In un’epoca in cui la vita virtuale è diventata importante quasi quanto quella reale, un fenomeno sociale come la sindrome da hikikomori si sta imponendo sempre più all’attenzione.
Molto più che un semplice ritiro dalla società, questa sindrome è un’esperienza di isolamento estremo e autoimposto che colpisce specialmente i giovani adulti.
In questo articolo ne esaminiamo le cause, i sintomi, le implicazioni culturali e le strategie per uscirne.
Scopriremo come questa forma unica di isolamento stia sfidando le nostre concezioni tradizionali di comunità, connessione e salute mentale, e perché è diventata una questione cruciale in molte società moderne. Inoltre, affronteremo alcune domande poste da genitori e ragazzi ai terapeuti dell’equipe adolescenti del Santagostino.
Che cosa sono gli hikikomori?
Per capire il tema del ritiro sociale nell’adolescenza (ritiro che potrebbe essere visto come un rifiuto verso il contatto sociale), è bene partire dal significato della parola giapponese hikikomori, che alla lettera significa “stare in disparte”. Nel concreto, questa espressione sta a indicare la tendenza a isolarsi in casa, interrompendo la frequenza scolastica e i rapporti sociali e riducendo al minimo le interazioni dirette con il mondo esterno, sostituite dalla comunicazione tramite i canali digitali.
A esserne interessati sono per lo più giovani di sesso maschile che hanno un’età compresa tra i 13 e i 20 anni. Sono, tuttavia, in aumento anche i casi nel genere femminile.
Dove sono diffusi gli hikikomori?
Il fenomeno hikikomori nasce e si sviluppa principalmente in Giappone per poi diffondersi nelle aree del mondo più industrializzate.
Nel 2016 in Giappone sono stati registrati 514.000 casi di isolamento sociale, per la maggioranza maschi, sia adolescenti che adulti.
Quanti casi di hikikomori ci sono in Italia?
Secondo quanto rivelato dalla ricerca Dipendenze comportamentali nella Generazione Z: uno studio di prevalenza nella popolazione scolastica (11-17 anni) e focus sulle competenze genitoriali, diffusa nel dicembre 2023 dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sarebbero circa 66.000 i giovani che vivono in uno stato di ritiro sociale volontario, con un picco nella fascia di età 11-13 anni, corrispondente alla scuola secondaria di primo grado.
Questo dato si affianca alle conclusioni di un’altra indagine sull’hikikomori in Italia condotta dal CNR di Pisa, che ha individuato 54.000 casi nella fascia d’età 15-19 anni, ampliando così la comprensione di questa dinamica nel nostro Paese.
Alcuni studi sul tema mettono in luce diverse somiglianze tra il fenomeno giapponese e quello italiano:
- fobia scolare
- qualità del legame con le figure adulte di riferimento
- l’interesse per realtà immaginarie: giochi virtuali, anime, manga e film, in cui i ragazzi si rispecchiano e investono energie emotive.
Va specificato, tuttavia, che in Italia il fenomeno del ritiro sociale sembra assumere sfumature più ampie.
Perché gli hikikomori si isolano?
La sindrome da hikikomori nasce da un’interazione tra più cause:
- vergogna
- senso di inadeguatezza rispetto a sé stessi e in rapporto agli altri
- senso di disagio percepito, spesso inconsciamente, nel passaggio dalla fase infantile a quella adolescenziale.
L’adolescenza, del resto, è una fase complessa che comporta cambiamenti spesso destabilizzanti. Il corpo di un adolescente è in trasformazione, biologica e fisiologica, e la stessa psicologia muta sensibilmente. La mancata integrazione di questo sviluppo può determinare sofferenze e difficoltà ad accettare la nuova immagine di sé.
A questo proposito, è importante notare come il caregiver e l’adolescente spesso condividano, anche in modo inconsapevole, un progetto narcisistico grandioso, per cui ogni possibile fallimento o eventuale delusione rappresentano qualcosa di emotivamente intollerabile e ingestibile. Ne conseguono ansia, rabbia e frustrazione.
