Dipendenze patologiche: i 4 livelli di cura per un intervento efficace

Lo stato dell'arte sul trattamento delle dipendenze patologiche

Per specialisti
Dipendenze patologiche: i 4 livelli di cura per un intervento efficace

Per intervenire sulle dipendenze patologiche è fondamentale mettere a fuoco i quattro livelli su cui si articola il trattamento di questi disturbi: farmacologico, comportamentale, psicologico e sociale.

Gestire le dipendenze patologiche, in qualunque forma si manifestino, non è una cosa semplice. Possiamo identificare due tipologie di dipendenza, a seconda che questa si esprima nei confronti di una sostanza o di un comportamento.

La dipendenza da cocaina, ad esempio, prevede l’utilizzo di una sostanza. Una dipendenza da smartphone o dal gioco, invece, si struttura intorno a un comportamento.

Entrambe queste modalità hanno in comune meccanismi neurobiologici che riguardano il circuito di reward (“ricompensa”) e la dopamina.

In questo articolo approfondiamo le diverse opzioni terapeutiche per gestire una dipendenza.

I quattro livelli di gestione delle dipendenze patologiche

Il Sistema Sanitario Nazionale ha predisposto diversi possibili trattamenti per i disturbi da addiction. Una dipendenza patologica può compromettere profondamente la vita di un individuo e sono necessari livelli di lavoro diversificati.

Questi piani d’azione devono essere attivati in contemporanea, senza considerare un approccio come superiore agli altri. Spesso, inoltre, mettere in campo uno solo di questi piani di intervento non è sufficiente. Vediamo quali sono i quattro livelli terapeutici per gestire le dipendenze.

  1. Piano farmacologico
    Si rivela utile quando l’individuo è intrappolato nell’abuso di sostanze che producono dipendenza fisica, come l’eroina, il crack o l’alcol. I farmaci sono efficaci anche quando l’individuo non è in grado di gestire la sua impulsività e le compulsioni nei confronti dell’oggetto di dipendenza. Una visita psichiatrica è indispensabile per limitare le ricadute della dipendenza su altre aree della vita della persona (familiari, lavorative, relazionali). 
  2. Piano comportamentale
    Per vincere una dipendenza occorre sostituire un’abitudine negativa con un’abitudine più salutare o innocua. Per fare questo, occorrerà agire in modo molto concreto sul comportamento. Dovremo quindi fare in modo di allontanare l’individuo dal suo oggetto di dipendenza, prima di tutto fisicamente. Ancora oggi le comunità residenziali per tossicodipendenti rappresentano uno strumento potente per allontanare la persona dal suo oggetto di dipendenza. Il soggiorno in comunità permette una disintossicazione (wash out) dalla sostanza, aiuta a elaborare nuove forme di interazione con la realtà e consente di impostare un’adeguata terapia farmacologica. Quando poi la forza del singolo è insufficiente, è opportuno valutare l’ipotesi di un intervento più incisivo. Il dramma di alcuni soggetti tossicodipendenti riguarda infatti la forza dell’Io, la capacità di imporsi su se stessi e di regolare la propria impulsività. In alcuni casi, infine, possono essere previsti trattamenti obbligatori o – se viene infranta la legge – il carcere.
  3. Piano psicoterapico
    Un aspetto fondamentale del lavoro sulle dipendenze è la capacità di regolare l’emotività. È importante inoltre comprendere il significato dell’uso della sostanza o del ricorso al comportamento di dipendenza (ricreativo, socializzante, auto-terapeutico, di protesta); i vuoti o i conflitti di natura affettiva che la dipendenza va a colmare; la presenza o meno di disturbi sottostanti o precedenti la dipendenza stessa. Un aspetto importante, infine, riguarda il posizionamento (vedi prossimi paragrafi).
  4. Piano sociale
    Le persone che sviluppano dipendenze patologiche non lo fanno nel vuoto, ma all’interno di un contesto sociale. Questo è spesso patologico o foriero di occasioni di consumo. Per chi usa cocaina, ad esempio, vivere in una grande città è differente dal vivere in un piccolo paese di montagna, anche solo per le occasioni di contatto con l’oggetto di dipendenza. A seconda del contesto cambiano anche frequentazioni, amicizie, abitudini… Rinunciando a una sostanza come la cocaina, la persona dovrà cambiare completamente contesto di vita. È molto frequente infatti il caso in cui ex-tossicodipendenti si ritrovino socialmente isolati, dato che le frequentazioni precedenti erano incentrate quasi solo sul comportamento di dipendenza.
    Altro aspetto importante riguarda il reinserimento lavorativo e abitativo. Di solito nei casi più gravi intervengono i centri per le dipendenze (SerD) e i servizi sociali di riferimento. La dimensione del territorio è fondamentale: il rischio di reinserire il paziente in un contesto a rischio, vanificando il lavoro precedente, è altissimo. È forse questo l’anello debole della filiera terapeutica, pur essendo uno dei più importanti.

