Psichiatria

Gli schemi comportamentali nella Schema Therapy

Gli schemi comportamentali sono distorsioni cognitive che riportano mente e azioni verso luoghi d’infelicità e insoddisfazione dell’infanzia. Ma possono essere spezzati, con la Schema Therapy.

Gli schemi comportamentali nella Schema Therapy

La Schema Therapy permette di individuare gli schemi comportamentali e di pensiero che sono alla base di alcuni disturbi.

Si deve allo psicoterapeuta statunitense Jeffrey la proposta della Schema Therapy, grazie alla quale è possibile trattare pazienti che soffrono di disturbi di personalità, ma non solo. Analizziamo allora alcuni esempi, cercando di capire in che modo gli schemi comportamentali possono toglierci energia e soddisfazione.

E proviamo a capire anche come è possibile uscire fuori da questa tipologia di distorsioni cognitive, per trovare la strada verso il benessere e la realizzazione di sé.

Cosa sono gli schemi comportamentali?

Capita spesso di avere la sensazione di commettere sempre gli stessi errori, o di ritrovarsi a vivere le stesse situazioni frustranti. Per alcuni questo vuol dire trovare partner che si rivelano poco interessati al rapporto, per altri sacrificarsi sempre senza ricevere nulla in cambio, per altri ancora non sentirsi mai all’altezza della situazione. Ognuna di queste situazioni ripetitive può suscitare emozioni spiacevoli, come rabbia o tristezza, e far nascere l’idea di non avere un controllo sulla propria vita. In molti casi la ragione è da ritrovarsi nei cosiddetti schemi comportamentali disfunzionali.

Lo psicoterapeuta statunitense Jeffrey Young, insieme alle colleghe Janet Klosko e Marjorie Weishaar, ha illustrato una grande varietà di schemi nel libro Schema Therapy, nel 2007, esplorandone l’origine e le conseguenze sul benessere individuale. La psicoterapia ideata da questi autori segue delle tappe specifiche e si pone l’obiettivo di far evadere l’individuo da percorsi di pensiero distorti.

Gli schemi sono i princìpi organizzativi con cui ognuno interpreta la realtà. Si formano in prevalenza durante l’infanzia, anche se possono insorgere in fasi successive. Nascono dalla necessità umana di costruire una rappresentazione del mondo che sia stabile e coerente. Questo perché sapere come funziona l’ambiente in cui si vive, permette di essere in grado di anticipare possibili risposte e pericoli e adattarci meglio. Gli schemi  comportamentali contengono vari elementi:

Quali sono i princìpi della Schema Therapy?

La Schema Therapy si basa sulla comprensione profonda delle tematiche, di un individuo, che si celano dietro i suoi sintomi. Queste tematiche sono chiamate schemi che, in termini più diretti, possono essere ricordi, pensieri, emozioni e sensazioni somatiche, come si accennava, che sorgono quando durante l’infanzia il paziente non ha potuto soddisfare bisogni primari di:

  • legami stabili, di cura, di protezione
  • sviluppare una propria autonomia e identità
  • di esprimere le proprie emozioni
  • di essere spontanei e di giocare
  • di limiti e di autocontrollo.

Viene quindi posta enfasi particolare sulle emozioni e i bisogni del paziente, cercando di individuare quali esperienze si attivano in determinati momenti (chiamati mode) e aiutando il paziente a trovare modalità adattive per soddisfare questi bisogni in modo sano.

In secondo luogo, sono analizzate le difficoltà presenti attraverso episodi e dinamiche dell’infanzia e dell’adolescenza. Rivisitando e rielaborando i vissuti dolorosi del passato, la Schema Therapy favorisce esperienze nuove e correttive nel presente.

La relazione terapeutica è al centro di questo approccio, è il fondamento grazie al quale il paziente potrà cambiare, esplorando i propri schemi comportamentali e sperimentando nuove modalità di soddisfare i propri bisogni emotivi, portando così a una trasformazione positiva nella vita del paziente.

In che modo si mantengono gli schemi comportamentali?

Si continua a cadere negli stessi errori e a utilizzare quelle griglie di interpretazione che portano a selezionare solo le informazioni coerenti con essi o a distorcere i dati che li contraddicono. Si chiama distorsione cognitiva.

Diventa difficile vedere il mondo in modo positivo se si pensa che tutti gli altri ce l’abbiano con noi. È molto importante anche il modo in cui si reagisce alle proprie credenze. Le modalità più diffuse che portano a rinforzare gli schemi sono:

  • resa. Ci si arrende allo schema. Per esempio, se si crede di essere dei falliti si rinuncia a impegnarsi in qualsiasi cosa, alimentando una profezia che si autoavvera
  • evitamento. Si elude ogni confronto con le situazioni temute. Per esempio evitare situazioni in cui si può essere giudicati come falliti
  • iper-compensazione. Si cerca di contrastare con ogni forza lo schema. Per esempio ci si pone obiettivi elevatissimi per provare a sé stessi e agli altri di non essere dei falliti.

