La cute aggression è un termine utilizzato per descrivere un fenomeno psicologico in cui una persona prova un’eccessiva reazione di tenerezza o dolcezza di fronte a qualcosa di adorabile o carino.
Questa può portare a un desiderio istintivo di stringere, pizzicare o trattare con una certa forza l’oggetto della propria attenzione. Uno studio recente ha rilevato come questo fenomeno abbia in realtà l’utile funzione di regolare le emozioni.
In questo articolo proveremo ad esplorare il fenomeno, indagandone le cause psicologiche.
Cos’è la cute aggression e a cosa serve?
La cute aggression, ovvero ‘tenera aggressione’, è un fenomeno scientifico descritto di recente da Oriana Aragon. L’autrice di Yale ha scoperto come si genera la cute aggression e qual è la sua funzione. In particolare, la docente spiega che emozioni molto forti e piacevoli producono sia espressioni positive che espressioni contrarie.
In altre parole, di fronte a emozioni molto forti, capita di generare espressioni di solito riservate a reazioni diverse o contrarie (come aggressività o lacrime). Tali espressioni contrarie emergerebbero per aiutarci a regolare gli stati d’animo.
Nello studio, di fronte a foto di bambini piccoli che inducevano tenerezza, chi viveva una maggiore cute aggressione sapeva regolare meglio le proprie emozioni. In sostanza, dopo aver vissuto una forte emozione, queste persone tornavano a uno stato di calma con più facilità. Secondo l’autrice, quando viviamo sensazioni intense, il nostro organismo attiva anche una risposta contraria, in modo da aiutarci a tornare in uno stato di equilibrio.
Perché i bambini ci fanno tenerezza?
Bambini e cuccioli fanno spesso tenerezza. Ciò dipende dall’evoluzione: devono suscitare istinti di cura e protezione. Una ricerca recente, però, suggerisce che di fronte ai piccoli la tenerezza diventa un’emozione più complessa, che contiene una componente di irritazione.
Oltre all’istinto di accudimento e una scarica di energia positiva, infatti, emergono anche impulsi quasi aggressivi. Si tratta di sentimenti di cura e affetto, che però contengono un aspetto di nervosismo e aggressività. Ci coglie una sorta di urgenza, che spinge a voler stuzzicare, stringere, pizzicare le guance del piccolo e giocare con lui: è proprio questa la cute aggression.
Funzione regolatrice della cute aggression: le espressioni dimorfe
Le espressioni dimorfe sembrano emergere quando un’emozione (sia positiva che negativa) è così intensa da essere percepita da parte dell’organismo come poco gestibile o dannosa. Quando ciò avviene, mettiamo in atto risposte contrarie all’emozione che stiamo provando. Questo può essere stato molto utile per l’uomo a livello evoluzionistico.
Quando vediamo un bambino piccolo si attivano istinti di tenerezza e di cura. Tuttavia, se le emozioni suscitate sono così intense da distrarci dai pericoli, possono diventare dannose, anche se positive. C’è allora bisogno di un sistema in grado di riportare l’organismo a uno stato di equilibrio. Per fare questo, ci serviamo delle espressioni dimorfe, ovvero formate da due componenti (in questo caso, tenerezza e aggressività). La cute aggression è un esempio di espressione dimorfa.
Risate nervose e lacrime di gioia
Ciò accade non solo per la cute aggression, ma anche per una serie di situazioni. Un esempio sono le risate nervose. Non è raro che persone molto sotto pressione o in ansia inizino a ridere senza un motivo apparente, come avviene a molti, per esempio, sull’altare, o a chi deve parlare in pubblico.
Altre volte, invece, dobbiamo comunicare una notizia triste. Anche in questo caso, la pressione può portarci a una risata poco adeguata. Un’espressione poco consona alla situazione è anche ridere quando qualcuno cade o si fa male. Qui, comunque, sembrano entrare in gioco meccanismi un po’ diversi. Infatti, ci viene da ridere anche perché la situazione devia dalle aspettative sulla realtà in modo buffo.
Un meccanismo utilizzato anche dai comici nei loro monologhi. In ogni caso, ridere quando qualcuno cade potrebbe anche aiutarci a recuperare dall’ansia e dallo spavento vissuti in quel momento.
Un altro esempio, infine, sono le lacrime di gioia. Piangiamo perché ci sentiamo molto felici, come in occasione di una laurea. Ma la felicità provata in quel frangente rischia di ridurre il nostro senso di controllo su noi stessi, quindi deve essere regolata. Anche la commozione, quindi, è un’espressione dimorfa.
Non vi spaventate, dunque, se vedendo vostro nipote sentite il bisogno di “ammazzarlo di baci” o di “stritolarlo di abbracci”, o se al prossimo esame o davanti al vostro capo scoppierete a ridere. Quello che provate è del tutto normale e frutto di una funzione molto utile del nostro organismo.
Cute aggression col partner
In situazioni di eccitazione sessuale intensa, sia durante i preliminari che nell’atto sessuale stesso, la cute aggression può assumere un’ulteriore rilevanza. Chi la sperimenta potrebbe sviluppare pensieri marcatamente aggressivi, che riguardano la completa sottomissione del partner e comportamenti che possono confinare quasi con la violenza.
Questa esperienza può verificarsi dal momento che, durante l’estasi, il cervello cerca di mantenere un certo controllo e si difende, reagendo al sesso quasi come se fosse un’aggressione.
Cute aggression e violenza: dov’è il confine?
La cute aggression è innocua e non mira a ferire la persona coinvolta, sia essa un partner romantico o sessuale. A far la differenza rimangono due aspetti essenziali: la sicurezza di entrambi i partner e il consenso, pilastri fondamentali nelle relazioni e nell’ambito sessuale.
Se si sperimentano manifestazioni eccessive di cute aggression o se i pensieri iniziali si trasformano in qualcosa di più complesso, rivolgersi a un terapeuta rappresenta l’unica soluzione per comprendere come l’amore possa confondersi con la violenza.
D’altro canto, se si limitano le interazioni a morsi (più o meno intensi), pizzicotti, leggeri colpetti e a comportamenti concordati con il partner, allora è tutto positivo: è importante accettare sé stessi e vivere la propria sessualità nel rispetto del proprio benessere e di quello del partner coinvolto nel “gioco”.
(3 Novembre 2023)