Diario del terapeuta

La psicoterapia con gli adolescenti durante il Coronavirus

Quando lo smartphone diventa il nuovo setting

Il Santagostino ha dovuto chiudere molti ambulatori per limitare la diffusione del contagio. Come l’hanno presa gli adolescenti in psicoterapia?

Come psicologi, nelle ultime settimane ci siamo dovuti adattare a una situazione a dir poco surreale, inaspettata e improvvisa. La quasi totalità delle psicoterapie è stata spostata online per ridurre i rischi di contagio e questo ha portato a riflettere su nuovi temi nel rapporto con gli adolescenti che seguono un percorso di cura.

Ad esempio, come conciliare lo smart-working con una professione che fa dell’autenticità della relazione un elemento risanatorio? Impossibile. 

Infatti, nelle prime fasi dell’epidemia, quando ancora il virus non faceva così paura, l’équipe adolescenti ha cercato di difendere in tutti i modi lo spazio fisico dei giovani pazienti. Loro stessi rifiutavano l’idea della videoseduta. “Come faccio ad avere la mia privacy se ci sono mamma e papà in casa?”, “Assolutamente no, io vengo da te, anche perché sono già in giro”. 

E allora ci si vedeva in studio prendendo tutte le precauzioni del caso: non ci si dava la mano, si puliva tutto prima e dopo, si stava a distanza e avanti così. Ma con il decreto dell’8 marzo 2020, tutto è cambiato. 

E allora, di nuovo, a contattare i ragazzi uno per uno, senza però offrire la possibilità di uno spazio fisico. 

I giovani stavolta hanno accettato di buon grado e il lavoro si è spostato online generando un cambiamento che ci ha portato a riflettere su alcune tematiche.

– Leggi anche: Figli adolescenti, 5 consigli per gestire la relazione

Smartphone: da ossessione a setting

La psicoterapia ha trovato un nuovo spazio in cui svolgersi: quello tecnologico. E così, anche l’utilizzo dello smartphone ha assunto un nuovo significatoI genitori, gli insegnanti, e gli stessi psicologi, hanno dovuto ricredersi. Il telefonino, fonte di discussione nella maggior parte delle famiglie con adolescenti, è diventato un mezzo fondamentale, unico, perché dà la possibilità di mantenere la costanza del lavoro terapeutico.

Chi chiuso in macchina col pc collegato in hotspot al telefono, chi al parco col cappuccio chinato a coprire il volto, chi si ritaglia una stanza in qualche angolo della casa, ecco che le sedute di psicoterapia prendono vita in modo diverso, ma inaspettatamente profondo.

Ognuno, a modo suo, rimane connesso al proprio mondo interno e alla relazione terapeutica.

Il telefono si trasforma da ossessione a “luogo” di cura e setting psicologico.

È sorprendente la capacità di adattamento emersa in questa particolare situazione da parte dei giovani. Non godevano neanche della fiducia della loro stessa terapeuta, convinta che non avrebbero accettato questa nuova modalità di incontrarsi.

Il Centro Medico Santagostino fa consulti psicologici online da diversi anni e il nostro team ha un protocollo specifico per la gestione dell’ansia legata all’emergenza virus. Se stai vivendo un momento difficile e vuoi parlarne, non scegliere il primo che passa. Prenota un consulto online con i professionisti del Santagostino.

Le emozioni e le risorse degli adolescenti

In queste settimane di reclusione i ragazzi riferiscono che, pur comprendendo la difficile situazione in cui versa il Paese, loro sono stufi, annoiati, a tratti anche un po’ arrabbiati

Ma nei nostri colloqui online io continuo a cogliere uno sguardo diverso nei loro occhi. E anche le tematiche affrontate sono differenti rispetto al solito. 

Penso e ripenso, poi finalmente capisco. 

I miei ragazzi sono costretti a stare in quel luogo da cui solitamente scappano e con le persone verso cui solitamente si ribellano: i genitori, la famiglia. Questo però, se da una parte implica frustrazioni e fatiche, dall’altra sta facendo rifiorire alcune relazioni.

Sento affermare: “Avevo un po’ di mal di testa. Mia mamma si è presa cura di me, non l’aveva mai fatto!”, “Ho trascorso del tempo con mio fratello, non è poi così male”, “Penso che i miei genitori si stiano per separare, non l’avevo ancora capito”. 

Ma c’è dell’altro. Sembra una generazione indolente, annoiata, a tratti anche un po’ intollerante e insofferente, ma i nostri ragazzi hanno un ingrediente che spesso a noi adulti manca: la speranza

Voglio prendere esempio da loro. 

Perché non sperare in qualcosa di più? 

Voglio sperare che tutti quei ragazzi in isolamento sociale si sentano più capiti e avvicinabili, ora che siamo tutti in quarantena. Che quelle adolescenti che smettono di mangiare per essere viste, vengano finalmente notate da genitori disattenti e troppo impegnati. Che quei giovani che usano (e abusano) di sostanze per sedare l’ansia riescano a conversare con le proprie famiglie, raccontando di quell’enorme vuoto che sentono dentro. Che quei ragazzi che si tagliano acquisiscano il coraggio per urlare che c’è qualcosa che non va. Che adolescenti omosessuali lo dichiarino apertamente a genitori troppo ciechi o troppo rigidi per aiutarli.

Insomma… questa esperienza di quarantena non deve essere solo una prova di tenuta dei nostri nervi, ma può diventare un’occasione di riscoperta della famiglia

La speranza è che i genitori imparino conoscere (meglio) i propri i figli, che si fermino ad ascoltarli e accettino le loro debolezze, li aiutino a superarle e li amino anche per quelle…

E quando tutto sarà passato – perché passerà – questi adolescenti saranno diventati adulti responsabili e pronti ad affrontare il futuro che li attende.

#tuttoandràbene 

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