Quanto parliamo di identità di genere, nella maggior parte dei casi rischiamo di dare per scontati molti aspetti, e molte sfumature, che riguardano la persona nella sua totalità. L’identità di genere, infatti, non è affatto detto che corrisponda al proprio sesso biologico.
L’identità sessuale può quindi differire dal genere e dai caratteri sessuali che risultano assegnati alla nascita, per esprimere il senso di appartenenza, da parte di un individuo, ad un sesso che può essere maschile, femminile oppure non-binario.
La dottoressa Miriam Baraccani, psicoterapeutica a indirizzo analitico del Santagostino, ci spiega cosa si intende con il termine identità di genere, quante sono le identità di genere e quali differenze sussistono tra genere, inteso biologicamente, e l’identità sessuale di un individuo.
Che cos’è l’identità di genere?
L’identità di genere rappresenta il senso di appartenenza di un essere umano al genere – maschile, femminile o non binario – con il quale la persona si identifica. Non ha quindi a che fare né con l’identità biologica, né con l’orientamento sessuale.
Si definisce cisgender una persona nella quale il sesso biologico, l’identità di genere ed il ruolo corrispondono. Questo è un termine nuovo: il primo ad introdurlo negli anni sessanta, fu lo psicoanalista Robert Stoller, durante un congresso internazionale di Psicoanalisi.
I primi studi riguardo a questi aspetti furono poi implementati anche dal dottor John Money, psicologo e sessuologo neozelandese che, in quegli anni, fondò, all’interno della Hopkins University, a Baltimora, una clinica per l’identità di genere rivolta a ragazzi transessuali.
Quante sono le identità di genere?
Quando gli uomini e le donne si riconoscono nel loro sesso biologico si definiscono cisgender. In base all’orientamento sessuale, i cisgender possono definirsi omosessuali o eterosessuali. Quando la persona si identifica nel sesso biologico opposto al suo, si definisce transgender.
Transessuale è, invece, la persona che si è sottoposta o si sta sottoponendo alle operazioni necessarie alla transizione da un sesso all’altro. Nell’ultimo periodo, sempre di più, si sta ponendo l’accento sul concetto di identità non binaria. Si intende, in tal senso, l’idea che non esistano solo due generi, il maschile o il femminile.
Con il termine agender si definisce qualcuno che non si attribuisce identità di genere. Bigender è, poi, colui che presenta esteticamente un’identità di genere che risulta un mix tra il maschile ed il femminile. Chi, in altri termini, si definisce androgino.
Si definisce gender-queer quel gruppo di persone di genere non binario che si oppongono agli stereotipi sui generi. Si definiscono, infine, gender-fluid quelle persone che a volte si riconoscono nel genere maschile, altre nel genere femminile.
Qual è la differenza tra genere e identità di genere?
Per sesso si intendono i caratteri biologici di sesso maschile o femminile. L’identità di genere rappresenta il modo in cui la persona si percepisce. Mentre il modo con il quale una persona viene percepita dalla società rappresenta il ruolo di genere. Ruolo che risulta essere caratterizzato da vestiti, atteggiamenti, modo di esprimersi.
Questo aspetto, viene da sé, è fortemente influenzato dalla cultura di appartenenza e dal periodo storico culturale. L’orientamento sessuale, invece, è relativo all’attrazione di tipo emotivo, romantico e sessuale nei confronti di un individuo. Orientamento che può essere:
- omosessualità, quando l’attrazione è verso persone dello stesso sesso
- eterosessualità, quando ad attrarre sono persone del sesso opposto
- bisessualità, se l’attrazione riguarda entrambi i generi.
Un caso di discordanza, la disforia di genere
Quando la discordanza tra sesso biologico e identità di genere provoca sofferenza e dolore nella persona, parliamo di disforia di genere. Il termine disforia di genere ha fatto la sua comparsa nel DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).
In questo modo, è stato sostituito il termine “disturbo di identità di genere”. La disforia di genere indica un insieme di condizioni di sofferenza di ordine psichico determinate dal mancato allineamento tra il sesso biologico e l’identità sessuale.
Quando si forma l’identità di genere?
Come accade per ogni tematica che ha a che fare con la soggettività dell’individuo, possiamo individuare vari fattori che concorrono alla formazione dell’identità di genere. Fattori di ordine biologico, come lo sviluppo ormonale dalla fase prenatale in poi, ad esempio, e fattori di ordine:
- sociale
- psichico.
A partire dagli anni Cinquanta la psichiatria e la sociologia, negli Stati Uniti, hanno iniziato ad approfondire la questione iniziando ad utilizzare il termine genere per differenziare appunto quest’ultimo dall’anatomia della persona.
Alcuni psichiatri e sociologi, negli ultimi anni, stanno ponendo l’accento su come in realtà, le cose siano molto più complesse rispetto alla categorizzazione. Che ad oggi tende ancora a fornire due opzioni uomo e donna nel considerare sesso, identità e orientamento sessuale.
Una semplificazione che oblitera le sfumature
Questa semplificazione esclude la variabilità soggettiva, le sfumature. Come afferma anche il movimento LGBT, il genere è uno spettro. Uno spettro in cui l’essere umano si muove tra due estremi, maschile e femminile appunto, e all’interno del quale sono presenti varie sfumature.
Solitamente, l’identità si sviluppa sin dalla prima infanzia: a due anni il bambino distingue i due generi, maschile e femminile, basandosi sul riconoscimento anatomico, dai 4 e dai 6 anni ha consapevolezza della costanza del sesso anatomico, seppur può variare l’esteriorità. Come affermavo precedentemente, i fattori che concorrono a determinare l’identità di genere sono vari e molteplici: non solo organici ma anche, e soprattutto, sociali e culturali.
(11 Maggio 2023)