Con l’arrivo di internet e dei social hanno preso piede anche nuovi fenomeni, movimenti e challenge con cui gli adolescenti si ritrovano ad avere a che fare. La dottoressa Simona Solimando e la dottoressa Elisa Gradi, psicoterapeute dell’equipe adolescenti di Santagostino Psiche, ci parlano in questo articolo di quali sono, come funzionano e come proteggere i più giovani.
Cosa sono le mode sui social?
Attraverso la rete e i social media, alcune tendenze nascono, si diffondono e dilagano nel web con una rapidità straordinaria. Alcune di queste possono nascondere gravi rischi per la salute.
Gli adolescenti risultano particolarmente sensibili a queste mode, spesso guidati dagli influencer che le sostengono e le diffondono.
Molte di queste mode social riguardano il corpo, che subisce profondi cambiamenti durante l’adolescenza e che assume un’importanza fondamentale in quanto mezzo di presentazione di sé agli altri. In questo contesto, il giudizio delle persone online assume un ruolo determinante, accrescendo in modo significativo l’importanza del corpo come vetrina dell’identità personale.
Cosa è il body shaming?
Molto diffusa, la pratica del body shaming si riferisce all’atto di criticare o deridere una persona per il suo aspetto fisico, usando insulti, battute, allusioni o commenti denigratori. Questi attacchi vengono spesso diffusi attraverso i social media e tendono ad essere ripetuti e continuativi.
Cosa è il movimento “pro ana”?
Tra adolescenti e giovani adulti, una tendenza molto pericolosa che si è diffusa è rappresentata dal movimento “pro ana” (abbreviazione di “pro-anorexia”), che promuove, in modo distorto e dannoso, il culto dell’anoressia come uno stile di vita, cercando di normalizzare comportamenti estremi e malsani legati al controllo del peso. Questo movimento si fonda sull’idea che l’anoressia nervosapossa essere vista come una scelta volontaria da celebrare, una forma di autodisciplina e controllo, non come una malattia da combattere. Le persone che aderiscono a questa ideologia rifiutano qualsiasi tipo di trattamento medico o psicologico che possa aiutarle a superare il disturbo.
Cosa è il cutting?
La pratica dell’autolesionismo (o self-harm) è un fenomeno che consiste nell’atto di infliggersi intenzionalmente danni fisici. Si tratta di un modo per affrontare o esprimere emozioni dolorose, stress o traumi emotivi. Estremamente diffusi tra gli adolescenti sono in particolare il cutting (che consiste nel provocarsi ferite e tagli sul corpo con strumenti affilati) e lo scarring o scarnificazione (che comporta tagli così profondi da provocare sanguinamento). Tali gesti vengono compiuti con l’intenzione, spesso non consapevole, di portare a livello del corpo un dolore emotivo altrimenti ingestibile, creandosi così la fantasia di poterlo maggiormente controllare e gestire. Questi ultimi sono fenomeni meno legati alla rete e a internet, rispetto ai comportamenti descritti precedentemente, ma sono estremamente noti tra gli adolescenti che attraverso il passaparola divulgano questa modalità di affrontare il dolore, che può essere molto rischiosa per la salute.
Le Challenge o sfide social: cosa sono e come si sviluppano
Le sfide o challenge social sono sempre più diffuse sul web e suscitano l’interesse di un gran numero di persone, coinvolgendo soprattutto adolescenti. Non si tratta di una consuetudine che comporta pericoli di per sé, ma è bene conoscerne le dinamiche e le implicazioni per proteggere i più giovani.
Come funzionano le sfide sui social network?
È importante fare una premessa: i giovani sfidano se stessi e gli altri da prima della diffusione delle tecnologie digitali. Non è un fenomeno nuovo soprattutto in adolescenza quello di dimostrare di essere coraggiosi in situazioni pericolose e di misurarsi con i propri limiti.
Con la diffusione dei social media, la natura di queste sfide si è caratterizzata da nuove dinamiche: chi partecipa è alla ricerca di visibilità e accettazione tramite i like, ogni sfida online viene registrata e produce contenuti, video talvolta di natura violenta che viaggiano attraverso i social e che rischiano di diventare virali perché raggiungono popolarità… Il rischio di emulazione diventa alto.
