L’ansia. Perché ne soffriamo? Come possiamo intervenire?

Sperimentare l'ansia può risultare molto debilitante e, talvolta, essere un segnale di un disturbo più profondo. Quali sono le soluzioni per affrontarla?

L’ansia si riferisce a una serie di reazioni che sperimentiamo quando ci troviamo di fronte a uno stimolo percepito come una minaccia e che riteniamo di non poter gestire con le nostre capacità.

Queste reazioni possono essere di ordine fisiologico, cognitivo, comportamentale.

L’ansia è una emozione di base e, presa in sé, non deve essere necessariamente considerata sintomo o segno di una malattia mentale. Piuttosto, può richiedere approfondimento da parte della persona, perché potrebbe intaccare, nel lungo periodo, la salute mentale.

Quali sono, quindi, i sintomi fisici e mentali? Cosa fa scaturire questa emozione? E quali strumenti abbiamo a nostra disposizione per disinnescarla? Risponde a queste domande la dottoressa Bianca Rapini, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino.

Come si definisce l’ansia in psicologia?

Usiamo il termine ansia per indicare la risposta emotiva ad una situazione stressante o minacciosa. Questa emozione ha come obiettivo l’attivazione del sistema di allarme, al fine di proteggere l’individuo.

L’ansia è infatti un’emozione di allarme, che si caratterizza per avere un contenuto cognitivo ed una reazione somatica. Detto in altro modo, si tratta di un’emozione adattiva, come tutte le altre. Allarma l’individuo per permettergli di mettersi in salvo in caso di pericolo, di minaccia. In altre parole, è necessaria per la sopravvivenza.

Emozione fisiologica o patologica?

L’ansia è una reazione emotiva che aiuta l’individuo a sopravvivere, lo attiva nella risposta adattiva. Diversamente avviene quando l’ansia diventa patologica. In questo secondo caso infatti il quadro cambia notevolmente.

Quando assume contorni patologici, l’ansia tende a disturbare il funzionamento psichico, in modo più o meno marcato, interferendo con la vita quotidiana ed impedendo il raggiungimento degli obiettivi. È proprio in questi casi che le capacità di adattamento risultano limitate. La persona si ritrova in uno stato di confusione mentale e di incertezza.

Come inizia a manifestarsi l’ansia?

Le manifestazioni sono molto soggettive, per cui ogni individuo può sperimentare l’ansia in un modo, in una situazione e in un’intensità differenti. In linea generale le manifestazioni dell’ansia avvengono a livello somatico, emotivo, comportamentale, inter-relazionale e mentale, attraverso i pensieri.

La persona può iniziare a percepire un senso di vuoto mentale e una sensazione di pericolo e allarme che possono essere sempre più crescenti. Possono affiorare alla mente pensieri, ricordi oppure immagini negative. E a questo punto può accadere che si attuino comportamenti cognitivi di protezione e di evitamento.

Quali sono i sintomi dell’ansia?

Possiamo differenziare i sintomi determinati dall’ansia tra sintomi somatici e sintomi mentali, o cognitivi.

A livello corporeo può manifestarsi attraverso:

Tra i sintomi cognitivi possono esserci paura di

  • impazzire
  • perdere il controllo
  • essere giudicati (anche per come si sta reagendo alla sintomatologia)
  • morire.

La persona può inoltre sentirsi tesa e nervosa, percepire un nodo alla gola. Tra gli altri segni ci sono quindi un senso di oppressione e la voglia di scappare, di cercare una via di fuga, oltre ad una marcata irritabilità.

I disturbi d’ansia secondo il DSM-5

Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) è presente una classificazione dei disturbi d’ansia. A titolo esemplificativo ne indichiamo alcuni:

Come si innesca?

Abbiamo detto che l’ansia è un’emozione di allarme, e come tale si innesca in presenza di stimoli minacciosi. Questi stimoli possono essere relativi a situazioni, relazioni, emozioni e pensieri.

