Psichiatria

Effetto Zeigarnik: quando una persona non se ne va dalla mente

Un effetto psicologico scoperto da Bluma Zeigarnik aiuta a capire le relazioni

Effetto Zeigarnik: quando una persona non se ne va dalla mente

Se pensi spesso a qualcuno e non riesci a dimenticarlo – che sia un amico che non vedi da anni, il tuo ex o una persona incontrata a una festa il mese scorso – potrebbe essere colpa del modo in cui il cervello ricorda le cose. L’effetto Zeigarnik, utilizzato per spiegare anche come le canzoni si fissano in mente in modo ripetitivo, suggerisce alcune preziose intuizioni su come voltare finalmente pagina.

Vi è mai capitato di ascoltare uno spezzone di una canzone che poi vi siete ritrovati a canticchiare dopo qualche ora? O di ripensare intensamente all’ultima puntata di un telefilm, la cui ultima scena è terminata proprio sul più bello? Ebbene, sono solo due delle tante manifestazioni di un meccanismo molto affascinante che si chiama effetto Zeigarnik e che spiega perché è così difficile dimenticare, oltre che le canzoni o i film, anche alcune persone o relazioni. Questo effetto è stato scoperto dalla psicologa lituana Bluma Zeigarnik mentre si trovava a cena in un ristorante viennese piuttosto affollato. Intenta a consumare la sua cena, la psicologa notò che Il cameriere riusciva nell’arduo compito di ricordare a mente un numero sbalorditivo di ordinazioni, ma una volta portate al tavolo le pietanze dimenticava ciò che aveva servito. Tuttavia, sembrava ricordare molto meglio, anche a distanza di tempo, le ordinazioni lasciate a metà. Zeigarnik, da brava scienziata, approfondì il fenomeno in laboratorio e gli studi confermarono le sue intuizioni: quando un compito non viene portato a termine, si crea uno stato mentale di tensione che impedisce alla mente di iniziarne un altro da zero. È lo stesso meccanismo che viene messo in atto quando si compila una lista delle cose da fare o si inserisce un impegno in agenda. Per il solo fatto di aver pianificato un’attività, la mente trasmette messaggi ansiogeni che invitano a portarla a termine, impedendo di concentrarsi su altri processi mentali. Ne consegue che, per dimenticare e non pensare più a qualcosa, qualunque essa sia, è indispensabile “concludere” l’azione mentale iniziata in precedenza. Per farlo, spesso risulta necessario dare ascolto a quei richiami di completamento.

Comprendere le relazioni “sospese”

L’effetto Zeigarnik è responsabile anche di un altro fenomeno a volte irritante: quello di non riuscire a togliersi una canzone dalla testa. Una manciata di note musicali ascoltate di fretta in radio restano così impresse nella memoria da non poterle ignorare. Se trasportiamo questo meccanismo all’interno delle relazioni “sospese”, quelle cioè che sono concluse senza essere veramente risolte, non sarà difficile comprendere perché lasciarsi alle spalle queste relazioni diventi a volte complicato. È proprio per l’effetto Zeigarnik che una relazione, all’apparenza terminata, continua a perdurare nella mente. Potremmo dedurre che siamo programmati per continuare i progetti intrapresi, e così una relazione conclusa per volontà di qualcun altro e senza un chiaro e netto accordo (o rifiuto), potrebbe essere difficile da digerire. L’effetto Zeigarnik viene sfruttato anche nelle pubblicità dei trailer dei film in uscita al cinema: viene mostrata una sequenza di scene interessanti, che crea tensione e curiosità, chiudendo però il trailer sul momento di maggiore suspense con la data di uscita del film nei cinema. Questo espediente narrativo è definito cliffhanger e serve proprio per generare nello spettatore un senso di forte interesse e di non compiutezza. Nel caso delle relazioni, il sospeso e il non detto potrebbero influenzare in modo negativo l’autostima, a causa di un continuo rimuginio e auto-svalutazione. Le ore passeranno in preda a speculazioni inutili sul passato, che verrà rivissuto di continuo, e non considerato come “fatto compiuto”, ma dolorosa entità in divenire. I possibili sensi di colpa (se avessi fatto questo o quell’altro..) e i mirabolanti scenari della fantasia (sarebbe bello se…) potrebbero spingere molte persone a cercare in modo spasmodico di riprendere i contatti, con la speranza (o più propriamente illusione) di rivivere nel presente l’occasione persa.

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Cosa fare quindi?

Certo, potremmo rifiutare tutto questo, decidere di fare altro, darci al bungee jumping o a un hobby orientale, ma intanto il nostro pensiero, che lo vogliamo oppure no, continuerà a tornare a quella parola non detta o a quella lettera non scritta, insomma alla relazione sospesa. Cercare di distrarsi, insomma, è poco efficace.

  1. Il primo passo potrebbe essere quindi quello di accettare, con serenità, che il sentiero di ognuno è spesso segnato da eventi che rimangono lasciati a metà o vengono interrotti bruscamente.
  2. Il secondo passo è quello di svincolarsi dai malintesi, dal dolore e dalla tristezza, creando le condizioni per ritrovarsi con questa persona per sciogliere i nodi e per tagliare finalmente questo vincolo. Morale della favola: il metodo più pratico per scacciare una persona dalla nostra mente è lo stesso che utilizziamo per scacciare dalla nostra testa le note di una canzone insistente: ascoltarla fino alla fine. In questo modo il nostro cervello sarà più ben disposto, a quel punto, a lasciarla andare.

Lo dicevano anche gli psicologi della gestalt, quando affermavano che una configurazione visiva incompiuta si fissa nella memoria più di una compiuta. Anche Lacan, noto psicoanalista, scrisse che i conflitti non risolti si fissano con maggior persistenza nell’apparato psichico.