La solitudine secondo la psicologia

La solitudine può diventare una minaccia per la salute, non solo psichica. Ecco come contrastarla.

La solitudine secondo la psicologia

La solitudine è una condizione umana a volte utile e necessaria. Ma può anche generare malessere quando diventa uno stato abituale di “disconnessione” dagli altri.

Questo tipo di solitudine è più dannoso e oltretutto sembra essere in aumento in Italia. È importante dunque capire come affrontarla e come recuperare relazioni di amicizia autentiche.

La vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento.
(Vittorino Andreoli)

Che cosa vuol dire solitudine?

Chi si trova da solo vive una condizione di solitudine, che può essere momentanea e passeggera o, al contrario, prolungata nel tempo.

Poiché la solitudine è una condizione tipica degli esseri umani, non sempre è un male. Può tuttavia diventare una fonte di sofferenza quando si viene esclusi o quando, volontariamente, ci si allontana dagli altri.

La solitudine in Italia

La solitudine è in aumento, ed è uno stato d’animo che riguarda l’essere cittadino globale, nonostante l’ormai costante connessione a internet. Recenti studi sostengono che la solitudine sia una condizione sempre più diffusa, specie in Italia, dove ci sentiamo più soli rispetto ad altri paesi europei. I dati sono relativi al periodo precedente alla pandemia da Covid-19, che ha aumentato in modo esponenziale il senso di distacco dalle altre persone, oltre ad avere determinato un aumento dei disturbi del sonno.

Che si tratti di solitudine affettiva dovuta alla fine di una relazione, come nella omonima canzone cantata da Laura Pausini nel 1993, o che si tratti di uno stato interiore nato, per esempio, nel contesto di una relazione tossica, ormai è certo che essere soli non è sempre la conseguenza diretta di scarse abilità sociali o di una personalità più introversa. Il sentirsi soli è una condizione sperimentata anche da chi ha molti amici.

Come nasce la solitudine?

La solitudine funziona come un circolo vizioso. Tutto inizia con una sensazione di distacco e altri “sintomi” tra i quali:

  • la sensazione di non sentirsi compresi dagli altri;
  • l’idea di essere diversi, incompatibili con il resto del mondo;
  • senso di disconnessione e ritiro sociale.

Alcuni tratti caratteriali come la timidezza, l’introversione o una tendenza a sentirsi tristi possono portare a isolarsi in modo volontario. Per chi ha difficoltà a entrare in qualsiasi tipo di relazione, la solitudine può diventare un luogo di protezione e rifugio. Purtroppo, l’isolamento rischia di peggiorare la diffidenza verso gli altri.

Perché ci si isola da tutti?

Il processo di isolamento può essere determinato da vari fattori. Alcune persone possono isolarsi a causa di traumi passati, lutti significativi, rifiuti o abbandoni subìti, che li portano a sviluppare una difesa contro possibili ferite future.

Altre possono soffrire di disturbi d’ansia sociale o di depressione, fattori che possono rendere difficile interagire con gli altri o intraprendere relazioni di valore.

La bassa autostima e l’insicurezza giocano spesso un ruolo significativo nella persona che si isola, poiché potrebbero spingerla a percepirsi come socialmente inaccettabile. In alcuni casi, invece, la solitudine può essere legata a disturbi della personalità, come l’evitamento, che influenzano il modo in cui l’individuo si avvicina alle relazioni.

Va inoltre sottolineato che alcuni individui possono inoltre avere una predisposizione genetica o neurobiologica a vivere una maggiore sensazione di isolamento.

La solitudine può, comunque, manifestarsi in diverse fasi della vita, dalla giovinezza alla vecchiaia.

Come riconoscere una persona che soffre di solitudine?

Sul piano emotivo, la solitudine può scatenare un ventaglio di emozioni: una profonda tristezza, malinconia, ansia o disperazione, un senso di vuoto o abbandono, oltre ad una crescente ansia sociale. La persona può sentirsi isolata e disconnessa dagli altri, avvertendo un senso di inadeguatezza o incomprensione. I pensieri legati alla solitudine possono essere intrusivi e negativi, sviluppandosi in credenze distorte riguardo alla propria capacità di connettersi con gli altri o pensare di essere indesiderati.

Dal punto di vista comportamentale, chi soffre di solitudine può sviluppare un’ipervigilanza che porta a maturare una mancanza di fiducia nel prossimo e a percepire una minaccia nelle interazioni sociali. Da tempo è stato confermato infatti come le persone più sole e inclini a isolarsi percepiscano il volto degli altri come minaccioso anche nel caso di espressioni neutre. Questa reazione è dovuta all’iperattivazione del sistema di allarme governato dall’amigdala: si arriva così a evitare contatti o chiudersi emotivamente, con l’obiettivo di proteggersi. Solitudine e ritiro sociale sembrano dunque rafforzarsi a vicenda.