Anche un clima familiare depressivo, o l’avere entrambi i genitori depressi, può incidere sulla fiducia in sé dell’adolescente, proprio nel momento in cui la sua fiducia è in via di costruzione.
Il giovane, sentendosi inadeguato o non apprezzabile, tende ad adottare una strategia di camuffamento o alleviamento, fino a sottrarsi alle interazioni con gli altri. Perché ha paura di essere di essere visto.
La mancanza di fiducia interna impedisce di elaborare il lutto dell’ideale infantile e diventa incertezza e timore del fallimento. Una protezione a tutto questo viene trovata dall’adolescente nella chiusura. Se a questa chiusura si associano casi di bullismo, la sofferenza e il senso di sfiducia possono lasciare ferite profonde.
Come capire se si è un hikikomori?
La causa della sindrome da hikikomori, come abbiamo visto, può essere ricondotta a una progressiva mancanza di fiducia in sé e a un deficit nella strutturazione della propria identità. Due condizioni, queste, da cui possono derivare sensazioni di angoscia dovute al pensiero più o meno consapevole di dovere affrontare una prestazione, con le relative aspettative da parte del mondo degli adulti e dei pari.
Il ritiro sociale può essere accompagnato anche da una forte somatizzazione, che prevede sintomi quali dolori fisici (mal di testa, vomito) e stati d’animo invalidanti, ai limiti della condizione psichiatrica:
- ansia marcata o panico
- umore depresso
- paura dell’esterno o ansia sociale e per gli incontri.
Con l’acuirsi di questa sofferenza, possono verificarsi lunghi periodi di blocco in casa e la scuola, i centri sportivi e i gruppi di coetanei iniziano ad essere attivamente evitati.
Come passano il tempo gli hikikomori?
Il modo in cui gli hikikomori passano il tempo può variare notevolmente da persona a persona. Alcuni trascorrono il tempo navigando su Internet, da cui spesso sono altamente dipendenti, giocando a videogiochi o guardando film e serie TV. Altri potrebbero dedicarsi a hobby creativi come la scrittura, il disegno o la musica. Alcuni hikikomori potrebbero concentrarsi su attività autodistruttive o passare gran parte del tempo dormendo.
I rischi del ritiro sociale
Il ritiro sociale viene visto dall’adolescente hikikomori come la soluzione immediata al suo dolore: somatizzazione e angosce tendono a sparire, e si ha l’illusione momentanea del controllo. Una sorta di farmaco che anestetizza le frustrazioni della vita.
In questo “bunker regressivo” i ragazzi pensano di essere al riparo dai nuovi compiti evolutivi: cambiamenti del corpo, delle responsabilità scolastiche, personali, e delle relazioni, che hanno ormai delle sfumature erotiche e sessuali. Ma il costo di questa soluzione è enorme, e può comportare:
- isolamento
- appiattimento affettivo e sentimentale
- blocchi nello sviluppo della personalità e dell’identità
- incapacità di confrontarsi con la realtà.
Come si cura la sindrome di hikikomori?
Nei casi di ritiro sociale sono spesso i genitori a farsi carico della richiesta del figlio. Gli stessi ragazzi, tuttavia, qualora riconoscano il bisogno di chiedere aiuto, possono rivolgersi a centri specializzati, anche direttamente da internet, ed entrare così in contatto con figure professionali formate nel campo.
Qualora vi sia una forte inibizione a uscire di casa, è utile sapere che il terapeuta è disponibile a utilizzare telefono, pc e chat e che alcuni educatori lavorano a domicilio.
Anche i genitori sono coinvolti nel percorso di terapia, collaborando con l’équipe o il terapeuta. Laddove siano necessari supporti farmacologici (per esempio in presenza di quadri depressivi più consolidati), inoltre, ci si può avvalere di psichiatri e neuropsichiatri.
Il Santagostino dà la possibilità di organizzare e prenotare un primo colloquio per adolescenti.
Come entrare in relazione con un figlio hikikomori?
I genitori faticano a capire i comportamenti di un figlio ritirato. Inizialmente cercano le cause in patologie fisiche, nella svogliatezza o in atteggiamenti da “bambino capriccioso”. Questa fatica è comprensibile e dolorosa, e deriva dalla difficoltà nel vedere che la sofferenza del ragazzo è profonda, reale.
