La neofobia alimentare

Perché molti bambini rifiutano di mangiare cibi nuovi o quando alimenti noti ma preparati in modo differente? Potrebbe trattarsi di un disturbo noto come neofobia alimentare. Scopriamo di cosa si tratta

La neofobia alimentare

La neofobia alimentare è una reazione di paura o resistenza di fronte all’introduzione di nuovi alimenti nella dieta.

Colpisce maggiormente i bambini, più inclini degli adulti a dimostrare esitazione o rifiuto nei confronti di cibi che non conoscono.

Ma quali cause si nascondono dietro questo atteggiamento? In che modo può essere corretto? Scopriamone di più.

Che cos’è la neofobia alimentare?

La neofobia alimentare è la riluttanza a consumare cibi nuovi o non familiari.

Non si tratta di una preferenza o di una scelta temporanea, ma di una risposta psicologica e comportamentale stimolata proprio dalla novità e mancata conoscenza dell’alimento in questione.

La neofobia alimentare è rivolta in gran parte verso verdure, frutta e legumi. Può riguardare a volte anche alimenti ad alto contenuto proteico, come la carne, e quelli altamente calorici. I bambini, in generale, tendono a mostrare resistenza verso cibi sconosciuti oppure presentati in modo insolito o più complesso (per esempio per via della varietà di colori o di forme particolari). Sono rassicurati, al contrario, dalla semplicità: per questo la pasta in bianco è un piatto solitamente ben accolto.

Neofobia e selettività alimentare

La neofobia, come si è visto, si presenta come una reazione fobica all’introduzione di cibi nuovi, mai provati prima. Si differenzia dunque dalla selettività alimentare, un comportamento disfunzionale che si manifesta in quei soggetti (principalmente bambini, ma anche adulti) che consumano unicamente una ristretta selezione di alimenti tra quelli già noti, escludendo tutto il resto.

Qual è la causa della neofobia alimentare?

La neofobia alimentare può essere spiegata come il lascito di una dinamica evolutiva, un meccanismo di difesa che porta a rifiutare alimenti sconosciuti che, in quanto tali, potrebbero rappresentare un potenziale pericolo per la propria incolumità.

Perché i bambini si rifiutano di mangiare?

Come accennato, la neofobia è un fenomeno principalmente infantile. Come mai? I bambini hanno in molti casi poca familiarità con numerosi cibi, che non hanno mai assaggiato. Quando gli viene proposto di provarli, si mostrano spesso diffidenti perché non li percepiscono come “sicuri”.

Il rifiuto può riguardare, come accennato, sia cibi nuovi sia cibi presentati diversamente dal solito. Nei primi anni di vita, per via dello sviluppo incompleto del loro sistema percettivo, i bambini sono portati ad apprezzare gli alimenti ai quali sono stati esposti più spesso e che sono in grado di riconoscere sulla base di informazioni visive, gustative e tattili. Queste informazioni sensoriali non vengono però ancora integrate in una visione unitaria, perché manca la capacità di estendere questi dettagli a un contesto più ampio. Ecco perché i bambini non riconoscono come familiari alimenti assaggiati in passato ma serviti in una nuova forma, e li respingono.

Tra i fattori percettivi che possono influire sull’insorgenza della neofobia può esserci anche un’ipersensibilità sensoriale, che rende ad alcuni soggetti determinati sapori o consistenze meno attraenti o addirittura sgraditi.

Anche fattori ambientali giocano un ruolo preponderante. Dinamiche familiari, come la pressione a mangiare o al contrario uno stile educativo troppo permissivo così come un’alimentazione monotona condotta dai genitori, possono influenzare la percezione del cibo nei piccoli e portarli a rifiutare nuove pietanze e nuovi gusti. 

Inoltre, la neofobia alimentare è collegata a una minore inclinazione verso la novità e a un ridotto piacere nel mangiare.

Quando inizia la selettività alimentare?

ll fenomeno della neofobia alimentare emerge di solito nell’età compresa tra i 2 e i 6 anni. Questa fase dello sviluppo è caratterizzata da una maggiore indipendenza dei bambini, che iniziano ad affermare le proprie preferenze in vari ambiti, incluso il cibo. Le prime manifestazioni di esitazione o rifiuto verso determinati alimenti riflettono non solo l’individuazione di gusti personali, ma anche la ricerca di autonomia nei confronti delle decisioni alimentari.

Durante questi anni, il bambino attraversa cambiamenti significativi nel ritmo di crescita, che possono influenzare il suo appetito e la propensione a sperimentare con nuovi sapori o consistenze.

Con il procedere dello sviluppo e l’acquisizione di una visione integrata del cibo, la neofobia tende a scomparire. Tuttavia, alcuni bambini che manifestano comportamenti neofobici particolarmente marcati e protratti nel tempo possono sviluppare una vera e propria selettività alimentare.

Come aiutare un bambino ad assaggiare il cibo?

Il modo migliore per aiutare i piccoli ad assumere buone abitudini alimentari e prevenire atteggiamenti neofobici è quello di esporli a una grande varietà di cibi nella fase precedente a quella in cui si manifesta in genere il disturbo, vale a dire fin dallo svezzamento. In particolare, introdurre fin dai primi anni i cibi più critici – le diverse tipologie di frutta, verdura e legumi – permetterà ai bambini di percepirli come cibi familiari.

Cosa fare invece per superare la neofobia se si è già instaurata? Sono necessarie una buona dose di pazienza e strategie mirate.

È fondamentale, innanzitutto, presentare i nuovi alimenti senza forzature, incorporandoli a poco a poco nella dieta affinché i bambini possano abituarsi progressivamente. Ricorrere a pressioni e costrizioni può essere controproducente, serve invece sforzarsi di creare un contesto positivo e privo di stress durante i pasti, che possa spingere i piccoli ad essere più collaborativi.

La persistenza è altrettanto importante: offrire ripetutamente un nuovo alimento, in diverse preparazioni, porta alla lunga il bambino ad accettarlo, specialmente se quello stesso cibo è consumato dal resto della famiglia. Non può mancare, dunque, il buon esempio da parte dei genitori.

Quando i bambini sono più grandi, un’altra soluzione che può risultare efficace è coinvolgerli nella preparazione dei pasti, per renderli più curiosi e aperti verso ciò che stanno per mangiare.

Nei casi più severi e di difficile gestione, in cui nessun rimedio sembra funzionare, il consulto di uno psicoterapeuta specializzato in materia è sempre la soluzione migliore per accompagnare il bambino in un percorso di educazione alimentare che lo porti a sviluppare un rapporto sano con il cibo.