Psichiatria

La competitività in psicologia: positiva o negativa?

Essere competitivi può voler dire migliorare, superare le proprie incertezze e i propri limiti. O, al contrario, spingere ogni confronto verso lo scontro e la possibile frustrazione. Cosa ci dice la psicologia al riguardo?

La competitività in psicologia: positiva o negativa?

La competitività, in psicologia, è un atteggiamento che può essere declinato in una accezione positiva o, al contrario, negativa. Che si tratti di raggiungere una vittoria sportiva, o un traguardo lavorativo, la competitività è una componente essenziale delle nostre giornate.

Essere competitivi, in altre parole, può significare voler superare i propri limiti e migliorare le proprie qualità o, in senso deteriore, cercare in modo ostinato una continua competizione con gli altri.

Competitività in psicologia, una definizione

La competitività può essere definita come la capacità degli esseri umani di affrontare gli avversari, o la concorrenza, nell’ambito in cui si sta agendo. E gli ambiti di azione possono essere svariati:

  • la scuola
  • lo sport
  • il lavoro.

Ognuno di questi campi d’azione mette alla prova e incide sulle emozioni. Una riuscita lavorativa può determinare soddisfazione, suscitare gioia e aumento dell’autostima. Un mancato traguardo scolastico o sportivo può invece essere fonte di tristezza e pianto.

Come sono le persone competitive?

Le persone competitive tendono per definizione a primeggiare, a cercare situazioni in cui mettersi alla prova e misurare le proprie capacità. Quando questa attitudine viene vissuta con sicurezza e con una solida base di autostima, le persone competitive sono capaci di esprimere il meglio di sé, sono focalizzate sul raggiungimento di un obiettivo. In definitiva: si mettono alla prova, migliorano, crescono.

Quando, invece, la competizione diventa aggressiva – si manifesta, quindi, una condizione di iper-competitività – ecco che emerge il lato negativo della competitività, che può essere descritto con le seguenti caratteristiche:

  • paura di vivere il fallimento come un giudizio inappellabile
  • vivere una condizione di ansia perché in ogni circostanza, anche la più conviviale, si cerca la competizione e lo scontro
  • sviluppare rabbia e frustrazione per una fisiologica battuta d’arresto durante il percorso verso gli obiettivi
  • cadere in forme di depressione nel momento in cui gli obiettivi prefissati non siano stati raggiunti.

Cosa significa essere in competizione con sé stessi?

Si può essere in competizione con sé stessi, per superare i propri limiti e migliorare in modo costruttivo e funzionale. Ma anche in questo caso è necessario porre attenzione: l’eccesso di competitività può comunque determinare frustrazione.

È infatti possibile che dietro l’impulso a competere ci sia il bisogno di essere riconosciuti e amati, e la vittoria, in una disciplina sportiva o in campo lavorativo, appare come strumento per ottenere questo riconoscimento.

Tale pensiero determina ulteriore frustrazione e bisogno di rientrare in competizione, dal momento che il riconoscimento è effimero, mentre a rimanere e a creare valore e maturazione è il processo che ha portato a ottenere la vittoria.

Come capire se si è competitivi?

La competitività si caratterizza per alcune caratteristiche ben precise, che a loro volta determinano le scelte e le azioni di un individuo. Chi è competitivo:

  • tende ad essere ambizioso e dominante
  • risulta essere orientato al successo
  • si comporta con determinazione e metodo
  • ingaggia una sfida e la porta avanti fino al suo completamento.

Una persona funzionalmente competitiva, quindi priva della componente di compensazione che può essere causa di tensioni con sé e con i competitor, è inoltre orientata al dedicare molte ore della giornata all’ottenimento dei risultati. Senza cadere, per fare un esempio nel mondo del lavoro, in una condizione di workaholism.

In più, è spesso alla ricerca della novità. Prova, quindi, di applicare quello che viene definito pensiero divergente: ricerca di nuovi approcci e soluzioni a problemi quotidiani.

Come comportarsi con una persona competitiva?

La competitività può essere un vero strumento di crescita e consapevolezza di sé e dei propri strumenti, tanto cognitivi quanto affettivi. Quando invece è una leva compensativa, e si rivela nei suoi tratti aggressivi, può determinare situazioni spiacevoli o conflittuali.

In questa seconda circostanza come ci possiamo comportare? La prima regola è non far sopravanzare l’ego della persona eccessivamente competitiva, cercando di comunicare in modo più pacato e con assertività. La seconda regola prevede di osservare l’eccesso di stimoli e di attenzione da parte della persona troppo competitiva con distacco, per evitare un eccessivo coinvolgimento emotivo.

Una delle chiavi per disinnescare l’eccesso di competitività, che spesso crea situazioni familiari o di lavori cariche di tensione, se non davvero tossiche, risiede nella comunicazione, grazie alla quale è possibile ripristinare una condizione di equilibrio tra le parti e di condivisione di strumenti e risultati.