In alcuni casi si cerca di mascherare il proprio stato d’animo con comportamenti di evasione, come l’uso eccessivo di smartphone o l’abuso di sostanze.

Data la complessità e la soggettività di questa esperienza, che porta a una disconnessione non solo emotiva ma anche sociale, è possibile arrivare a sentirsi soli anche in mezzo a una folla, se non si hanno relazioni significative, ed è altrettanto possibile provare un senso di alienazione, o derealizzazione.

Sul piano fisico, la solitudine cronica è associata a:

Riconoscere questi sintomi è il primo passo per affrontare la solitudine, con l’aiuto di uno psicologo o psicoterapeuta, che può essere prezioso nel comprendere e superare questo stato emotivo.

Cosa succede quando si rimane soli?

Diversi studi hanno confermato come la solitudine determini effetti negativi sull’organismo. Per fare degli esempi:

  • una risposta immunitaria più bassa
  • un maggiore rischio cardiovascolare
  • pressione sanguigna più alta e, di conseguenza, un rischio più elevato di mortalità.

Gli esiti negativi della solitudine hanno delle spiegazioni evoluzionistiche. Gli esseri umani sono sopravvissuti finora per mezzo della cooperazione nei gruppi. Lo stare insieme permetteva di proteggersi con maggiore efficacia dalle intemperie, di collaborare per la costruzione di rifugi, per la caccia, per procacciare cibo e crescere la prole.

La socialità è talmente importante per gli esseri umani, che l’isolamento dalla società e l’esclusione dalle relazioni stimolano i centri cerebrali del dolore fisico, soprattutto per la porzione del cervello chiamata insula, importante per l’emotività, le funzioni cognitive e l’esperienza interpersonale.

Nella solitudine viene percepita la mancanza di un “altro da sé”. Esiste un bisogno di “essere pensati” da un’altra persona, a conferma della nostra esistenza. Le relazioni proteggono la nostra salute, mentre una prolungata condizione di isolamento sociale può compromettere il benessere psichico fino a determinare una condizione depressiva.

La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi.
(José Saramago)

Cosa fare quando ci si sente soli e tristi?

Affrontare la solitudine in modo sano ed efficace richiede una combinazione di autoconsapevolezza, strategie di gestione e sforzi, con il fine di costruire connessioni significative. Il primo passo sta sempre nel riconoscimento e nella accettazione dei sentimenti di solitudine senza giudizio.

Va comunque tenuta in conto l’eventualità di rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta, specialmente quando si sperimenta una condizione invalidante e ingestibile. La terapia è uno spazio sicuro per l’esplorazione di sé, propedeutica allo sviluppo di strategie di coping.

Allo stesso tempo, può essere utile prendersi cura di sé stessi praticando attività gratificanti che possano stimolare il proprio benessere emotivo, anche in compagnia di persone che hanno interessi simili.

Solitudine: come combatterla

Stabilire legami con gli altri è il rimedio alla solitudine. I legami fondamentali di attaccamento nascono e crescono in famiglia. Ma nel corso del tempo le relazioni familiari tendono alla complessità, possono diventare tese o più povere. Un clima familiare molto negativo può far nascere solitudine e incomprensione, fino a determinare un’attitudine solitaria.

Le amicizie diventano importanti per rimediare alla solitudine: gli amici sono una famiglia che è possibile scegliere. Le relazioni amicali nutrono e arricchiscono durante l’intero ciclo di vita. È ormai dimostrato che, invecchiando, chi conta sulla famiglia e anche sulle amicizie ha una salute migliore. E vivere bene e più a lungo è un’arte che può essere imparata.

L’effetto positivo del supporto familiare tende a rimanere pressoché identico nel corso del tempo, mentre il supporto e la presenza di amici è sempre più importante con l’avanzare dell’età.

L’opposto di solitudine non è stare insieme. È stare in intimità.
(Richard Bach)

Come smettere di soffrire di solitudine?

È fondamentale dunque essere in grado di coltivare le amicizie, quelle di lungo corso, così come costruire relazione nuove. Bisogna essere in grado di buttarsi, sempre, scalzando il timore del rifiuto e altri schemi che condizionano la vita. E ci si può buttare tenendo conto del principio del setaccio: le amicizie si autoselezionano, come quando si utilizza un setaccio e sulla superficie rimane solo ciò che ha una consistenza maggiore.

Anche internet, attraverso i social, permette di rimanere in contatto con amici lontani, per non perdersi di vista quando si vive in luoghi distanti.

Dal momento che le relazioni implicano sempre un certo impegno, è necessario essere capaci di uscire dalla propria comfort zone. A volte convivere con un po’ di disagio aiuta a fare nuove amicizie e, perché no, iniziare una nuova relazione grazie alle dating app.