partire dalla quarta settimana di terapia, suggerendo che l’associazione tra i due composti abbia effetti superiori nel controllo dei sintomi che non la fluoxetina da sola.
Questi risultati sono interessanti per la ricerca sulla prevenzione e la cura dei disturbi depressivi -che oggi costituiscono la prima causa di disabilità nel mondo-, ma le indagini da fare sono ancora numerose. Indagare il legame tra carenza di vitamina D e luce solare in alcuni sottogruppi di popolazione a maggior rischio di depressione è un’opportunità da approfondire per la cura della depressione.
(12 Aprile 2017)