La minaccia può essere reale o immaginaria, e in questo secondo caso può manifestarsi come pensiero. La minaccia può essere situata nella realtà esterna, e prendere quindi la forma di un esame universitario da superare, per fare un esempio.

Oppure la minaccia può situarsi nel nostro mondo interno, e prendere l’aspetto della sensazione di sentirsi giudicati.

Quando preoccuparsi?

L’ansia, come tutte le altre emozioni, è utile e necessaria. Pensiamo ad una situazione che tutti hanno vissuto: essere interrogati a scuola, o dovere sostenere un esame universitario. L’interrogazione può generare uno stato ansioso, poiché si è chiamati ad affrontare una prova.

Una quota d’ansia permetterà allo studente di rimanere concentrato sul compito, di essere in uno stato psicofisico di attivazione, non di rilassamento. Un simile stato faciliterà il recupero delle informazioni, aumentando quindi la probabilità che superi la prova. È dunque un’emozione molto utile per la prestazione che lo studente deve sostenere. A patto che non si rovesci, disfunzionalmente, in ansia da prestazione.

Tuttavia può essere opportuno preoccuparsi per l’ansia. Possono presentarsi situazioni nelle quali l’ansia, per durata, intensità o frequenza, crea un disagio significativo, interferisce con le attività quotidiane oppure appare sproporzionata allo stimolo che la innesca. In tutti questi casi è utile rivolgersi ad un esperto e prendersi cura di sé stessi, per comprendere le cause che hanno generato questa situazione di allarme e lavorare per una loro risoluzione.

Cosa succede se non si cura?

Vivere stati di ansia intensi, che interferiscono con le normali attività quotidiane anche arrivando a limitarle, può condurre a situazioni di spiccato malumore.

La persona si trova a vivere situazioni caratterizzate da pianti improvvisi, deflessione del tono dell’umore, disturbi del sonno, marcato aumento o diminuzione dell’appetito, senso di disperazione.

Stati ansiosi intensi e duraturi espongono il corpo ad una condizione di stress, con conseguente irritabilità, senso di affaticamento, mancanza di energie, emicranie. Inoltre, negli episodi di ansia vengono rilasciati dall’organismo adrenalina e cortisolo, due ormoni che possono causare dolori e disturbi gastrointestinali.

Relazione con altre condizioni

Dobbiamo specificare ora come l’ansia patologica, che è stata indicata finora come una condizione a sé stante, possa essere presente anche in altre condizioni psichiatriche. Condizioni quali, ad esempio:

Quale intervento psicoterapeutico è possibile?

Gli interventi psicoterapeutici possibili sono molteplici. Nel panorama internazionale, l’approccio che nella ricerca scientifica ha mostrato i più elevati tassi di efficacia è la terapia cognitivo-comportamentale, che è stata definita il trattamento d’elezione per i disturbi dell’ansia.

All’interno dell’approccio cognitivo comportamentale è possibile distinguere due differenti modelli di cura: la psicoterapia cognitiva standard e la terapia metacognitiva.

La terapia metacognitiva (MCT) è un approccio che si concentra sul modo in cui le persone gestiscono i propri pensieri, piuttosto che sul contenuto dei pensieri stessi. Nella gestione dei disturbi d’ansia, la terapia metacognitiva ha come obiettivo la modifica delle strategie cognitive disfunzionali, come la preoccupazione eccessiva, il rimuginio ed il focus eccessiva sui pericoli.

Nel contesto del trattamento dell’ansia, la MCT aiuta le persone a riconoscere e a sfidare i “pensieri sui pensieri”, noti anche come metacognizioni. Queste metacognizioni possono includere credenze come: “la preoccupazione mi aiuterà a evitare problemi”, oppure: “Non posso controllare i miei pensieri”.

L’approccio metacognitivo incoraggia gli individui a sviluppare nuovi modi di relazionarsi con i pensieri ansiosi, riducendo la tendenza a reagire automaticamente, con preoccupazione o paura. Così da determinare una diminuzione dei sintomi d’ansia e a un aumento della capacità di gestione dello stress.

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