La pressione tra coetanei gioca un ruolo importante. Imitare e impressionare i propri compagni sancisce e rinforza il senso di appartenenza ad un gruppo.
Le sfide online variano enormemente e non sono tutte problematiche. Possono essere una pratica diffusa di produzione e condivisione di contenuti come ad esempio le challenge a scopo benefico e creativo. TikTok è il social che più di tutti le ha lanciate, ma non è l’unico.
Cosa sono le challenge estreme?
Per challenge estreme si intendono le sfide a compiere “atti di coraggio”. Ad esempio, BlackOut Challenge e Hanging Challenge sono nomi di presunte sfide in cui si vede il partecipante stringersi una cintura intorno al collo e provare a resistere il più possibile.
Non ci sono evidenze ancora sulla presenza sui social di questo fenomeno e quanto sia effettivamente diffuso, ma di challenge estreme purtroppo si parla molto. I fatti di cronaca lo dimostrano. Ne è un esempio il fenomeno Blue Whale, una pratica per suggestionare i ragazzi e indurli progressivamente a compiere degli atti di autolesionismo, azioni pericolose come sporgersi da cornicioni o finestre, selfie pericolosi, sino ad atti che possono esitare nella morte.
Questa suggestione può essere operata dalla volontà di un adulto (o gruppi di adulti) che aggancia via social i ragazzi. Le vittime sono indotte alla progressione nelle tappe della pratica o, tramite messaggi sui social, nei quali i ragazzi si confrontano sulle varie tappe, si incoraggiano reciprocamente, si incitano a progredire nelle azioni pericolose, lasciando fuori dalla porta gli adulti che sono all’oscuro di queste sfide.
L’effetto emulazione è il più pericoloso per questo occorre parlare di questi fenomeni con attenzione.
Ad oggi si conosce poco della reale correlazione tra casi di suicidio e la partecipazione a una
challenge.
Sappiamo però che le fragilità dell’adolescenza sono molteplici e, a prescindere dalla tecnologia, gli atti di autolesionismo possono essere molto diffusi in questa fascia d’età.
Come proteggere i ragazzi da questo fenomeno in aumento?
Con la crisi Covid-19 abbiamo assistito ad un aumento delle vulnerabilità ed esposizione a possibili rischi online. Si sono ampliati i fattori e le condizioni di rischio, si è ampliata la fruizione di spazi online per soddisfare moltissimi bisogni in assenza di una dimensione della socialità in presenza.
Per proteggere i ragazzi dai rischi delle sfide social è importante che gli adulti di riferimento come genitori e insegnanti, conoscano e indichino ai ragazzi gli ambienti digitali che possono frequentare a
seconda dell’età e senza dimenticare che è possibile iscriversi ai social network solo dai 13 anni in
su con il consenso dei genitori oppure dai 14 anni da soli.
È importante non dare per scontato il grado di autonomia che possono avere nell’uso delle tecnologie digitali e non avere paura di stabilire regole anche sulla condivisione delle attività.
La gestione della propria identità online va supportata, soprattutto agli inizi della loro permanenza
sui social, cercando di non diventare invadenti.
Parlare, interessarsi e prevenire sono le parole chiave per evitare di trovarsi coinvolti in situazioni
rischiose. Sebbene la pratica di verificare i contenuti dei propri figli possa essere un comportamento consigliabile per i più piccoli, facendolo diventare sempre oggetto di dialogo come condivisione di spunti educativi, per gli adolescenti è più complesso. Spesso rileggono tale comportamento dell’adulto di riferimento come un tentativo di ledere la loro privacy a cui hanno diritto e interferisce con una dinamica educativa basata sulla responsabilizzazione e progressiva autonomia nel mondo.
Gli adolescenti vanno supportati nel riconoscimento e nella gestione delle proprie emozioni, nello sviluppo di autonomia e responsabilità.
Devono imparare ad esercitare il proprio pensiero critico anche quando sono sui social, dietro ad uno schermo in cui potrebbe scattare un meccanismo di distacco e de-responsabilizzazione.
Soprattutto devono sapere che se si ritrovano in una situazione di pericolo possono chiedere aiuto e
possono riceverlo anche se si sono messi nei guai.