Interventi bottom-up e top-down, quale differenza?

Possiamo dividere i quattro vettori di intervento in due grandi categorie: gli interventi bottom-up (dal basso verso l’alto) e gli interventi top-down (cioè “dall’alto”). Gli interventi bottom-up riguardano l’individuo per primo, e poi la sua realtà. Ne sono un esempio la psicoterapia e la farmacoterapia. Gli interventi top-down riguardano tutto ciò che viene dalle istituzioni, in ragione di una eccessiva debolezza dell’individuo nei confronti della sua dipendenza. Ne sono un esempio i ricoveri prescritti da uno psichiatra o un periodo di “ritiro” in una comunità residenziale proposto da un SerD o ordinato da un tribunale.

Questi due interventi, soprattutto nei casi più complessi, andrebbero preferibilmente integrati. Per questo motivo, un primo passaggio per affrontare problemi di addiction (di qualsiasi entità), è richiedere una presa in carico doppia, ovvero che includa psichiatra e psicoterapeuta.

Altri aspetti teorici vengono approfonditi da Stefano Canali sul sito psicoattivo.com

L’importanza del posizionamento

Un aspetto importante nel percorso di guarigione da una dipendenza riguarda il posizionamento nei confronti della sostanza.

Posizionarsi vuol dire assumere una posizione sempre più consapevole e lucida rispetto alla propria dipendenza.

Spesso prima di prendere posizione è necessario fare chiarezza su ciò che si sente e si desidera. Ciò implica un bilancio realistico di vantaggi e svantaggi del comportamento di dipendenza.

Dalla luna di miele all’ambivalenza

Immaginiamo di trovarci in una relazione con un partner intrigante ma scostante. Superata una fase iniziale di entusiasmo e gioia (“luna di miele”) inizieremo a intravedere gli effetti negativi che l’atteggiamento di quell’individuo ha sul nostro benessere psicologico. Superato l’idillio iniziale ci scopriamo infatti a vivere sentimenti contrastanti: pur essendo affascinati, ci sentiamo a disagio nella relazione.

Accorgersi di questi aspetti conduce a sviluppare sentimenti opposti ma coesistenti. In altre parole, diventiamo ambivalenti. Sentiamo trasporto e gioia, ma anche rabbia e odio.

Il passaggio da innamoramento ad ambivalenza si verifica anche nelle dipendenze patologiche.

In un primo momento la persona vive una luna di miele con la sostanza. Con il tempo, però, inizia a detestare l’oggetto desiderato, causa del potere da esso esercitato su di lui/lei. Questo passaggio può avvenire con ogni elemento in grado di causare dipendenza, dalla cannabis ai social network.

Molte persone vivono questa fase di ambivalenza e di mancato posizionamento per molto tempo, permanendo per anni nel limbo dell’ambivalenza. Da un lato cercano la vicinanza all’oggetto (sigaretta, sostanza, smartphone…), dall’altro cercano invece di disfarsene, spesso delegando ad altri il compito di operare questa separazione.

Raggiungere una posizione ferma e consapevole nei confronti dell’oggetto che dà dipendenza indirizza verso condotte più salutari, come l’astinenza protratta o l’“uso controllato” (ovvero più saltuario e consapevole).

Quali fattori di protezione da una dipendenza

Per concludere, alcuni autori hanno teorizzato che un importante fattore protettivo rispetto allo sviluppo di una dipendenza sia il senso di connessione con gli altri e con la vita. Numerosi esperimenti hanno infatti notato come in ambienti ricchi di stimoli positivi (detti appunto “arricchiti”), gli animali da esperimento tendessero a sviluppare poco, o a non sviluppare affatto, comportamenti di dipendenza. 

Si veda, a questo proposito, il seguente video: