Psichiatria

La Comunicazione Non Violenta o empatica: come funziona

La Comunicazione Non Violenta è un approccio comunicativo che si basa sulla connessione empatica ed emotiva con l'altro. Si tratta di un metodo mirato alla comprensione e alla risoluzione dei conflitti. Entriamo nel dettaglio.

La Comunicazione Non Violenta o empatica: come funziona

Nell’ambito sempre più complesso delle interazioni umane, la Comunicazione Non Violenta (CNV) emerge come un potente strumento per favorire la comprensione reciproca, ridurre i conflitti e promuovere connessioni più profonde. 

Questo approccio, ideato dallo psicologo Marshall Rosenberg, si propone di trasformare il modo in cui ci esprimiamo e ascoltiamo, incoraggiando una comunicazione basata sull’empatia e sul rispetto reciproco. 

Insieme alla dottoressa Pellegrinuzzi, psicologa e psicoterapeuta del Santagostino, vediamo in cosa consiste la comunicazione non violenta, e quali sono i suoi benefici pratici nel migliorare le relazioni interpersonali e la gestione dei conflitti.

Cosa si intende per Comunicazione Non Violenta?

La Comunicazione Non Violenta (CNV), anche detta comunicazione empatica, collaborativa o linguaggio giraffa, è un modello comunicativo ideato nel 1960 dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg. Questo approccio si basa sull’empatia ed è stato concepito per evitare le frequenti incomprensioni che possono derivare da una comunicazione approssimativa, favorendo la creazione di contesti comunicativi win-win, ovvero in cui non ci sono perdenti, ma solo vincitori. 

La Comunicazione Non Violenta incoraggia l’arte del dialogo, della collaborazione e della comprensione attraverso uno scambio che tenga conto dei bisogni e del sentire di tutti i soggetti coinvolti. Quando le persone non individuano le strategie più efficaci per soddisfare i propri bisogni, possono ricorrere in modo automatico alla violenza fisica o psicologica.

La comunicazione non violenta mira al contrario a una maggiore autenticità negli scambi comunicativi, a una connessione emotiva più profonda, alla risoluzione dei conflitti.

Applicare la comunicazione non violenta può sembrare molto difficile all’inizio, tuttavia, i benefici che derivano dal metterla in pratica sono molteplici, partendo dalla connessione con noi stessi e il nostro vissuto interiore, per finire con la comprensione degli altri e dei loro bisogni e quindi a una comunicazione più efficace.

Linguaggio giraffa e linguaggio sciacallo

Il termine “linguaggio giraffa” deriva dalla metafora utilizzata da Rosenberg per descrivere la Comunicazione Non Violenta, contrapponendola al “linguaggio sciacallo”. La giraffa, con il cuore più grande tra i mammiferi terrestri e un lungo collo, rappresenta empatia e visione a lungo termine. 

Lo sciacallo, invece, è il simbolo di quella parte del nostro io che parla, pensa e agisce in modi che ci allontanano dai nostri bisogni e sentimenti, e quindi, di conseguenza, anche dall’altro. In modo simile alla giraffa, chi adotta la Comunicazione Non Violenta dispone degli strumenti per conoscere in modo approfondito la realtà emotiva che sottende ogni processo comunicativo e favorire, così, la comprensione reciproca.

Quali sono i passi fondamentali del processo di Comunicazione Non Violenta?

Secondo Marshall Rosenberg, il linguaggio e il modo in cui usiamo le parole hanno un ruolo di estrema importanza nel riuscire a rimanere connessi empaticamente a noi stessi e agli altri. Le abilità comunicative rafforzano la nostra capacità di rimanere umani, anche in condizioni difficili.

Il processo di Comunicazione Non Violenta si basa su tre aspetti:

  • auto-empatia, ovvero l’ascolto di sé stessi, che si sostanzia nel comunicare con sé stessi in modo oggettivo e riconoscere le proprie necessità
  • empatia, ovvero l’ascolto dell’altro privo di giudizi
  • auto-espressione onesta, ovvero esprimersi autenticamente, chiarendo il proprio sentire e i propri bisogni.

La vulnerabilità che nasce da ogni tipo di Comunicazione Non Violenta è un elemento positivo, anzi va promossa e ricercata, al fine di favorire scambi autentici. Al contrario, la Comunicazione Non Violenta non è favorita da alcune modalità, come:

  • esprimere giudizi
  • fare paragoni
  • fare classificazioni
  • analizzare gli altri
  • avanzare pretese
  • tentare di rendere oggettive le proprie opinioni soggettive
  • usare parole come “mai” o “sempre”
  • agire sulla base di ricompense e punizioni.

Chi pratica la Comunicazione Non Violenta si allena a osservare il mondo con spirito critico, a disfarsi dei meccanismi di giudizio e di critica, e di difesa e attacco verbale negli scambi. Sarà in grado di riconoscere quali sono le cause che sottendono i comportamenti umani che appaiono incomprensibili.

Quali sono i 4 pilastri della Comunicazione Non Violenta?

La Comunicazione Non Violenta si articola in 4 passi:

  • osservazione dei fatti
  • riconoscimento dei sentimenti
  • individuazione dei bisogni
  • espressione delle richieste.

