In molte culture, tornare a casa o vedere parenti per le feste è quasi un obbligo morale. Ma se per molti le tradizioni sono un punto di riferimento, altri fanno più fatica a vivere con serenità queste occasioni. Abbiamo provato a capire perché, stilando una breve guida di sopravvivenza.
Camminando per le strade del centro, a partire da ottobre, in mezzo al caos frenetico e sotto le luminarie che addobbano a festa la città, avrete di sicuro iniziato a sentire una voce e alcune melodie familiari: Michael Bublé esibisce il suo repertorio di musica natalizia, incalzando i passanti allo shopping.
In questa folla (ma anche in voi stessi) potrete allora distinguere due tipi di reazioni nei vostri conoscenti: una di gioia e felicità, l’altra di ansia.
Le feste comandate comportano in effetti una forte spinta a comportamenti sociali attesi e ben definiti, che possono mettere ansia. Così ci si aspetta, ad esempio, che il Natale venga passato in famiglia (“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”) e che se provi affetto per qualcuno dovresti dimostrarlo con un regalo (qualcuno è arrivato a proporre addirittura una mozione contro i regali di Natale). Di fronte a tutto questo, alcuni arrivano a provare reazioni di forte ansia e rifiuto. C’entrano i concetti di identità e di qualità delle relazioni familiari, ma anche la percezione che abbiamo del tempo.
Identità e tradizioni
Secondo Erik Erikson, noto psicoanalista che ha descritto lo sviluppo psicosociale degli individui, la nostra identità, pur sviluppandosi in tutto il ciclo di vita, viene plasmata con maggiore forza durante l’adolescenza, quando entriamo in conflitto con il sistema di valori appresi. Nel corso del tempo stabiliamo una nostra personalità peculiare, che ci distingue dagli altri. Diventando adulti acquisiamo anche (o dovremmo acquisire) maggiore autonomia rispetto alla famiglia d’origine. La nostra esistenza si svincola da questa e diamo vita a nuovi nuclei familiari e reti amicali. Tuttavia, alcuni acquisiscono e assorbono le aspettative familiari più di altri, limitando l’esplorazione delle possibili identità. È come se sentissimo una forma di lealtà verso le norme e gli standard trasmessi da genitori, nonni, e dalla propria rete familiare allargata. Per esempio, i nostri genitori ci insegnano ad apprezzare determinati cibi, o tipi di musica, e ci trasmettono valori sociali o politici, tradizioni e rituali. Crescendo, una parte di questi valori verranno mantenuti come parte della propria identità, altri, invece, verranno rifiutati, in cerca di un modo di vivere e vedere il mondo che sentiamo più affine alla nostra personalità. Le feste comandate sono vissute con insofferenza da molte persone proprio a causa del distacco interiore dalle tradizioni familiari in cui non ci si riconosce più.
Tensioni irrisolte
Ne avevamo già parlato qui. Le dinamiche familiari sono complicate. I ricercatori e gli psicologi clinici se ne occupano da tempo. Oggi sappiamo che il nucleo familiare può essere fonte di accudimento e protezione, ma anche di forte disagio. Un esempio di ciò è il triangolo drammatico, situazione in cui i membri della famiglia ricoprono i ruoli di vittima, persecutore, e salvatore, agendo una recita inconsapevole e malsana, dannosa per il benessere di tutti.
La distanza dai familiari spesso riflette un tentativo di sottrarsi a un clima psicologico teso e soffocante. Il problema è che questo allontanamento, a volte, assume i connotati di una fuga, che i teorici sistemici hanno chiamato “taglio emotivo”. In questa risposta, la persona recide i legami con la propria famiglia, sottraendo la propria presenza fisica, mentale e affettiva. Ciò avviene soprattutto per adattarsi a una situazione di sofferenza. I problemi relazionali però rimangono lì, irrisolti e sempre in agguato, e quando ci si riunisce tutti, in occasione delle feste, si innescano le solite dinamiche, cosa che ci fa entrare in uno stato di allerta ancora prima di partire.
Lo scorrere del tempo
Un ultimo fattore da considerare è il modo in cui percepiamo lo scorrere del tempo. I workaholic, ad esempio, ovvero le persone dipendenti dal lavoro, potrebbero percepire il tempo speso in vacanza come tempo perso, inutile, improduttivo, sperimentando quindi un maggiore grado di stress. Invece di vivere il tempo a disposizione come meritato relax, le feste appaiono come un vuoto di attività e di senso che non sono più abituati ad affrontare.
Un altro problema è che le feste rappresentano un momento di bilanci. Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto. Dove sono arrivato? Cosa ho fatto finora? Ho raggiunto i miei obiettivi? Insomma, ci troviamo improvvisamente obbligati a fare i conti con noi stessi.
In altre parole, le feste richiamano un senso di circolarità e di incalzante scorrere del tempo.
Breve guida di sopravvivenza
In base a quanto abbiamo detto, a volte dover tornare in famiglia può essere una vera sfida. Vi lasciamo alcuni spunti per sopravvivere alle domande difficili tipiche dei cenoni:
- “quando ti sposi?”: Possibile anche nelle varianti “quando ti laurei?”, “quando fai un figlio?”, “stai lavorando?”. Non vi preoccupate, spesso queste domande sono dovute al non sapere di cosa parlare, o al voler trasmettere interesse verso di voi. Inoltre, se le domande arrivano da parenti più anziani, avete a che fare con una visione del mondo e un linguaggio con cui, con molte probabilità, non riuscirete a confrontarvi in maniera costruttiva. Evitate discussioni impegnative, rispondete in base a quello che gli altri si aspettano da voi. Insomma, fate buon viso a cattivo gioco e verrete lasciati in pace;
- Un passo indietro: quando si innescano le solite dinamiche familiari drammatiche, siate pronti a riconoscere il ruolo in cui vi state per immedesimare (per es. vittima, persecutore o salvatore) e fate un passo indietro. Cercate di non prendere parte ai soliti “giochi” mentali familiari e agite, per quanto potete, in modo maturo;
- Scegli le tue battaglie: se i vostri familiari non sono cambiati per anni, è molto difficile che lo faranno proprio ora. Vale la pena investire energie e risorse (che invece potreste recuperare) in battaglie perse? Se il sistema non cambia, bisogna fare in modo di adattarsi a esso;
- Non siete soli: l’ansia e l’insofferenza nel tornare in famiglia sono comuni. Focalizzatevi sugli aspetti positivi, e cercate di ignorate il resto. Insomma, fate come Brunori in La vigilia di Natale.
(11 Dicembre 2018)