Come si formano gli schemi comportamentali e di pensiero?

Le emozioni associate agli schemi vengono registrate dal cervello in una porzione chiamata amigdala. Il sistema dell’amigdala ha la funzione di innescare le risposte di allarme, per esempio l’attacco o la fuga.

È un sistema che accomuna l’uomo agli altri animali, ed è quello che nel linguaggio comune si chiama istinto di sopravvivenza. Il limite di questo sistema è che tende ad attivarsi anche in situazioni in cui uno stimolo ricorda solo vagamente il pericolo originario.

Succede, per esempio, di spaventarsi vedendo un’ombra dietro un angolo, in una strada buia, da soli di notte. Si è pensato che fosse qualcuno pronto all’aggressione, in realtà era solo un gatto. L’ansia provata istintivamente sarebbe tornata utile, ma solo nel caso di reale necessità di fuga.

L’ipotesi è che lo stesso accada anche con gli schemi: essi si innescherebbero inconsciamente in situazioni relazionali che ricordano, anche solo lontanamente, dinamiche della nostra infanzia. Per questo motivo, gli schemi maladattivi precoci rimangono sostanzialmente stabili nel corso della vita e sono difficili da modificare.

Si è attratti proprio dalle situazioni che vanno a riattivare gli schemi perché questi, per quanto dolorosi, sono per il cervello qualcosa di conosciuto e di familiare.

Il caso di Francesco

Francesco ha 23 anni. Si sente costantemente un fallito, si confronta con gli altri e si sente inferiore; pensa di essere stupido e guardando al futuro si immagina solo e senza lavoro. Questi pensieri gli causano senso di inadeguatezza, ansia e tristezza. In questo caso Francesco ha sviluppato uno schema di fallimento, caratterizzato dalla sensazione di essere inferiore agli altri.

In famiglia, Francesco è stato sempre scoraggiato dai suoi. Non gli hanno mai lasciato la possibilità di assumersi delle responsabilità né di sbagliare. I genitori ritenevano di aiutarlo dispensandolo da compiti gravosi, ma, al contrario, lui ha sviluppato l’idea di non essere capace e adatto al mondo.

Come cambiare i propri schemi comportamentali e di pensiero?

Per uscire dai propri schemi, secondo la Schema Therapy, sono necessari tre momenti, o fasi:

  • assessment e psicoeducazione. Il terapeuta aiuta il paziente a identificare e analizzare i propri problemi, acquisire consapevolezza dei propri schemi e modelli di comportamento (mode) rispetto al momento presente, e a costruire una buona relazione terapeutica. Questa fase dura generalmente da cinque a sette sessioni e si concentra sull’educazione secondo il modello della Schema Therapy, sulla valutazione degli schemi e degli stili di coping, ovvero le strategie di adattamento, attraverso interviste, inventari e tecniche emotive, e sull’attivazione degli schemi utilizzando tecniche emotive come limmaginazione
  • trattamento e cambiamento. Sono applicate in modo organizzato e integrato diverse tecniche e strategie mirate. Queste comprendono approcci esperienziali ed emotivi, metodologie cognitive, tattiche comportamentali e interventi relazionali. Lobiettivo comune di queste metodologie è la correzione degli schemi disfunzionali e la sostituzione di strategie di adattamento nocive con modelli comportamentali più positivi. Il paziente ha modo di soddisfare i propri bisogni e di perseguire i valori di vita in modo equilibrato e appagante
  • autonomia. Il paziente ha comportamenti sempre più responsabili, con relazioni di valore fuori dell’ambito terapeutico, la frequenza con il terapeuta si dirada, a vantaggio di una socialità più spiccata.

Come uscire fuori dagli schemi?

Gli schemi sono molto potenti e pervasivi. Tuttavia, si possono seguire alcune indicazioni per cominciare a stare meglio:

  • cercare il proprio schema. Quali sono le situazioni più frustranti? Cominciare a capire in quali momenti si prova maggiore disagio è il primo passo per combattere gli schemi
  • osservarsi e parlare. Si può cercare il proprio bambino interiore e domandarsi com’era il proprio clima familiare, i messaggi che si pensa di aver ricevuto. Cercando di essere empatici con il proprio passato
  • cercare prove contrarie agli schemi.Si può cominciare a raccogliere dati contro lo schema. Ad esempio, se ci si sente di non avere raggiunto obiettivi si può cerca una cosa o una parte di sé, anche piccola, che possa dire il contrario, raccontando un successo o episodi di autoefficacia.

Rivolgersi a uno psicoterapeuta può, infine, essere d’aiuto a capire e contrastare gli schemi con maggiore efficacia, soprattutto nei casi in cui rischiano di interferire con il nostro benessere e la felicità.