Tutte le dinamiche familiari sono messe in discussione, e il lavoro del terapeuta con i genitori consiste nel progressivo avvicinamento tra la sofferenza del figlio e quella dei genitori stessi, per sviluppare una reciproca comprensione e un mutuo ascolto. Per questa ragione, il Santagostino ha sviluppato un servizio adolescenti.
Come prevenire la sindrome di hikikomori?
La sindrome da hikikomori è un problema complesso la cui prevenzione richiede un approccio multidisciplinare. Ecco alcune strategie che possono contribuire a scongiurare la sua comparsa:
- insegnare ai giovani abilità sociali a partire dalla giovane età può aiutarli a sentirsi più a loro agio nelle interazioni sociali. Le scuole e le organizzazioni possono offrire programmi di formazione sull’assertività, la comunicazione e la gestione dello stress
- creare un ambiente familiare empatico e sicuro in cui i giovani si sentano compresi e sostenuti. Gli adulti devono essere disposti ad ascoltare le preoccupazioni dei ragazzi e a cercare aiuto professionale se necessario
- limitare il tempo trascorso sul web, specialmente sui social media e nei giochi online può aiutare a prevenire l’isolamento eccessivo
- promuovere l’attività fisica per migliorare la salute mentale dei giovani
- integrare l’educazione sulla salute mentale nei programmi scolastici affinché i giovani sappiano come e quando chiedere aiuto
- essere consapevoli dei segni precoci di isolamento sociale e problemi emotivi. L’intervento precoce di insegnanti, genitori e amici può fare la differenza nella prevenzione della sindrome da hikikomori
- aiutare i giovani a stabilire obiettivi di vita significativi e a sviluppare un senso di scopo può aiutare a prevenire l’isolamento sociale e la mancanza di motivazione
- ridurre la pressione scolastica che spesso può rivelarsi opprimente, promuovendo un ambiente educativo meno competitivo.
È importante riconoscere che la sindrome da hikikomori è complessa e che non esiste una soluzione unica. La prevenzione richiede sforzi su più fronti e un impegno continuo nella promozione del benessere mentale dei giovani.
Le risposte alle domande degli adolescenti
Di seguito un elenco di domande e riflessioni, poste da adolescenti agli specialisti del Santagostino, e le relative risposte.
- Perché mi sento sempre così inadeguato nel contatto con gli altri? Questo senso di fragilità è conseguenza del confronto tra gli ideali propri, o della famiglia, e la realtà. Lo scarto che si produce in questo confronto determina un forte senso di inadeguatezza che ostacola la crescita. L’adolescente evita l’esplorazione di sé e non sperimenta l’erotismo, la sessualità, l’amicalità, vissuti forse nella rete.
- Il timore del giudizio mi blocca. Il tema dello sguardo dei pari è cruciale. Lo sguardo degli amici, dei compagni di classe, il confronto con i modelli estetici visti in rete possono essere vissuti con estrema sofferenza. Un commento stonato o un impercettibile risolino possono diventare fonti di umiliazioni. Comprendere il proprio modo di essere senza giudicarlo è parte centrale del lavoro terapeutico.
- Se non ho contatti con gli altri, vuol dire che sono depresso? Per una diagnosi di depressione è necessaria la presenza di alcuni sintomi: umore depresso per la maggior parte della giornata, perdita di interesse per le attività, disturbi del sonno (come insonnia o ipersonnia), idee di morte, rallentamento psicomotorio e mancanza di energia.
- Non riesco più ad andare a scuola ma vorrei studiare, come posso fare? Può verificarsi il bisogno di mettersi in contatto con la scuola e gli insegnanti, all’inizio di un approccio terapeutico, per stabilire un rientro graduale e riformulare gli impegni didattici. Si può considerare l’ipotesi di studiare da casa, supportati da insegnanti domiciliari, o sospendere la frequenza per l’anno in corso e riprendere in condizioni migliori. Il percorso è scelto col paziente, i genitori e gli insegnanti.