Il caso di una mamma bloccata a causa di un abuso sessuale subìto da bambina che aveva dimenticato. La diagnosi (disturbo post-traumatico da stress) e la terapia con EMDR.
“Essere genitori non è un compito facile per nessuno. E per chi ha subito un trauma, la sfida è ancora più dura. È il caso di Marta, la cui vita è stata segnata dall’abuso: dall’età di 8 anni è stata abusata sessualmente da un parente stretto. Tuttavia in famiglia non si era mai parlato di questa situazione, al punto che Marta l’aveva in qualche modo rimossa.
Marta, come i suoi compagni di liceo, aveva come obiettivo quello di andare all’università, oltre a quello di diventare una brava moglie e madre. Tuttavia, secondo i suoi familiari, non era portata per gli studi né era brillante quanto il fratello maggiore. Nonostante il grande impegno scolastico, infatti, Marta ha sempre mostrato difficoltà di concentrazione e un rendimento scarso. L’andamento scolastico non è mai stato ricollegato agli abusi sessuali subiti.
Marta è quindi cresciuta, si è sposata e ha dato alla luce un figlio. Ha sempre mostrato sintomi di disagio, tuttavia anche in questo caso nessuna delle sue difficoltà è stata ricollegata agli abusi subiti da bambina.
Diventata depressa e solitaria, spesso si ritrovava seduta con lo sguardo fisso nel vuoto, emotivamente distaccata sia da sé stessa che dal suo bambino. Aveva incubi, e di giorno si sentiva molto assonnata. In mezzo alle altre persone si trovava in uno stato di allerta costante, evitava il più possibile di stare in mezzo alla gente, si sentiva a disagio nella sua pelle. Pregava, leggeva libri di auto-aiuto e libri di psicologia, nel tentativo di trovare in essi ciò che era sbagliato in lei. Guardava programmi televisivi in cui altre persone raccontavano le loro storie di vita fino a che qualcosa è scattato in lei ascoltando la storia di un’altra donna che aveva subito abusi sessuali in infanzia. Allora, e solo allora, Marta ha iniziato a capire l’origine di questa sensazione di “sbagliata”: erano i segni del disturbo post-traumatico.”
Con questa consapevolezza Marta ha potuto chiedere aiuto psicologico.
-Leggi anche: Quali sono i sintomi di un trauma rimosso?
Cos’è un trauma psicologico?
Sono state molte le definizioni di “trauma psicologico” nel corso della storia. Dal punto di vista descrittivo il trauma psicologico si ha come conseguenza di un evento o di una serie di eventi che vanno a creare una “rottura” tra il consueto modo di vivere e vedere il mondo da parte della persona e che ha conseguenze negative sulla sua vita. Si potrebbe definire anche una “ferita dell’anima”.
Secondo l’Associazione EMDR Italia, esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui un individuo può andare incontro nella sua vita. Tra le esperienze traumatiche possiamo distinguere i “piccoli traumi” o “traumi con la t minuscola” e i “grandi traumi” o “traumi con la T maiuscola”. Nel primo caso parliamo di eventi o esperienze percepite come disturbanti e caratterizzate da una percezione di pericolo non intenso da parte del soggetto che le vive (per esempio eventi come grossi rimproveri subiti, interazioni aggressive da piccoli o umiliazioni subite): si tratta, cioè, per lo più di “traumi relazionali”, che non mettono in pericolo di vita ma che possono dare origine a convinzioni negative su di sé. Nel caso dei grandi traumi, invece, parliamo di tutti quegli eventi o esperienze che colpiscono il soggetto, o una persona a lui vicina, e che potrebbero determinarne la morte o minacciarne l’integrità fisica (per esempio incidenti, abusi o disastri naturali).
Nonostante sia possibile suddividere i traumi in due macro categorie, le reazioni dei soggetti ai traumi possono essere infinite sul piano emotivo, fisico e comportamentale.
Dati statistici
Secondo la rivista Darkness to Light circa una bambina su sette e un bambino su venticinque subiscono abusi sessuali prima dei 18 anni. Poiché la maggior parte dei sopravvissuti a un abuso infantile possono non essere consapevoli del fatto di aver subito un trauma, molti ne ignorano gli effetti e possono arrivare a percepirsi come “pazzi” anche molti anni dopo, senza riuscire a connettere i propri sintomi nel qui-ed-ora a un trauma subito in infanzia. Non si tratta di pazzia, ma di una reazione normale ad un evento traumatico.
Cos’è il disturbo post-traumatico da stress (PTSD)
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-IV-TR (APA, 2000), il Disturbo Post traumatico da Stress può svilupparsi in seguito all’esposizione a un evento stressante e traumatico che la persona ha vissuto direttamente, o a cui ha assistito, e che ha implicato morte, o minacce di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. La risposta della persona all’evento comporta paura intensa, senso di impotenza e/o orrore.
I sintomi del Disturbo Post traumatico da Stress possono essere raggruppati in tre categorie principali:
- continuo rivivere l’evento traumatico (immagini, pensieri, percezioni, incubi notturni);
- evitamento persistente degli stimoli associati con l’evento o attenuazione della reattività generale;
- sintomi di uno stato di iperattivazione persistente come difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, difficoltà a concentrarsi, l’ipervigilanza e risposte di allarme esagerate.
I sintomi possono insorgere immediatamente dopo il trauma o dopo mesi. Il quadro dei sintomi può essere acuto, se la durata dei sintomi è minore di tre mesi, cronico se ha una durata maggiore, o a esordio tardivo, se sono trascorsi almeno 6 mesi tra l’evento e l’esordio dei sintomi.
Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) il PTSD non si trova più nel capitolo sui Disturbi d’Ansia, ma è stato inserito nei Disturbi Legati al Trauma e allo Stress insieme al disturbo acuto da stress, al disturbo dell’adattamento e al disturbo dell’attaccamento reattivo e disinibizione sociale.
Per il PTSD sono stati individuati 4 gruppi (cluster) di sintomi: evitamento, distacco, rievocazione ed arousal (cioè stato di attivazione) e stati emotivi persistentemente negativi. Tra i sintomi sono stati aggiunti, rispetto a quelli riportati nel DSM-IV-TR, possibili comportamenti auto-lesivi, irritabilità e aggressività.
Nel nuovo manuale è possibile fare una diagnosi di PTSD anche in bambini al di sotto dei 6 anni.
A chi chiedere aiuto
Se si sceglie di chiedere aiuto, la migliore indicazione è quella di rivolgersi a un terapeuta specializzato nel trattamento del trauma.
Tra i trattamenti più indicati vi è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Re-processing), cioè un trattamento psicoterapeutico volto a desensibilizzare i sintomi disturbanti legati ai ricordi traumatici. Nell’EMDR, grazie ai movimenti oculari o alla stimolazione tattile bilaterale (tapping), vengono ridotti gli effetti dei sintomi (desensibilizzazione) e si riattiva il processo fisiologico di elaborazione delle informazioni (riprocessamento).
Nel caso di Marta, durante la terapia verrà recuperata la voce di quella bambina traumatizzata, verranno identificati gli eventi scatenanti (trigger) legati al trauma nel presente; il terapeuta la aiuterà quindi a imparare risposte positive da utilizzare quando il trauma si riattiva nella vita quotidiana, a impostare confini sani, a sviluppare nuove competenze genitoriali e un piano di auto-cura. Marta potrà così gradualmente modificare la visione di sé, degli altri e del mondo: per provare e mostrare l’amore per il proprio bambino è necessario, infatti, iniziare ad amare il bambino che è dentro di sé.
(19 Giugno 2017)