Osservazione senza valutazione

Per attuare questo primo passo, è necessario esaminare in modo obiettivo gli elementi che caratterizzano una specifica situazione. È fondamentale separare l’osservazione dalla valutazione, categorizzazione e interpretazione. Un approccio utile, in tal senso, è quello di utilizzare frasi introduttive come: “ritengo che…” o “penso che…”

Individuazione ed espressione dei sentimenti

Questa seconda azione consiste nell’individuare i sentimenti che scaturiscono dall’osservazione dei fatti, riconoscendo le emozioni che si provano. Molto spesso capita, infatti, che i sentimenti vengano confusi con i pensieri che si hanno su una determinata situazione. I sentimenti possono generare sensazioni fisiche e devono essere gestiti, e non contenuti. 

Espressione dei propri bisogni

È importante riconoscere i propri bisogni, connessi ai sentimenti che vengono individuati. Capire quali sono quelli che, se realizzati, ci procureranno soddisfazione e benessere. È necessario porre l’attenzione sui valori e sulle motivazioni, non sulle strategie da impiegare per raggiungerli.

Formulazione delle richieste

In base ai bisogni individuati in precedenza, si possono formulare precise richieste. Più una richiesta è corretta e specifica, più le soluzioni che si troveranno saranno adeguate.

Come acquisire una Comunicazione Non Violenta?

Per coloro che desiderano approfondire la comprensione della Comunicazione Non Violenta, sono reperibili vari saggi dedicati all’argomento, arricchiti da numerosi esempi ed esercizi pratici. 

Piste di Danza CNV

Un metodo di formazione impiegato nei corsi sulla Comunicazione Non Violenta sono le Piste di Danza CNV (NVC dance floors). Queste rappresentazioni spaziali dei processi di comunicazione non violenta consistono in carte di ampie dimensioni con colori specifici, disposte sul pavimento seguendo schemi denominati “danze”. 

Coloro che stanno familiarizzando con questo approccio si alzano e si muovono attraverso le fasi di un dato processo, spesso con l’assistenza di un trainer o il supporto di un altro partecipante. Ciascuna danza è concepita per aiutare le persone a sviluppare consapevolezza e competenze in una specifica area della comunicazione.

Le Piste di Danza sono state concepite da due formatrici certificate di CNV, Bridget Belgrave e Gina Lawrie, e ne esistono nove varianti. Alcune favoriscono la trasformazione interiore, mentre altre si concentrano sull’esplorazione interiore-esterna dell’applicazione di questo approccio.

Esercizi pratici ed esempi

Nei testi dedicati all’argomento, vengono proposti numerosi esempi di situazioni ed esperienze vissute dagli autori stessi, insieme a suggerimenti utili e pagine di esercizi concreti volti a perfezionare le abilità nell’implementare le quattro fasi della CNV. Vediamo qualche esempio, basandosi sui 4 passi in cui si articola una Comunicazione Non Violenta:

  • osservazione: il proprio marito ha dedicato sei ore consecutive a guardare le partite 
  • sentimenti: tristezza, rabbia, dolore, solitudine, etc. 
  • bisogni: attenzione, calore umano, vicinanza, condivisione, etc.

Partendo dai bisogni identificati, è possibile arrivare, infine, alle richieste. Per fare questo è necessario porsi alcune domande: “Quali richieste soddisfano i miei bisogni? Cosa otterrei dall’appagamento di questo bisogno?”

In base alle risposte, si possono formulare alcune richieste:

  • richieste: è importante partire sempre da sé, dal come ci si sente e comunicarlo all’altro creando un ponte comunicativo che possa permettere connessione. Ad esempio: “Mi sento triste e un po’ sola in questo momento. Che ne dici se passassimo più tempo insieme? Sarei molto contenta se passassimo il pomeriggio di domani alle terme”.

Comunicazione Non violenta nei contesti terapeutici 

All’interno dei gruppi terapeutici, il facilitatore è chiamato a evitare giudizi sui membri del gruppo, creando un clima di fiducia e reciproco ascolto per facilitare l’espressione di sentimenti e pensieri. Questo permette a ciascun membro del gruppo di accettarsi meglio, facilitando la relazione con gli altri senza timori.

La comprensione empatica di sé stessi, infatti, favorisce l’accettazione nel gruppo. Il clima di fiducia e accoglienza promosso dal terapeuta rende il paziente più propenso a intraprendere il percorso di cura.

Comunicazione Non Violenta nei contesti educativi 

Seguendo la pedagogia non direttiva, Jean Philippe Faure evidenzia la comunicazione come strumento principale per promuovere un rapporto accogliente. 

In un approccio educativo non direttivo, si presta attenzione ai bisogni degli studenti, creando percorsi che permettano loro di crescere e comunicare in modo autentico (osservando i fatti, esprimendo i sentimenti, mantenendo il contatto con gli altri, ascoltando in modo empatico).  A scuola, gli insegnanti e gli educatori sono chiamati a mantenere coerenza tra azioni e parole, tra sentimenti personali ed espressione, adottando strategie flessibili. 

Evitare giudizi sull’ambiente, distinguendo fatti reali da valutazioni, senza ricorrere a meccanismi difensivi come il rigetto delle emozioni o il commento degli eventi, è una responsabilità di chi adotta un approccio che non fa uso di punizioni come deterrente, ma vede la critica e il giudizio come opportunità di miglioramento.